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 2014  settembre 15 Lunedì calendario

VALE INFINITO

Non è stato un giro d’onore, ma un viaggio dentro le proprie emozioni. Di solito Valentino, anche se aveva vinto, «scappava» il più in fretta possibile verso il podio, dopo che in un Mugello invaso dal pubblico aveva preso più cazzotti (d’incoraggiamento) sul casco che Foreman contro Cassius Clay. Non questa volta. Lento ad assaporare ogni sfumatura di una giornata magica. A gioire con i commissari, con i tifosi, con il fan club, con gli amici, con la fidanzata. Tante fermate come una festa che non deve finire mai. Magari con una lacrimuccia che non aveva confessato nemmeno quando a Welkom, nel 2004, vinse la prima gara con la Yamaha dopo il «tradimento» alla Honda, e baciò appassionatamente la sua nuova M1, per poi mettersi seduto al suo fianco a pensare a quello che aveva combinato.

Esuberanza Come era stata diversa la «prima volta», 6601 giorni prima di ieri, lontano da casa, a Brno, nella Repubblica Ceca, con la sua piccola Aprilia 125 lanciata quasi senza controllo contro il muretto dei box, con i meccanici che si mettevano le mani nei capelli temendo il peggio e lui che all’ultimo momento si rendeva conto di quello che stava combinando e la rimetteva dritta, sulla retta via. Sono 18 (più una manciata di giorni) gli anni tra queste due immagini. Un ragazzino sognante allora, un uomo che non ha smesso di sognare adesso. «Mi piacerebbe mettere vicino il volto di quel Valentino e quello di oggi. Oppure un’immagine che ho negli occhi della Honda 500 con la ruota di dietro alzata in frenata, che è identica a quella che ho visto sabato in prova. Valentino è sempre lo stesso. Anzi, meglio».

Convinzione Mamma Stefania di solito è molto riservata. Non riesce a tirare fuori le emozioni che il suo ragazzo le ha riservato in tutti questi anni. Un po’ è cambiata anche lei. Certo, ancora non riesce a vedere la gara dalla pista «che mi piacerebbe tanto, ma proprio non ce la faccio», quella che piange senza falsi pudori nel camper. Che scherza sul fatto che «il bacio della mamma lo ha aiutato per questa vittoria». E che racconta quello che è oggi Valentino. «Non so sintetizzarlo in una parola. Ma in un verbo sì: crederci. Dalla vittoria dell’anno scorso ad Assen era deluso. Pensava che dopo quella ce ne sarebbero state altre. Invece non sono arrivate. Ma lui non si è abbattuto, ci ha creduto. Ha cambiato alimentazione, diventando più regolare, e anche allenamento. Un po’ come nel 2006, quando perse il titolo (da Hayden; n.d.r. ). Allora ad aiutarlo era stata la gioventù, adesso è il metodo».

Vitalità Era un ragazzino impudente quello che scoprimmo 18 anni fa, più che altro per la curiosità del suo nome famoso. Quel Graziano — il Grazia, per lui, mica mio padre o il babbo — che era stato un protagonista degli Anni 70-80, meno vincente del suo talento. Forse perché non aveva la dedizione poi mostrata dall’esuberante pargolo. Andava fortino, ma soprattutto cadeva a raffica. Però intanto impressionava per la personalità. Per dirne una, dava del tu dal migliore amico al più importante Vip che incontrava.

Miscela «Bucava», si dice in gergo televisivo. Più semplicemente colpiva la fantasia. Non solo per i mille travestimenti che aveva iniziato a mettere in scena per prendere in giro quello che diventerà l’avversario più simbolico, Max Biaggi e la sua presunta storia sentimentale con Naomi Campbell: dalla bambola gonfiabile «Claudia Schiffer» a mille altre gag, che hanno riempito gli archivi fotografici. Soprattutto per la capacità di dire sempre la cosa giusta al momento giusto.

Centri Come per le scelte in pista. Che fortuna ha avuto, si dice troppo spesso. Ma nelle corse al 99 per cento la fortuna non esiste. Piuttosto vince la capacità di capire il momento e cavalcarlo. Valentino è un maestro in questo. La sua carriera ha avuto pochi momenti difficili. Ma quando c’era da dare un segno, quando si «doveva» vincere, lui si è (quasi sempre) fatto trovare pronto. C’è da dare un segnale per l’ambiente che non si accontenta dei podi, e lui si inventa la vittoria di Brno — la pista magica, anche per il primo Mondiale del ’97 — del condannato a vincere (2003). O il citato Sud Africa del debutto con la Yamaha. O ancora in Malesia 2010, quando voleva rovinare la festa del titolo a Lorenzo. Nei momenti in cui gli altri si sciolgono per la tensione, Valentino riesce a concentrare tutte le sue energie positive.

Decisioni Anche nelle scelte per la carriera non ne ha sbagliata una. Quando in Aprilia nel ’96 capirono le potenzialità del pilota e del personaggio, proponendogli subito il salto in 250 disse di no: e aveva solo 17 anni. «Voglio vincere qui». E dominò. Idem in 250. Un anno per imparare, uno per dilagare. E prepararsi al nuovo salto. Facile accettare la corte della Honda con la squadra più forte del mondo. Ma senza pensarci troppo accettò anche di andare a lavorare con un gruppo (chiusissimo) di australiani, senza sapere praticamente una parola d’inglese. Vinse anche quella scommessa. Conquistandoli con i risultati.

Rivoluzione Forse furono più facili quelle successive. Prendere la Yamaha, in definitiva, nel 2004 fu quasi naturale. Non sopportava la «supponenza» Honda e la M1 non era quel «cancello» di cui aveva parlato Biaggi andando via. Il suo carisma, poi, spinse i giapponesi a lavorare come matti e a vincere quella scommessa che dall’esterno sembrava impossibile, ma che lui già sapeva sarebbe stata meravigliosamente eccitante.

Rifiuto Perfino il passaggio alla Ducati del 2011, da un certo punto di vista, è stato un successo. Perché i rischi, come poi è stato dimostrato dai fatti, erano tutti della Casa, che ha fatto la figura della tecnicamente incapace. Mentre Valentino ne è uscito immacolato nell’immagine. Ma sposando la rossa, dopo il suo diktat «o lui o me», aveva evitato il confronto diretto con Jorge Lorenzo, in grande crescita e campione del mondo: due anni di sofferenza agonistica, certo, ma che sono serviti per il «ritorno alla vita» dell’anno scorso. Pronto per nuove emozioni. Come questa vittoria.