Andrea Di Biase, MilanoFinanza 13/9/2014, 13 settembre 2014
INVESTIRE CON VINCENT
Vincent Bolloré è tornato con forza al centro delle cronache finanziarie italiane. Con la ridefinizione del patto di sindacato di Mediobanca e la cancellazioni della divisione in gruppi, il 62enne uomo d’affari francese, che è ormai a un passo dall’8% di Piazzetta Cuccia, si è consolidato come il secondo azionista della banca d’affari dietro a Unicredit (8,65%) e si appresta ad avere un ruolo chiave nella nomina del prossimo cda, indicando uno dei due vicepresidenti (che dovrà comunque avere il gradimento degli altri soci privati).
Ma è nel nuovo risiko globale che sta investendo il settore dei media e delle telecomunicazioni che Bolloré, in qualità di presidente di Vivendi (di cui possiede un pacchetto del 5%), sta tessendo una tela che potrebbe portare a una ridefinizione degli assetti di controllo di due importanti gruppi italiani, quali Telecom Italia e Mediaset. Le indiscrezioni rilanciate in settimana da Bloomberg, secondo cui Vivendi sarebbe pronta, attraverso la controllata Canal+, a rilevare da Telefonica l’11,11% di Mediaset Premium prenotato a inizio luglio dagli spagnoli, sono state lette da gran parte degli osservatori come il primo passo verso una futura alleanza a tre tra il colosso francese, il gruppo televisivo controllato dalla Fininvest della famiglia Berlusconi e Telecom Italia. Questo in virtù del fatto che Vivendi, dopo avere accettato l’offerta di Telefonica sull’operatore brasiliano Gvt, ha ottenuto un’opzione per ricevere dagli spagnoli il 5,7% (8,3% dei diritti di voto) di Telecom, e potrebbe dunque facilitare, nel ruolo di azionista di entrambi i gruppi, un matrimonio tra Telecom e Mediaset. E il fatto che Bolloré vanti rapporti consolidati con il gruppo Fininvest (a fine luglio ha incontrato ad Arcore Pier Silvio Berlusconi proprio per discutere di tlc e media) e che, tramite la partecipazioni in Mediobanca, ha di fatto anche una presenza in Telecom, nel cui board siede un uomo di sua fiducia come Tarak Ben Ammar, potrebbe rappresentare un ulteriore elemento a favore di questo scenario. Tuttavia, benché l’ipotesi sia suggestiva e, almeno in consessi non ufficiali, cominci a trovare qualche primo elemento di riscontro, occorre valutarla con cautela. Come ha dimostrato la sfida tra Telecom e Telefonica su Gvt, le relazioni continuano a contare, ma alla fine ha prevalso chi ha deciso di pagare di più. E Bolloré, cui non manca certo il fiuto degli affari, non sembra certo disposto a fare sconti agli amici, anche perché, come sottolineato dagli analisti di Credit Suisse lo scorso 29 agosto, non è detto che tutta la liquidità incassata da Vivendi con la cessione di Sfr e quella che riceverà da Telefonica per Gvt (si tratta complessivamente di circa 8 miliardi) venga impiegata dal gruppo francese per fare acquisizioni. «Manterremo una stretta disciplina in qualsiasi uso della cassa in operazione di M&A», ha detto in quell’occasione il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, che ha pure ribadito la validità della scelta strategica di uscire dal settore delle tlc. Pertanto, anche la stessa partecipazione in Telecom, che Vivendi potrebbe decidere di farsi girare da Telefonica come parte del corrispettivo per Gvt, potrebbe essere monetizzata sul mercato, anziché essere utilizzata per fare da perno in un’alleanza con Mediaset e il gruppo telefonico italiano. Secondo gli analisti di KeplerCheuvreux, che mantengono il giudizio hold sul titolo Vivendi, con prezzo obiettivo recentemente alzato da 20 a 21 euro, l’ingente liquidità di cui dispone il gruppo presieduto da Bolloré, che in prospettiva potrebbe incrementarsi ulteriormente se la società decidesse di monetizzare le azioni Telecom che riceverà da Telefonica, potrebbe essere utilizzata per remunerare i soci, in misura superiore ai 3,5 miliardi indicati dal management per il 2015. Si tratta già ora di una cifra ragguardevole, che per il gruppo Bolloré, azionista di Vivendi con il 5%, avrebbe un impatto positivo di 175 milioni. In un sol colpo, dunque, il finanziere bretone si potrebbe portare a casa più di quanto incassato in dieci anni in termini di dividendi dalla partecipazione in Mediobanca. Dei circa 2,7 miliardi di euro distribuiti dal 2003 al 2013 dalla banca d’affari guidata da Alberto Nagel, la quota spettante a Bolloré è stata di poco superiore ai 160 milioni. Ma a fronte di questa posta, l’ex pupillo di Antoine Bernheim (che nel 2011, dopo la sua estromissione dalla presidenza delle Generali, lo etichettò come «mascalzone» e «traditore») ha dovuto anche spesare nei suoi bilanci svalutazioni del titolo di Piazzetta Cuccia, per adeguarne il valore ai corsi di borsa, per circa 87 milioni (67 milioni nel 2012 e 20 milioni nel 2013). E anche se il saldo tra quanto investito e quanto bruciato sul listino in termini di valore è ancora positivo, in molti hanno sottolineato che, a differenza di altri operatori francesi, sia industriali sia bancari, che negli ultimi anni hanno visto crescere la propria presenza sul mercato italiano a colpi di acquisizioni, la decennale campagna d’Italia di Bolloré non si è rivelata poi così profittevole. Le trame e i disegni di potere, orchestrati negli anni passati dal finanziere bretone, che poteva contare su rapporti consolidati con l’establishment berlusconiano, oltre che con Cesare Geronzi, non si sono mai tradotti concretamente, come accaduto per la mancata integrazione tra la Fondiaria-Sai di Salvatore Ligresti e la francese Groupama. Un’operazione, quest’ultima, che lo scorso gennaio è invece costata a Bolloré una sanzione pecuniaria di 3 milioni da parte della Consob e l’interdizione per 18 mesi da cariche in società quotate in Italia per una presunta manipolazione del titolo Premafin (in quell’occasione il finanziere ha annunciato ricorso in Corte d’Appello contro il pronunciamento dell’authority).
Ma a ben vedere l’Italia rappresenta solo un piccolo pezzo del più vasto impero di Bolloré. La partecipazione in Mediobanca e quella dello 0,13% in Generali pesano infatti solo per il 2,5% sull’attivo del gruppo Bolloré pari a 19,5 miliardi al 30 giugno 2014 e rappresentano solo un’appendice, seppure nobile, del vasto impero del finanziere bretone i cui interessi spaziano dai media (il 37% di Havas, il 5% Vivendi, la free press Direct Matin, la società di distribuzione cinematografica Gaumont) alle energie pulite di Blu Solutions (il produttore di batterie al litio per veicoli elettrici) fino ai trasporti e alla logistica, con focus particolare sull’Africa. Un mix di attività raggruppate sotto il cappello della holding Bolloré, quotata alla borsa di Parigi, che da qualche tempo a questa parte gli investitori hanno dato prova di apprezzare. Se dal 2002 al 2009 il titolo della holding, cui fa capo il gruppo fondato nel 1822 col nome di Papeteries Bolloré (allora operava prevalentemente nella manifattura della carta), si è mosso pressoché in linea con il resto del mercato, negli ultimi 5 anni, in barba alla crisi dei mercati globali, ha più che quadruplicato il suo valore. E, nonostante, dall’inizio dell’anno l’azione Bolloré abbia messo a segno un ulteriore rialzo del 9%, per gli analisti la corsa non è ancora finita. Secondo gli esperti di KeplerCheuvreux, ad esempio, nonostante i conti del primo semestre abbiano mostrato un rallentamento dei ricavi sia nel settore della logistica sia in quello energetico (ma con un risultato operativo comunque in progresso dell’11%) il gruppo continua ad avere davanti a sé importanti prospettive di crescita e per questo hanno confermato il proprio giudizio buy sul titolo con prezzo obiettivo a 520 euro (+0,25% a 465 euro venerdì 12 settembre).
Più che le manovre di Bolloré nel risiko dei media e delle tlc, il mercato guarda con maggiore interesse ai progetti del gruppo in Africa Occidentale. Stiamo parlando di un investimento da circa 2 miliardi di euro grazie al quale nei prossimi otto anni il gruppo transalpino intende ammodernare la linea ferroviaria che collega Costa d’Avorio e Burkina Faso creando allo stesso tempo un nuovo collegamento via terra tra il porto di Abidjan (Costa d’Avorio) al porto di Lomé (Togo) al fine di offrire servizi logistici per treno alle aziende minerarie che operano nella regione. Un progetto che, stando alle stime di KeplerCheuvreux, potrebbe avere un ritorno, calcolato come Irr (Tasso interno di rendimento) compreso tra il 10 e il 15%, grazie anche al fatto che il gruppo è al momento scarsamente indebitato (i 12 miliardi di attivo sono finanziati per il 75% con mezzi propri) e che ha dunque margini per ricorrere alla leva e che di fatto Bolloré ha ottenuto la concessione in assenza di altri offerenti.
Ma il Continente nero rappresenta anche la nuova frontiera per Blue Solutions, la società attiva nella produzione di batterie per veicoli elettrici, che Bolloré ha quotato nell’ottobre dello scorso anno, mantenendo per sé l’89%, e il cui titolo ha guadagnato da inizio anno quasi il 100%. La società ha infatti recentemente lanciato in Africa un progetto, denominato Bluezone, finalizzato a immagazzinare l’energia fotovoltaica in grandi batterie che vengono poi utilizzato per l’illuminazione e l’elettricità. Un progetto che, se dovesse funzionare, potrebbe essere replicato anche in altri Paesi.
C’è infine un terzo aspetto che sta contribuendo a mantenere alta l’attenzione del mercato sul titolo Bolloré e riguarda una possibile semplificazione degli incroci azionari tra la holding quotata e le scatole societarie tra cui è frazionato il pacchetto di controllo. La Bolloré quotata detiene infatti il 36% di Financiere de l’Odet, il 55% di Sofibol, il 51% di Financiere V e il 50% di Omnium Bolloré il cui valore è complessivamente di 4,63 miliardi, pari al 25% dell’attivo della stessa holding. Uno scioglimento, anche solo parziale di questo intreccio, secondo gli analisti di KeplerCheuvreux, potrebbe tradursi in un impatto positivo sul net asset value (Nav) della holding Bolloré. Nell’ipotesi estrema che l’intreccio possa essere sciolto completamente (ipotesi che al momento appare non percorribile) l’impatto globalmente stimato sul Nav della holding quotata è pari a un aumento del valore di circa il 68%.
Andrea Di Biase, MilanoFinanza 13/9/2014