Francesco Colamartino, MilanoFinanza 13/9/2014, 13 settembre 2014
GLI ITALIANI DI EDIMBURGO
«La Scozia da questo referendum, comunque vada, uscirà rafforzata. Nel caso in cui prevalessero i no, otterrà una maggior autonomia a livello fiscale, di spesa pubblica e di welfare. Se invece dovessero vincere i sì, non solo sarà indipendente, ma potrà diventare a pieno titolo una nuova piazza finanziaria e sede di trust internazionali alternativa a quella di Londra, offrendo così nuove opportunità a investitori stranieri e in particolare agli italiani, saldamente legati alla Scozia da molti anni». Con queste parole Antonio Manca Graziadei, titolare dell’omonimo studio legale presente in Scozia da oltre 30 anni, spiega a MF-Milano Finanza come potrebbero riconfigurarsi i rapporti economici tra Italia e Scozia dopo un’ipotetica vittoria degli indipendentisti nel referendum del 18 settembre. Le aziende italiane concentrano in Scozia circa il 3% degli investimenti totali che fanno nel Regno Unito e, nonostante l’Italia si collochi al secondo posto tra i Paesi che fanno investimenti diretti in Scozia, quest’ultima è la regione meno gettonata, tra quelle britanniche, dalle imprese tricolore.
Tra le aziende italiane di maggior peso presenti in Scozia c’è Eni. Nel settore petrolchimico il Cane a sei zampe opera attraverso Polimeri Europa Uk e con Sonsub International nel settore engineering and construction. L’attività di Eni si svolge prevalentemente nel Mare del Nord con 42 blocchi di esplorazione avviati nel 2008 e nell’area delle Isole Shetland con 9 blocchi. A far compagnia ad Eni sulle verdi lande della Scozia c’è un altro big italiano, Falck Renewables Plc, che possiede vari parchi eolici nella regione. E non può mancare Finmeccanica, che opera nel mercato scozzese soprattutto attraverso la controllata Selex. Natuzzi, leader nella produzione di mobili e divani, ha aperto la sua prima filiale scozzese nell’agosto del 2010 e nello stesso anno Zodiak Entertainment del gruppo De Agostini ha acquisito Rdf Media, una delle più grandi compagnie televisive indipendenti inglesi, ideatrice di format di successo come Survivor, X Factor e del celebre cartone animato Gormiti. Una delle controllate del gruppo era Iwc Media, la più grande compagnia indipendente scozzese attiva nella produzione di contenuti televisivi. Nel 2009 anche il gruppo Missoni è sbarcato in Scozia con il Missoni Hotel, un albergo di lusso nel cuore di Edimburgo. In quello stesso anno l’hotel ha portato nelle casse del gruppo 2,1 milioni di sterline. Nel 2007 Massimo Zanetti Beverage Group ha acquisito Brodie Melrose Drysdale & Company con sede a Edimburgo, un’operazione che ha garantito un ritorno d’affari di oltre 4,5 milioni di sterline. Anche Lavazza ha un debole per la Scozia, tanto che nel 2010 è stata sponsor del Festival Internazionale di Edimburgo. Infine a Glasgow c’è una delle sedi della Gelato University Uk del gruppo Carpigiani, specializzato nella produzione di macchine per gelati.
Secondo Maurizio Tino, avvocato dello studio Manca Graziadei che si occupa di consulenze legali in Scozia in associazione con la law firm Anderson Strathern Solicitor, «bisogna distinguere tra le grandi imprese italiane nei settori navale, difesa, elettronica e quelle di piccole e medie dimensioni». Le prime potrebbero subire una ripercussione immediata dall’indipendenza della Scozia, perché, nonostante queste siano situate in territorio scozzese, in realtà hanno la maggior parte delle relazioni commerciali e delle commesse con l’Inghilterra. Pertanto potrebbero essere costrette a spostare la propria struttura al di sotto del confine. «Non è comunque da escludere che Alex Salmond, con la giusta strategia politica, possa in un secondo momento convincere queste grandi aziende a rimanere», prosegue Tino. Le piccole e medie imprese (tra cui quelle del settore turistico, ristorazione e food and beverage made in Italy ndr) non dovrebbero invece avere ripercussioni immediate e potranno quindi attendere le scelte governative, sia a livello fiscale che a livello di eventuali altre agevolazioni, senza dover temere alcuna conseguenza negativa. Inoltre potrebbero aprirsi nuove opportunità di lavoro, dal momento che verrebbero a delinearsi nuovi scenari internazionali oggi preclusi alla Scozia. Completamente diversa è la situazione delle compagnie petrolifere che operano nel Mare del Nord. Queste ultime, attualmente, sfruttano i giacimenti petroliferi della zona grazie alle concessioni avute dal governo britannico. Nel caso in cui dovessero vincere i sì, le concessioni dovranno essere rinnovate con lo Stato che deterrà le aree di pertinenza, le quali dovranno essere suddivise con i principi applicati alle aree per la pesca. Alla Scozia, pertanto, dovrebbe spettare circa il 90% dei proventi. «Sembra invece molto probabile che ci sarà un incremento degli imprenditori italiani che voglio investire in Scozia, sia privatamente, sia attraverso rapporti commerciali con le compagnie locali. Infatti, già nell’ultimo anno si è registrato un notevole aumento delle richieste di informazioni di carattere commerciale da parte degli imprenditori italiani».
Francesco Colamartino, MilanoFinanza 13/9/2014