Tino Oldani, ItaliaOggi 13/9/2014, 13 settembre 2014
VITTORIA DELLA MERKEL? NO, LA COMMISSIONE JUNCKER HA DELUSO I TEDESCHI E CREATO LE PREMESSE PER CINQUE ANNI DI LITIGI INTERNI
Essendo astemio, lo scorso mercoledì 10 non potuto affogare nell’alcol la delusione per avere sbagliato le previsioni sulla composizione della nuova Commissione Ue. Mi ero fidato della bozza pubblicata dal sito Euractiv.com, solitamente bene informato. Ho sbagliato e chiedo scusa ai lettori. Avevo scritto che Angela Merkel aveva vinto e i socialisti europei perso.
Non è andata così. So bene che molti commentatori hanno egualmente sostenuto la tesi di una vittoria della Merkel e della sua politica di austerità, in quanto il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker (Ppe), ha sì affidato al socialista francese Pierre Moscovici il portafoglio strategico degli Affari economici e monetari, ma gli ha anche messo sopra, come controllore, il falco finlandese Jyrki Katainen (Ppe), che in veste di vicepresidente per Lavoro, crescita, investimenti e competitività, potrà mettere il becco in tutti i dossier di Moscovici, e condizionarne il lavoro. Coadiuvato, se necessario da un altro vicepresidente, il lettone Valdis Dombrovski (Ppe), falco pure lui, a cui è affidato un curioso portafoglio, denominato “Euro e dialogo sociale” (effetto dell’euro-scetticismo?).
La mia impressione è che Moscovici non si farà mettere i piedi in testa: sa di essere il Commissario della Francia, che per peso politico è il secondo Paese dell’Unione, dopo la Germania, e continuerà a ignorare il paletto del 3% di Maastricht, come ha fatto negli ultimi anni.
Proprio due giorni fa il ministro francese delle Finanze, Michel Sapin, lo ha confermato (la Francia intende sforare fino al 2017 per rilanciare la crescita), senza che a Bruxelles nessuno abbia mosso un dito per avviare una procedura d’infrazione, come è stato fatto in passato per molto meno nei confronti di altri paesi, Italia compresa.
Più che nella nomina di Moscovici, la sconfitta della Merkel è nel mancato accoglimento della sua richiesta di affidare il Commercio a Gunther Oettinger (Ppe), già suo uomo fidato a Bruxelles per l’Energia, perché diventasse il negoziatore capo per l’Europa del trattato Ttip con gli Stati Uniti. A sorpresa, Juncker ha invece affidato il Commercio alla svedese Cecilia Maelstrom (Alde, liberale), e messo Oettinger a capo di un gabinetto nuovo di zecca, ma di serie B: Economia digitale e Società. Il primo a rimanerne stupito è stato lo stesso Oettinger, che in una breve dichiarazione ha detto di essere «non contento, ma soddisfatto», e di sentirsi «motivato e curioso» di scoprire che cosa gli consentirà di fare il nuovo incarico.
In realtà, di economia digitale non si è mai occupato e non ne sa un’acca, come ha subito fatto notare il leader dei deputati verdi al Bundestag, Manuel Sarrazin. E il liberale Alexander Graf Lambsdorf ha definito la nomina di Oettinger «un sonoro schiaffo in faccia al governo tedesco».
In generale, i commenti politici e quelli degli industriali tedeschi sono improntati a «grande stupore» per lo strano incarico a Oettinger, mentre quello a Moscovici viene definito «un errore». Il leader del Ppe tedesco al Parlamento europeo, Herbert Reul, ha detto che quella di Moscovici è «una brutta scelta», che sarà sottoposta dal Parlamento europeo a «un duro esame» prima della ratifica. La Merkel non ha rilasciato commenti, e si è chiusa nel silenzio.
Il suo portavoce, Steffen Seibert, ha tuttavia fatto buon viso a cattivo gioco, con una dichiarazione di circostanza: «Nella nostra visione, la scelta di Oettinger è buona e va accolta positivamente».
La realtà è probabilmente diversa. La Merkel, pur appoggiando ufficialmente Juncker per la nomina a capo della Commissione, non se ne è mai fidata completamente. E Juncker, come ha sottolineato quasi con soddisfazione il verde tedesco Sarrazin, ha voluto dimostrare fin da subito di «non essere una marionetta nelle mani della Merkel».
Oltre alla cancelliera, c’è un altro primo ministro che finora non ha aperto bocca sulle nomine di Juncker: il nostro Matteo Renzi. Ma è un silenzio che parla, e non può nascondere una evidente delusione: è vero che Federica Mogherini è stata nominata Lady Pesc (Esteri), come Renzi aveva chiesto. Ma Juncker, che non ne era tanto convinto (preferiva Enrico Letta), ha trovato il modo di depotenziarne il peso politico.
In passato, il commissario agli Esteri diventava in modo automatico il numero due della Commissione, con la facoltà di mettere il naso in tutti i dossier. Renzi era convinto che in questo modo la Mogherini avrebbe potuto contare qualcosa sui dossier europei dell’economia e aiutare il suo governo nella battaglia per la flessibilità. Ma Juncker le ha sbarrato la strada, inventandosi un vicepresidente, l’olandese Frans Timmermans (socialista), che, per scelta esplicita di Juncker, sarà più vice di tutti gli altri, anzi «sarà la mia mano destra», e potrà esaminare e condizionare tutti i dossier dei vari commissari e degli altri sei vicepresidenti.
Con simili premesse, confermo la previsione: questa Commissione Ue, come i governi di centrosinistra italiani del passato, litigherà molto e combinerà poco.
Tino Oldani, ItaliaOggi 13/9/2014