Corriere della Sera 14/9/2014, 14 settembre 2014
Attraente. Da usare in tutte le sue sfumature di colore, adatto a qualsiasi espressione artistica, perfetto nel Concetto spaziale di Lucio Fontana come in Enfasi di Luciano Fabro
Attraente. Da usare in tutte le sue sfumature di colore, adatto a qualsiasi espressione artistica, perfetto nel Concetto spaziale di Lucio Fontana come in Enfasi di Luciano Fabro. Duttile, con infinite applicazioni industriali, dall’abitare all’abbigliamento all’informatica. Tecnologico, sostenibile, riciclabile, resistente. Lucente, prezioso, antico. Il rame e le sue molteplici forme. Create per la vita di tutti i giorni e per trovare nuovi linguaggi emotivi. In mostra con «TRAME - Le forme del rame tra arte contemporanea, design, tecnologia e architettura». Alla Triennale di Milano dal 16 settembre fino al 9 novembre. Opere finora mai uscite dalle collezioni private, pezzi unici, creati ad hoc. Capolavori dell’arte. Ma anche divani, avanzatissimi rilevatori di particelle, lampade, stampi per budini, spugne. Oltre 250 pezzi selezionati e studiati da Elena Tettamanti, che con Antonella Soldaini ha curato la mostra: «In questo cammino — spiega — è stato straordinario scoprire come una porta aperta su un argomento rimandasse naturalmente a un’altra, in una sequenza quasi senza fine». In cui il rame, filo conduttore — in tutti i sensi — accomuna autori e tecnici, approcci pratici ed estetici. Quattro sezioni per sviluppare un progetto. Si parte con l’arte contemporanea, circa trenta capolavori dagli anni Sessanta a oggi, dall’Arte Povera fino alla Minimal Art e alle tendenze degli ultimi anni. Ecco allora che accanto ai pezzi storici di Lucio Fontana e Fausto Melotti si incontrano i lavori di Paolo Icaro, Anselm Kiefer, Remo Salvadori, Andrea Sala, Marisa Merz, Tatiana Trouvé, Danh Vo (suoi i frammenti della Statua della Libertà). Opere di dimensioni gigantesche e altre piccolissime, lastre lucide, sfere, coni, assemblaggi di fili, pannelli che si susseguono negli spazi della Triennale rivelando, attraverso il materiale, l’espressività di ogni artista. Rame puro, niente leghe. Ideale per l’abitare in tutte le sue declinazioni come si vede nella sezione design, con le proposte (un centinaio) dei più grandi nomi della creatività, attratti dalla colorazione calda del metallo, dal suo variare nel corso del tempo. Maestri del Novecento come Luigi Caccia Dominioni e Gio Ponti. E poi Antonio Citterio, Poul Henningsen, Shiro Kuramata. La Plopp Copper Family di Oskar Zieta realizzata con un sistema di «soffiatura», la Cu29 di Tom Dixon con il rivestimento ottenuto grazie alla deposizione elettrolitica di ioni di rame. Ambientazione domestica per oggetti utili e bellissimi. E per i gioielli disegnati da Eliseo Mattiacci e Donatella Pellini o per i capi firmati da Romeo Gigli e Prada. Rame per interni. E per esterni. Nella parte dedicata all’architettura sono esposti modelli di progetti che portano la firma di Renzo Piano, Aldo Rossi, James Stirling. E fotografie che raccontano il lavoro di Alvaro Siza, dei BBPR per la Torre Velasca di Milano, di Herzog & de Meuron per il Signal Box di Basilea. Archistar che hanno usato «l’altro oro» per la sua capacità di legarsi all’ambiente, di adattarsi al paesaggio, diventandone parte. E in questa lunga traversata, in cui il «filo rosso» del rame unisce e caratterizza forme e tratti, si arriva alla sezione tecnologia: trasporti, telecomunicazioni, elettronica, medicina, informatica. Macchine elettromagnetiche, alternatori, interfacce di computer, telefoni, collettori. Centinaia di applicazioni presentate in collaborazione con il Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano che, al termine dell’esposizione, accoglierà nei suoi locali parte dell’allestimento. «La mostra — continua la curatrice — sarà itinerante. Con tappe a Londra, a New York, in Giappone, in Israele». Presentata dalla Eight Art Project di Elena Tettamanti e sponsorizzata da Kme, oltre che dall’Istituto Italiano del Rame, da Prysmian, Ducati Energia, Ferrovie Nord e Aon, l’esposizione ha in programma, nel mese di novembre, un’iniziativa a favore di Dynamo Camp, a sostegno dei bambini affetti da gravi patologie. A proposito di piccoli: tutte le proprietà del rame saranno approfondite nei laboratori didattici della Triennale. Per spiegare temi come sostenibilità e riciclabilità e vederne gli effetti immediati: in mostra Esource di Hal Watts, bicicletta che separa dagli altri materiali il rame contenuto nelle componenti elettroniche. Annachiara Sacchi «È ancestrale. Si modifica nel tempo, acquista patine, sfumature, colori diversi. Insomma, è un materiale romantico e lo amo per questo». E dire che Giacomo Ravagli al rame, nel suo percorso tra arte e design, è arrivato quasi per caso. «Studiavo lettere a Firenze ma lavoravo con il marmo come scultore a Pietrasanta. Dopo due anni, la passione per creare era tale che decisi di abbandonare gli studi e diventare artista», racconta. Esperienze a bottega («Indimenticabile quella con Pietro Cascella»), le prime commesse che lo portano anche all’estero: «Sono stato a lungo negli Stati Uniti, un soggiorno a cui devo la conoscenza con il mondo degli architetti e decoratori di interni. In realtà il design è stata una scelta obbligata per avere altre commesse, ma mi ha portato a scoprire una vena creativa che non sapevo di avere». Così, rientrato in Italia, ecco la sua «prima volta» con il metallo rosso: «Per gli oggetti cercavo una soluzione più immediata del marmo, da cui l’idea di combinarlo al rame», racconta. Nascono le lampade Barometro esposte alla galleria di design milanese Nilufar al fuori Salone 2011, su un blocco di marmo levigato come base è fissato il paralume a fogli di rame piegato: «Ho intuito subito le sue potenzialità espressive e il piacere di lavorarlo con totale libertà». La storia prosegue ancora scritta dal caso: «Con la scoperta, nel catalogo del produttore Kme, di una rete tridimensionale di rame: duttile, spessori e trafori che permettevano di inventare giochi di luce». Ed ecco, l’anno dopo, Tunisia, lampada sfaccettata e componibile, ispirata — racconta — a quelle di certi palazzi d’epoca milanesi. Storie da raccontare e potenzialità (nuove) da scoprire: «Non ero appagato, da cui l’idea di creare un tessuto di rame usando fili sottilissimi. Una sfida impossibile, ma la ricerca mi ha fatto scoprire l’esistenza di un intrecciato avvolto in bobine che, stirato, diventa una superficie piana, non uniforme». Ed ecco nel 2013 prendere corpo, da queste lastre plasmabili, lo scrittoio Isabò: «Difficilissimo dargli una stabilità per renderlo funzionale. Facile invece l’estetica: la lavorazione regala al rame una patina ossidata e il risultato è di un pezzo vintage». Il futuro, anzi, il presente, è qui, perché Giacomo Ravagli ora è in India, nella zona di Madras, a creare a fianco degli artigiani locali: «Non ho mai avuto una mia bottega, mi piace dire che il mio laboratorio è la mia testa — sussurra —. Mi sposto di volta in volta in luoghi diversi, in base ai materiali da lavorare: Venezia e Milano per i metalli, i marmi a Pietrasanta e Carrara, a Pistoia le fusioni. E ora l’India». Alle prese con bronzo, ottone, legno, granito: «Artigiani bravissimi, lo scambio è alla pari. Posso sperimentare partendo da un semplice schizzo, e si entusiasmano vedendo gli oggetti nascere dalle loro mani. Io vicino a loro». Per ora solo prove d’artista: «Ma ho iniziato a impostare i prototipi per una serie di arredi: console, sedute, lampade, un paravento, piccoli oggetti, fatti con più materiali, legno, bronzo, ottone». E il rame? «Non me l’aspettavo ma l’ho ritrovato: tecniche primitive, attrezzi rudimentali, ma i risultati sono incredibilmente contemporanei. Ecco, sta qui il suo valore». Silvia Nani Il rame è l’unico metallo ad avere un PhD in economia. Fino a qualche tempo fa, «Dr Copper» era infatti l’indicatore per eccellenza dell’andamento economico mondiale. Procedeva di pari passo con il Pil mondiale. Ma oggi non è più così. «Dal 2011 la stretta correlazione tra rame ed andamento delle borse si è interrotta», afferma Paolo Kauffmann, ceo di Kauffmann & Sons, azienda specializzata nel trading di materie prime. «Dal 2003 in poi, i fondi d’investimento che volevano puntare sull’economia cinese, non avendo accesso al mercato finanziario asiatico, hanno iniziato ad acquistare quello che compravano i cinesi». E li è scattato il rally. «I prezzi sono schizzati ed il rame è iniziato a diventare un metallo del lusso», racconta Moriani Diva, ceo di Kme AG, il più grande gruppo italiano leader in Europa nei semilavorati e leghe in bronzo, le cui lastre lucenti ricche di sfumature rossicce sono richiestissime da artisti del rame come Remo Salvadori. «Nel 2005 il prezzo del metallo era di 2.500 dollari a tonnellata. Oggi, che è salito a quasi 8 mila dollari, registra un aumento del 300%». Di certo, la domanda mondiale che negli anni è cresciuta, attestandosi a 25 milioni di tonnellate, «non giustifica un incremento così alto», continua Diva. «Né lo stagno né il piombo hanno subito impennate di questo tipo». L’oro rosso d’altronde è indispensabile: trasporta luce ed acqua nelle case, ma anche la voce. Allo stato grezzo viene estratto principalmente nei giacimenti cupriferi in Cile, primo produttore al mondo (32%), seguito da Cina (8%), Perù (8%) ed Africa (Congo e Zambia). «Mentre tra i Paesi che lo raffinano, oltre alla Cina, ci sono gli Stati Uniti e la Germania». In Europa, sono circa 500 le aziende che lo trasformano, con un fatturato di 45 miliardi, impiegando 50 mila persone. Per via dell’elevata duttilità, malleabilità e le elevate prestazioni tecniche, le applicazioni industriali sono tante e si adattano a svariati settori, che vanno dall’efficienza energetica all’edilizia sostenibile, dal sistema dei trasporti alla sanità. «Ma se la domanda italiana di rame rimane sostenuta nel settore elettrico, in quello dei cavi e nella distribuzione energia — osserva Claudio De Cani, direttore Assomet, l’Associazione di Confindustria che riunisce gli imprenditori della metallurgia non ferrosa — è però in calo quella di prodotti in rame e semilavorati per l’edilizia e le costruzioni, come ad esempio le lastre per i tetti, le grondaie ed i tubi termosanitari. La rubinetteria cromata in ottone (lega di rame e zinco) invece, dopo due anni di crisi, si sta lentamente riprendendo». Oltre ad avere proprietà antibatteriche (non a caso riveste monete, passamanerie e maniglie di ospedali e luoghi pubblici), è un minerale ecologico «riciclabile fino a 100», continua Diva. «La nostra società per il 50% acquista rottami. Ed abbiamo tecnologie in grado di trasformarlo rimettendo in ciclo sempre nuovo materiale». Una delle applicazioni più innovative sono le tegole fotovoltaiche in rame che uniscono funzionalità e design italiano. Quotato sulle piazze finanziarie di New York, Shangai e Londra, «dall’inizio del 2014, il metallo rossastro ha una performance del 4-5% e non dovrebbe subire eccesive variazioni da qui a fine anno», continua Kauffmann. Gli analisti di Morgan Stanley prevedono per il 2014 un valore medio di 6.971 dollari, in crescita a 7.397 nel 2015, per salire nel lungo termine a 7.938. «Quello che potrebbe incidere sul futuro non è tanto l’impatto sui prezzi, quanto lo scenario che si sta delineando» continua l’analista. «La London Metal Exchange (LME), la borsa dei metalli di Londra, di proprietà delle case di brokeraggio inglesi, è stata venduta ai cinesi della borsa di Hong Kong. In pratica, gli asiatici che acquistano il 50% del rame del mondo, vogliono avere in mano anche lo strumento di riferimento del pricing — dove si determinano i prezzi». Questo contribuirà ad alterare non poco alcuni equilibri finanziari mondiali. «E gli operatori europei dovranno infine sempre più rivolgere l’attenzione verso il Sol Levante». Barbara Millucci «El sueldo de Chile» lo chiamano, lo stipendio di una nazione. È talmente decisivo il rame sul percorso economico e sociale del Cile che è difficile considerarlo appena come un minerale o una fonte di reddito. Gli inizi della sua estrazione nell’Ottocento giustificarono una guerra fratricida con la Bolivia tra gli inospitali deserti del Nord; la nazionalizzazione delle miniere fu uno dei pochi sogni realizzati dal governo socialista di Salvador Allende nei primi anni Settanta, così come il loro parziale ritorno ai privati e agli stranieri ha marcato l’epoca del brutale regime militare venuto dopo il golpe. Negli ultimi vent’anni di democrazia, infine, l’impennata dei prezzi e della produzione del rame hanno permesso la crescita tumultuosa del Cile e il suo virtuale ingresso nel club dei Paesi sviluppati. Un terzo del rame estratto nel mondo viene dal Cile. Qui c’è la più grande miniera della Terra, la Escondida, che in appena vent’anni di vita è arrivata a produrre quasi il 10 per cento di tutto il fabbisogno dell’umanità. C’è la maggiore impresa mondiale, la Codelco, che è proprietà dello Stato. Il liberismo sfrenato di Pinochet non arrivò a vendere tutto, furono anzi i militari a volere un pezzo della gallina dalle uova d’oro creando la holding pubblica, dopo aver aperto le concessioni alle multinazionali. Fecero anche scrivere nella Costituzione golpista del 1980 che il 10 per cento del fatturato della Codelco fosse destinato all’acquisto di armi per l’esercito. Privilegio che i governi successivi hanno fatto molta fatica a cancellare, riuscendoci appena due anni fa. Il modello misto è rimasto in piedi in democrazia, creando tra royalties, imposte e introiti diretti una pioggia di denaro per lo Stato. Negli ultimi vent’anni le esportazioni di rame si sono moltiplicate per undici e la fetta del Cile nel mercato mondiale è raddoppiata, grazie all’impennata dei prezzi e alla scoperta di nuovi giacimenti. La domanda cinese ha quindi accelerato il boom. Soltanto tra il 2009 e il 2011 i prezzi sui mercati mondiali sono triplicati (poi si sono attestati, ma restando a livelli ancora elevati) e non è un caso che i tubi e i cavi di rame siano diventati (persino da noi) obiettivo di quelli che una volta venivano chiamati i ladri di galline. Le previsioni finanziarie del governo di Santiago e la spesa pubblica vengono stilati ogni anno sulla base dei prezzi internazionali del rame: il metallo rappresenta la metà di tutte le esportazioni del Paese. E determina la pressione dell’opinione pubblica sugli investimenti nel sociale, salute e istruzione. Da qualche tempo economisti e sociologi si interrogano sugli effetti a lungo termine del cosiddetto oro rosso, se la «gran fiesta del cobre» sia destinata a finire o se il Cile è diventato troppo dipendente da un unico prodotto. Nella storia gli esempi di maledizioni del petrolio, o di altri doni della Terra, sono parecchi. La gestione della ricchezza nazionale è stata finora talmente oculata da non creare troppe preoccupazioni. Ma c’è un vicino agguerrito, il Perù, le cui estrazioni di rame stanno crescendo a ritmi impressionanti e promettono di raggiungere il trono del Cile nei prossimi 15 anni. E le mai sopite recriminazioni della Bolivia, che si ritiene vittima di uno scippo storico. Conquistando buona parte del deserto di Atacama nella guerra del Pacifico, «il Cile ha preso il nostro posto nel mondo — ha detto di recente il vicepresidente boliviano —. Con tutto quel rame, oggi saremmo noi una potenza continentale». Rocco Cotroneo