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 2014  settembre 15 Lunedì calendario

IL POTERE DELLE SORELLE

La prima è stata Margaret Mead. Per la grande e sovversiva antropologa americana, la sorellanza veniva prima di tutto, ed era destinata a durare tutta la vita: “Condividono i ricordi della stessa casa…e quelle stesse piccole manie che riecheggiano la voce della madre”. E la “coppia creativa” che può nascere tra figlie di una stessa famiglia l’ha raccontata con sentimento anche Katia Labéque, che con la sorella Marielle ha creato negli anni il duo forse più celebre della musica classica: «A sei anni nostra madre ci ha messo sul pianoforte insieme, abbiamo litigato immediatamente sullo spazio: fin qui è mio, da lì in poi è tuo...Non abbiamo iniziato subito a suonare in duo, ma avevamo la voglia di dividere il tempo insieme».
C’è qualcosa di accogliente, e al tempo stesso pedagogico, nel legame che nasce tra sorelle destinate a lavorare, e ancor più a creare insieme, o parallelamente, per tutta la vita. Un istinto che spesso è ereditario e si tramanda alle figlie, e alle figlie delle figlie: «Veder lavorare la mamma e le zie è stato come andare a scuola dal primo giorno di vita — dice Delfina Delettrez, quarta generazione della famiglia Fendi — Senza paure, però, senza compiti in classe. C’era tra le sorelle uno spirito matriarcale profondo, e ognuna era in parte anche un uomo». E la capacità di sostenersi a vicenda, unendo le forze o se necessario lasciando all’altra la luce dei riflettori sembra ancora più forte tra sorelle che in un altro tipo di coppia (coniugi, o fratelli): «Si capivano alla perfezione tra loro e probabilmente erano al loro meglio quando stavano insieme. Erano legate dalla sensazione di avere due temperamenti opposti e che quello che a ciascuna mancava potevano trovarlo solo nell’altra», raccontò la figlia di Vanessa Bell a proposito del legame che la madre, pittrice, ebbe per tutta la vita con la sorella Virginia Woolf. Serena e Venus Williams hanno conquistato insieme il tetto del mondo, nel tennis. Cristina Comencini, regista, lavora spesso e volentieri con le sorelle Francesca e Paola, e al rapporto tra sorelle ha dedicato “Il cappotto del turco”. Più dilatati i rapporti tra un’altra donna di cinema, Valeria Bruni Tedeschi, e la sorella Carla Bruni poi diventata madame Sarkozy: la prima ha raccontato le storie di famiglia in almeno due film (per l’ultimo, “Un castello in Italia”, ha reclutato anche la madre, Marisa Borini, nella parte di se stessa); la seconda, imboccata la strada del canto, dichiara “ammirazione” per i film di Valeria. Ma è difficile vederle insieme.
Non è così per tutte, né in ogni tipo di società: «Dopo le grandi teorie del Novecento, come quella di Radcliffe-Brown secondo il quale il gruppo dei siblings, fratelli e sorelle, era il pilastro della società o quella di Claude Lévi Strauss che invece puntava tutto sulle alleanze tra gruppi diversi, ricerche sul campo hanno mostrato che esistono famiglie dove le donne, madri e sorelle sono al centro di tutto — spiega Francesco Remotti, uno dei più autorevoli antropologi italiani che ha messo le diverse forme di famiglia al centro dei suoi studi — Così, nell’Africa australe abbiamo forme di poliginia scelte dalle donne: un gruppo di sorelle sceglie un unico marito, allo scopo di garantire la solidarietà femminile. E l’etnologo franco-cinese Cai Hua ha documentato e analizzato l’esistenza in Cina di gruppi di fratelli e sorelle che rifiutano il matrimonio. Le sorelle scelgono amanti occasionali e crescono i bambini in seno alla famiglia, dando origine a una società senza padri né mariti». Tilde Giani Gallino, psicologa e esperta dell’età evolutiva sottolinea in che modo la presenza di un altro bambino “simile a sé” consenta a chi è nato dopo di assorbire senza bisogno di parole giochi, linguaggi e comportamenti che potrebbero indirizzare la sua vita futura, o essere scartati se i caratteri sono troppo diversi. «Fino a vent’anni fa — dice Giani Gallino — gli psicologi cercavano di scoraggiare i genitori dal fermarsi a un unico “bambino speciale”. Oggi invece il confronto avviene più tardi, sui banchi di scuola, ed è più raro incontrare coppie nate in una stessa famiglia e legate da vocazioni comuni».
Sodalizi artistici come quello tra Angela e Luciana Giussani, due colte e spiritose signore della buona borghesia milanese che insieme diedero vita al tenebroso Diabolik, o tra le Braggiotti Sisters, Berta e Francesca, che insieme nella Boston degli anni Venti rivoluzionarono la danza, potrebbero dunque diventare un evento straordinario. Per fortuna ci sono le eccezioni: Giuseppina e Albina Coroneo, artiste e artigiane sarde di straordinaria bravura che con i loro pupazzi-design sono state amatissime da Giò Ponti e pubblicate sulle più prestigiose riviste, o Ashley e Mary-Kate Olsen, le assai più giovani sorelle californiane premiate nel 2012 col Council of Fashion Designer per essere state le migliori stiliste dell’anno. La sociologa Chiara Saraceno è più pragmatica: «Le sorelle restano più legate e condividono più tempo della loro vita perché è a loro che tocca occuparsi della famiglia e degli anziani. È loro la celebrazione delle feste e la cura dei legami. E, soprattutto in Italia, queste parentele sono ancora di gran lunga le più importanti in tutta l’organizzazione sociale». Sorelle, insomma, si nasce, ma anche si resta. E per riconoscersi, come scriveva Natalia Ginzburg, «basta tra noi una parola, anche nel buio di una grotta».
Vera Schiavazzi, la Repubblica 15/9/2014