Gianandrea Gaiani, Il Sole 24 Ore 16/9/2014, 16 settembre 2014
SOLO VIA TERRA IL CONFLITTO PUO’ ESSERE BREVE
L’invasione del territorio del Califfato sarebbe l’unica strategia efficace per chiudere in tempi brevi il conflitto in Iraq e Siria. Lo Stato Islamico non è più solo un movimento insurrezionale e terroristico ma grazie alle ultime vittoriose offensive è un vero Stato, con un’amministrazione e un esercito stimato dalla CIA in oltre 30 mila uomini.
Per questo la guerra ideale contro il Califfato è quella convenzionale, con un’offensiva condotta simultaneamente da Iraq e Siria che punti a conquistare Mosul, la provincia di al-Anbar e Raqqa. Un attacco simile a quelli effettuati dagli anglo-americani contro l’Afghanistan dei talebani nel 2001 e contro il regime iracheno di Saddam nel 2003.
Contro il Califfato però gli Stati Uniti mettono in campo solo aerei e unità di forze speciali preparando così il terreno a una guerra lunga del tutto ingiustificata anche perché sbarazzarsi in fretta del Califfato significa ridurre il potere attrattivo dell’entità jihadista nei confronti dell’opinione pubblica islamica.
Il rifiuto statunitense di impiegare forze terrestri e l’inconsistenza militare di una Coalizione composta sulla carta da 40 membri dei quali per ora solo l’Australia pare disposta a essere davvero belligerante, lascia il peso delle operazioni terrestri alle piccole unità curde (che hanno cominciato ad arruolare i cristiani iracheni) e allo scalcinato esercito di Baghdad affiancato da milizie scite più adatte alle rappresaglie che alla guerra vera.
Difficile attendersi contributi bellici di rilievo dagli europei o dalla Turchia, tornata improvvisamente prudente dopo aver sostenuto i jihadisti nel conflitto civile siriano. Disponibilità a inviare aerei contro il Califfato sembra giungere anche dagli ambigui alleati arabi del Golfo, nemici degli sciti e sponsor dei gruppi islamisti attivi in Siria incluso lo stesso Stato Islamico.
Tuttavia la prestazione delle forze aeree di Qatar ed Emirati arabi uniti nella guerra libica del 2011 fu talmente penosa da far ritenere il loro impiego bellico più pericoloso per i piloti stessi che per i miliziani del Califfo per sconfiggere i quali occorrono forze terrestri professionali e ben armate. Le uniche disponibili appartengono all’esercito siriano, che combatte i jihadisti da tre anni, e ai pasdaran iraniani che dopo la caduta di Tikrit hanno respinto dai sobborghi di Baghdad le milizie del Califfato. Washington però esclude dalla coalizione proprio iraniani e siriani ma si impegna invece insieme ai sauditi ad addestrare in un anno 5 mila miliziani "moderati" che in Siria dovrebbero combattere il Califfato. Ammesso che una volta armati e addestrati non corrano anche loro (come migliaia di altri ribelli "moderati") a ingrossare le fila dell’armata del Califfo sarebbero comunque insufficienti a riprendere Raqqa e le regioni orientali siriane.
Gianandrea Gaiani