Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  settembre 13 Sabato calendario

“LE INTESE SI FANNO ANCHE COL CUORE” LO STILE DI MODI PER APRIRSI AL MONDO

Dal famoso tweet «ci aspettano dei bei giorni» fino all’esortazione in una diretta televisiva davanti a 500 milioni di studenti indiani a «sudare almeno quattro volte al giorno» e a non «stare incollati ai libri».
I primi cento giorni del premier Narendra Modi, il leader della destra che ha trionfato nelle elezioni di maggio sconfiggendo Sonia Gandhi, sono stati all’insegna di slogan, perle di saggezza e frasi a effetto capaci di arrivare al cuore dell’uomo della strada. Era da tempo che l’India non aveva un leader così appassionato e convinto, almeno a parole, di poter trasformare i destini di una nazione. Uno che, come ha detto nella sua visita in Giappone, non è interessato soltanto agli affari, agli incontri «B2B» (business to business), ma anche a quelli «H2H» (heart to heart ovvero simpatie ed emozioni).
Quando a Tokyo ha incontrato il premier Shinzo Abe gli ha portato il libro della Bhagavad Gita, uno dei testi sacri dell’induismo, e in cambio ha ottenuto dai giapponesi 34 miliardi di dollari di investimenti nei prossimi cinque anni. Una bella sommetta per realizzare il suo ambiziosissimo piano di opere pubbliche, tra cui c’è la costruzione di 100 città «smart», costruite cioè con l’aiuto dell’alta tecnologia. E un primo risultato della strategia «cuore a cuore» che forse potrebbe agevolare l’Italia nelle trattative sui marò.
Il 15 agosto, festa dell’Indipendenza, nel suo discorso alla nazione dal Forte Rosso, monumento simbolo di New Delhi, ha invitato gli imprenditori stranieri a «venire in India e ad aprire fabbriche per poi vendere i prodotti in tutto il mondo» promettendo di far piazza pulita delle pastoie burocratiche e della corruzione che, secondo molti, impediscono all’elefante indiano di correre e di tenere il passo con il dragone cinese. E, altro segnale importante di svolta, ha abolito Commissione per la pianificazione economica, storico rimasuglio dell’epoca in cui l’India gravitava nella sfera sovietica.
Di slogan in slogan. Il 63 enne politico del Gujarat, lo Stato nord occidentale tutto lavoro e denaro, non perde occasione di sottolineare il suo iperattivismo: «vi prometto che se voi lavorate per 12 ore, lavorerò per 13 ore e se voi lavorate per 14 ore, lavorerò per 15. Perché? Perché io non sono il vostro primo ministro, ma il vostro primo servitore».
Nel «Modipensiero» c’è anche quest’altra importante massima di valore universale: «Sono un ottimista inguaribile e solo un ottimista può riportare la fiducia in un Paese». E di fatti la Borsa di Mumbai qualche giorno fa, quando il premier festeggiava il centesimo giorno, ha sfondato un nuovo record con l’indice Sensex che dall’inizio dell’anno ha guadagnato il 27%.
Il carismatico leader della destra ha messo a tacere anche coloro che lo accusavano di essere poco sensibile alle questioni sociali e castali. «Il Mahatma Gandhi si batteva contro lo stigma dei paria nella società, ma noi vogliano eliminare gli Intoccabili anche nelle banche» ha detto pochi giorni fa annunciando uno schema di assistenza finanziaria per far sì che i poveri possano avere un libretto di risparmio e accedere ai servizi bancari. Dopo l’annuncio sono stati aperti ben 15 milioni di conti correnti in un giorno.
E quando, un mese fa, l’India ha rifiutato di firmare l’accordo globale sul commercio in scadenza a Ginevra, perché metteva a rischio i programmi di distribuzione alimentare, ancora una volta Modi ha centrato il bersaglio. Di fronte alle critiche internazionali, ha replicato: «Vogliamo aiutare i nostri contadini oppure ottenere una buona pubblicità sulla stampa mondiale? Ovviamente abbiamo scelto di tutelare gli interessi dei poveri del nostro Paese». Non c’è che dire, il suo ragionamento non fa una grinza.
In quanto figlio di un venditore di tè, il politico del Bharatya Janata Party sa come rivolgersi anche a quel terzo di indiani che vivono al di sotto della soglia della povertà. «Arrivo da una famiglia povera - ha detto a proposito dell’obiettivo governativo di costruire gabinetti per quel 60% di indiani costretti a fare i bisogni all’aperto - e voglio una vita dignitosa per tutti i poveri. Se dobbiamo costruire una nazione, cominciamo dai villaggi». Già un anno fa aveva coniato lo slogan «prima i gabinetti, poi i templi».
Non si può poi non citare uno dei suoi mantra preferiti, riguardante il boom del settore informatico: «Un tempo l’India era famosa per gli incantatori di serpenti, adesso noi facciamo ballare il mouse (in inglese «topo») e quando noi muoviamo il mouse, si muove il mondo intero».
Maria Grazia Coggiola, La Stampa 13/9/2014