Luca Orlando, Il Sole 24 Ore 13/9/2014, 13 settembre 2014
ARREDO E ABBIGLIAMENTO A RISCHIO
Mobili, abbigliamento e calzature sono le tre aree del made in Italy più esposte alle ritorsioni russe sull’export occidentale. In media le nostre vendite verso Mosca valgono il 2,3% dell’export nazionale, 4,6 miliardi di euro nei primi sei mesi del 2014, ma per arredi, moda e scarpe il peso relativo triplica. L’apprensione maggiore per le mosse di Putin è certamente nelle Marche, tra Fermo e Macerata. Qui, in uno dei distretti chiave delle calzature made in Italy il rischio Russia è infatti tutt’altro che marginale. La possibilità che le sanzioni presenti e future di Mosca possano penalizzare l’export italiano ha un impatto globale serio ma certamente limitato, pari al 2,3% dell’intero export nazionale, 4,6 miliardi nei primi sei mesi del 2014.
Ma per alcuni settori, e di riflesso per le province che ospitano questi distretti, il peso relativo di Mosca è decisamente superiore. A Fermo "l’esposizione" più alta, pari al 12,3%. Significa che per ogni 100 euro esportati dalla provincia marchigiana più di 12 finiscono dunque in Russia, quasi tutti legati al settore delle calzature.
«Per nostra fortuna - spiega il presidente di Nero Giardini Enrico Bracalente – il business verso quell’area vale per noi il 3-4% del totale, ma so di aziende della nostra zona che vendono verso Mosca anche l’80% delle proprie esportazioni. I rischi quindi sono enormi, per qualcuno le sanzioni possono anche portare alla chiusura».
Al netto dell’eventuale embargo, e per il solo effetto della crisi con l’Ucraina e della svalutazione del rublo, i produttori di calzature di Fermo hanno peraltro già lasciato sul campo in Russia nel primo semestre del 2014 ben 24 milioni di euro, quasi il 30% di calo rispetto all’export settoriale realizzato in quell’area nello stesso periodo del 2013. E ciò non stupisce, perché proprio le calzature sono tra i settori più orientati verso Mosca, con una quota di export in Russia pari al 5,8% del totale, quasi il triplo rispetto alla media italiana.
Selezionando i primi 20 settori di export nazionale per controvalore si scopre che il rischio-Russia è ai livelli massimi per il comparto dei mobili, sfiorando il 7% del totale. L’impatto della crisi sul settore per ora è limitato, con dieci milioni di export persi nel primo semestre, circa il 3%, ma ciò che preoccupa è l’accelerazione della discesa (giù di oltre il 10% nel solo mese di giugno), che in prospettiva mette a rischio una fetta ben più consistente dei quasi 700 milioni esportati dai nostri produttori lo scorso anno.
Subito dietro ai mobili c’è l’area vasta dell’abbigliamento, che lo scorso anno ha realizzato verso Mosca vendite per oltre un miliardo di euro, il 6,6% dell’export totale di settore. Il bilancio dei primi sei mesi 2014 è già negativo, con un calo di oltre il 7%, ben 40 milioni di euro tra gennaio e giugno. Un impatto che pesa in termini geografici ad esempio sulla provincia di Rimini, esposta per l’8,1% dell’export verso la Russia, cifra quasi interamente legata all’abbigliamento e crollata drasticamente da 68 a 50 milioni di euro nella prima metà del 2014. E gli effetti del calo, di questa come di altre province, si propagano a monte sull’intera filiera. «La situazione in Russia ci tocca direttamente ma anche indirettamente – spiega il presidente del Cotonificio Albini e di MilanoUnica Silvio Albini – perché anche molti nostri clienti vendono a Mosca. Ci sono nubi all’orizzonte ed è un problema, perché oggi l’export è il solo vero motore dell’intero comparto».
Tra le province più "pesanti" in termini di export, i rischi maggiori sono certamente per Bologna, per cui la Russia vale il 4% delle esportazioni totali. Nei primi sei mesi del 2014 si tratta di 232 milioni di euro, per quasi la metà legati ai macchinari. E proprio l’area vasta dei robot, delle macchine per packaging, legno, vetro, plastica, ceramica o tessile è il quarto settore più esposto in termini relativi verso la Russia. Tra gennaio e giugno si tratta di 1,3 miliardi di euro, il 3,5% dell’export totale, con alcuni segmenti dei macchinari che superano però ampiamente il 4%.
Guardando però anche ai comparti "minori", quelli che sviluppano volumi di export inferiori al miliardo di euro nel primo semestre 2014, i rischi più elevati sono senza dubbio per i produttori di cisterne, serbatoi e radiatori, capaci di esportare nel mondo 635 milioni tra gennaio e giugno, con un peso di Mosca superiore al 13%. «Per noi il giro d’affari dell’area vale circa 25 milioni – spiega Ettore Riello, presidente dell’omonimo gruppo, il 7-8% dell’export totale. Al momento stiamo vedendo un blocco totale in Ucraina mentre in Russia il mercato è solo in lieve calo. Certo, nel medio periodo vedo grandi complessità, è chiaro che da parte di tutti ci sia preoccupazione».
Luca Orlando, Il Sole 24 Ore 13/9/2014