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 2014  settembre 15 Lunedì calendario

IL RITORNO DEI PADRI FONDATORI

La nuova sfida di Michael Bloomberg è far diventare il suo marchio famoso a livello di massa nel mondo. Per questo ha deciso di rituffarsi nella gestione quotidiana della sua azienda, Bloomberg LP (limited partnership), finora conosciuta solo da banchieri e trader, tornando a lavorarci come amministratore delegato (ceo, chief executive officer).
L’aveva lasciata nel 2001, quando si era candidato a sindaco di New York. Scaduta la sua carica dopo tre mandati, dallo scorso gennaio sembrava volersi dedicare al 100% alla filantropia, avendo deciso di donare gran parte dei suoi 33 miliardi di dollari di patrimonio personale.

Corsi & Ricorsi
Ma Bloomberg aveva anche ricominciato a frequentare per qualche ora al giorno il quartier generale della sua azienda, nel cuore di Manhattan, dove l’amico fidato Matthew Winkler — co-fondatore di Bloomberg News e curatore dell’autobiografia dello stesso ex-sindaco — stava mettendo a punto la nuova strategia della divisione Media del gruppo. Alla fine Bloomberg non ha resistito ed è tornato al suo primo amore, eccitato dalle difficoltà che dovrà superare per raggiungere i nuovi obiettivi.
L’annuncio, dato a inizio settembre, ha coinciso con un altro grande ritorno, quello di Leonardo Del Vecchio a capo di Luxottica, e ha aperto un acceso dibattito fra gli studiosi di management sull’opportunità che il fondatore di una società riprenda la sua guida dopo un periodo di assenza. I risultati di chi ci ha provato in passato non sono tutti positivi. C’è il successo di Steve Jobs, estromesso dalla sua Apple nove anni dopo averla fondata e tornato a salvarla dalla quasi bancarotta nel 1996. E c’è anche Larry Page, il co-fondatore di Google, tornato a guidarla nel 2011 per ridarle uno spirito innovativo da startup: da allora il fatturato è raddoppiato e i profitti sono aumentati del 50%. Ma il co-fondatore di Yahoo! Jerry Yang non è riuscito a rilanciare la sua creatura nei 18 mesi in cui ne aveva ripreso il comando, dal giugno 2007 a fine 2008, e ha dovuto uscire di scena. Mentre Michael Dell sta ancora lottando per reinventare la sua omonima azienda, fondata 30 anni fa, lasciata nel 2004 e di nuovo sotto la sua gestione dal 2007.
I fondatori spesso sono accecati dalla loro passione, spiega il professore della Harvard business school Noam Wasserman, che da molti anni fa ricerca sul loro ruolo constatando come nella maggioranza dei casi sia nell’interesse dell’azienda avere un ceo diverso. Il venture capitalist della Silicon Valley Ben Horowitz pensa invece che i fondatori-ceo abbiamo l’istinto giusto per guardare al lungo termine, perché il loro obbiettivo principale è costruire qualcosa di significativo.

Solitario
Bloomberg ha più chance di avere successo di Del Vecchio, secondo il Financial Times, perché l’imprenditore italiano ha istituito una struttura di management «confusa» per rimpiazzare il ceo Andrea Guerra: lui sarà il presidente esecutivo sopra due co-ceo. Bloomberg invece è il solo «Dio» nella sua azienda, come ha detto Dan Doctoroff, il ceo che gli ha ceduto il posto; ma l’obbiettivo che si è dato non è facile. Bloomberg LP domina il mercato delle notizie per i professionisti della finanza: con 321 mila suoi terminali sulle scrivanie delle banche in tutto il mondo (al costo annuale di 20 mila dollari l’uno) controlla un terzo del mercato. Il fatturato è quasi raddoppiato da 5,4 a 9 miliardi di dollari sotto Doctoroff e i profitti (non dichiarati perché la società non è quotata; l’88% è posseduto dal fondatore) compensano ampiamente le spese (e le probabili perdite) della divisione Media, che comprende l’agenzia Bloomberg News, le riviste Businessweek, Markets e Pursuits, i siti Bloomberg.com e Bloomberg View, un canale tv e una radio.
Per rivolgersi a un pubblico più ampio, ora Bloomberg lancerà una serie di «piattaforme multimediali». La prima si occuperà di politica e debutterà il 6 ottobre, un mese prima delle elezioni americane di medio termine: a dirigerla saranno John Heilemann e Mark Halperin, celebre coppia di giornalisti esperti della Casa Bianca, assunti rispettivamente dal New York magazine e da Time con stipendi da 1 milione di dollari. Poi dovrebbero partire altre piattaforme dedicate agli affari, alla finanza, ai consumi di lusso e forse alla tecnologia: ognuna sarà incentrata sul digitale, a cui saranno collegati i prodotti su carta e le trasmissioni via tv e radio. Altri acquisti importanti per realizzare il progetto sono stati quelli di Justin Smith da Atlantic come nuovo ceo del Media group; e Bill Grueskin dalla scuola di giornalismo della Columbia university come «executive training editor», per addestrare i giornalisti ai nuovi compiti.
Il tempo dirà se la vecchia passione di Bloomberg di fare il «padrone» a tutto tondo abbinata alla «scoperta» del giornalismo riuscirà a trovare la formula giusta per i media nell’era di Internet o si rivelerà solo il costoso hobby di un miliardario narciso, che sogna di vedere il suo nome ovunque.