Matteo Pandini, Libero 15/9/2014, 15 settembre 2014
SALVINI FA IL BOSSI «BRUXELLES È PEGGIO DI ROMA. E CON RENZI USO IL BASTONE»
[Intervista a Matteo Salvini] –
Era il 13 settembre del 1996. Umberto Bossi, stretto in un cardigan multicolor (in quel periodo una sorta di seconda pelle), s’inerpicò sul Monviso per inaugurare il rito dell’ampolla con l’acqua del Po. Era un venerdì. La domenica, a Venezia, proclamò l’indipendenza della Padania rovesciando in laguna il liquido prelevato in Piemonte e custodito come una reliquia da un drappello di selezionatissime camicie verdi. Fu un’occasione così speciale, quella della secessione annunciata in laguna, che Bossi si presentò sul palco in abito scuro e cravatta. Obbligò i colonnelli a fare lo stesso. Ieri, 18 anni dopo, il protagonista a Pian del Re non è stato il Senatur. Ma Salvini. Per la prima volta in vita sua alla sorgente del «sacro fiume». Dice: «Sono indipendentista ma oggi la priorità è il lavoro. Nord e Sud si devono ribellare a Bruxelles». Però basta ampolla e basta Venezia. «Facciamo una manifestazione a Cittadella con lo slogan “futuro è indipendenza”. Venezia, se vogliamo dirla tutta, è una città bella ma assistita. Cittadella, a Padova, è il cuore del Veneto delle partite Iva, è fortificata, ci vanno ogni anno gli indipendentisti veneti».
È metà pomeriggio quando Salvini getta l’ultimo sguardo a quel rigagnolo che è il neonato Po. Domanda di Libero: davvero pensate che la Scozia sia paragonabile alla Padania? Salvini: «C’è anche lì una rivendicazione economica, sociale e identitaria. Certo, loro combattono da 300 anni e noi solo da 20. Ma è evidente che in Scozia c’è chi non vuol morire suddito inglese, come da noi c’è chi non vuol morire schiavo di Bruxelles e dello statalismo. Penso anche a Sardegna e Sicilia eh...».
Prima ha citato pure il Salento. Siete meno padani?
«Macché. Il problema è che la disoccupazione sta uccidendo tutti. E quindici anni fa, quando andammo sul Po, non c’era ancora il disastro europeo che c’è oggi». Il lumbard assicura: «Scommetto sul sì all’indipendenza scozzese». Eppure, ottenuta la libertà, Edimburgo potrebbe entrare nell’euro che il Carroccio schifa. «Mah», sospira Salvini ,«uno Stato indipendente deve battere una moneta propria». Su questo non siete d’accordo con gli scozzesi? «Vediamo, ma è ovvio che loro potrebbero ridiscutere i vincoli prima di entrare. Il problema non è l’Europa, è questa Europa. Una gabbia di matti».
Nel Vecchio continente soffia un forte vento indipendentista. La citata Scozia, certo. In suo onore, Bossi aveva battezzato «devolution» il pacchetto di riforme partorito nel 2006 e poi impallinato dal referendum confermativo. Poi c’è la Catalogna. La sua voglia indipendentista è esondata nelle strade di Barcellona. I padani muoiono di invidia? «Sono partiti decenni fa, il catalano è lingua ufficiale. È come se nei tg regionali parlassero veneto o friulano. Spero che dopo Scozia e Catalogna ne arrivino altri. Noi, ma anche la Bretagna, la Corsica...».
Dal Monviso, Salvini ha minacciato Renzi. In caso di nuove tasse, i leghisti si presenteranno col bastone.
«Il premier non ci ascolta. Non vuole tassare la prostituzione, non vuole l’aliquota unica. Non sfora il patto di stabilità. Quindi sarà costretto a tassare o fare tagli. Se lo fa, prendiamo i bastoni».
Il Carroccio ha annunciato per il 14 novembre la resistenza fiscale. Un grande classico dei menu leghisti, che lo chef Bossi era solito accompagnare con riferimenti a fucili e insulti a «Roma ladrona». Questa volta, a sentire Salvini, sarà diverso. La rivolta fiscale funzionerà perché «vogliamo danneggiare lo Stato ladro» e gli azzeccagarbugli di via Bellerio stanno buttando giù la strategia. «Guardi, 200 aziende chiudono ogni giorno». Onorevole Salvini, eppure avete governato per anni. Come pensate di essere ancora credibili? «Potevamo fare di più, certo. Ma da tre anni siamo all’opposizione. E la situazione economica è peggiorata. In più, qualcosa che avevamo pensato 15 anni fa poteva andare bene allora mentre oggi è follia. Penso agli studi di settore». Alla Lega non piace Renzi perché «è peggio di Monti». Spiegazione più articolata: «Finge di abbaiare ma è un cagnolino. Il suo ministro Padoan ribadisce che rispetteranno i vincoli. Prendono ordini da Bruxelles, Berlino, dalla Bce. Eppure la Francia sforerà il 3%. Un politico normale se ne frega dei vincoli che solo in Lombardia bloccano 6 miliardi!».
Breve riepilogo del pensiero leghista sugli altri leader. Renzi «è un tappetino». Berlusconi, invece, è lo «zerbino di Renzi» e Bossi gli manda a dire di smetterla di «fare il cameriere» del leader Pd. Contro Alfano le parole sono ancora più dure. Tutta una recita, visto che l’anno prossimo ci sono le regionali venete e le amministrative? Salvini allarga le braccia. «Su Alfano e Renzi non ho speranze. Spero che Forza Italia torni a fare opposizione». Maroni governa con Ncd. «Il 18 ottobre saremo in 100mila a Milano contro l’invasione e Mare Nostrum. Alfano è responsabile, come faccio ad allearmi con lui? I confini vanno difesi anche con le armi». Renzi pensa al voto anticipato «ma lo vedo già in affanno dopo pochi mesi. L’Italicum è una priorità solo per lui e Berlusconi». La Lega non teme le urne, dice Salvini. E sogna una percentuale a «doppia cifra». Poi si prepara a sbarcare pure al Sud. L’idea è un partito con statuto e simbolo a sé. Il leader padano sfoglia gli appunti. «Grillo dice solo dei no. Noi proponiamo. Abbiamo idee pure sulla montagna: abbassare l’aliquota del riscaldamento, no ai controlli fiscali per chi lavora qui...». Lo sguardo corre verso le Alpi. Ieri Salvini s’è inerpicato sul Monviso per la prima volta. Promette: «È stata la prima di una lunga serie».