VARIE 12/9/2014, 12 settembre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - L’EUROTOWER
MILANO - Il target del deficit al 2,6% era "un obiettivo compatibile con un quadro macroeconomico diverso, e comunque rispetteremo i vincoli". Così il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, entrando all’Eurogruppo ha risposto a chi chiedeva se l’Italia conta di rispettare l’obiettivo di un deficit, che secondo i calcoli del governo dovrebbe essere al 2,6% a fine anno: "La Bce ammette che il quadro macroeconomico è molto peggiore di sei mesi fa e c’è l’ovvia implicazione per i conti pubblici", ha detto il ministro lasciando intuire che nel prossimo Def - Documento di Economia e Finanza - non si potrà ancora considerare valida quella previsione, che verosimilmente verrà peggiorata.
Più duro il premier Matteo Renzi su Twitter. "Noi - ha scritto il presidente del Consiglio - rispettiamo il 3%. Siamo tra i pochi a farlo. Da Europa dunque non ci aspettiamo lezioni, ma i 300 miliardi di investimenti #junker". (sbagliando a scrivere il cognome del presidente della Commissione Ue). Gli ha risposto a stretto giro il falco finlandese Jyurki Katainen, futuro vice presidente della Commissione, per il quale la stessa "non è un maestro, noi siamo collaboratori".
Il governatore della Bce, Mario Draghi, che già
ieri nell’incontro informale di Milano ha insistito sulla necessità di investimenti, ha invece sottolineato che la "ripresa è fragile, ma continuerà", e non ha fatto mancare il richiamo alla necessità di "riforme più ambiziose: non vedremo una crescita significativa senza misure strutturali". Il numero uno dell’Eurotower ha quindi parlato del Patto di Stabilità e Crescita tanto criticato come di un "àncora per la fiducia nell’Eurozona" e ha invitato a rispettarlo: "Non dobbiamo scordare i profondi squilibri economici del passato e i progressi fatti" grazie ad esso.
A Padoan e Draghi ha fatto eco il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem: "Credo che tutti siano d’accordo sull’idea che le priorità in Europa siano la crescita e l’occupazione", il grande dibattito è su quali politiche usare per ottenere la crescita occupazionale e l’occupazione e quale mix di politiche si tengano insieme". Una timida apertura alla necessità di investire arriva dal ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, che dice: "Siamo in un ambiente economico che
richiede un rafforzamento degli investimenti in Europa, Germania inclusa". Per la crescita sostenibile servono così "più investimenti, rispetto del consolidamento, riforme e quadro regolatorio migliore".
Nel complesso, l’Eurogruppo ribadisce l’impegno "per ridurre in maniera effettiva il carico fiscale sul lavoro", come si legge nel comunicato finale. Si tratta di "una chiara priorità politica" e nel corso dell’incontro odierno sono stati definiti dei principi comuni su come raggiungere l’obiettivo. Domani all’Ecofin il tema centrale saranno proprio investimenti e crescita, nell’incontro informale di Milano: dal Tesoro c’è fiducia per un accordo politico per il varo di un piano europeo per la crescita.
Quanto alla richiesta della Francia di spostare il rientro del rapporto deficit/pil, attualmente sopra il 3%, al 2017 - decisione che dovrà passare al vaglio della commissione Ue - Padoan risponde laconico: "Parigi è Parigi". Padoan ha poi ribadito che da parte della Germania "non ci sono resistenze, c’è accordo" su un patto per la crescita in Europa: "Il patto per la crescita è una proposta di tutti, è già sul tappeto, si fonda su riforme strutturali, mercato interno e finanza per la crescita".
(12 settembre 2014)
PEZZO DELL’11 SETTEMBRE
MILANO - "Restano rischi sulle possibilità del governo italiano di centrare l’obiettivo di un deficit di bilancio pari al 2,6% del Pil nel 2014, soprattutto dopo che il quadro economico è risultato peggiore del previsto". E’ questo il passaggio cruciale che la Banca centrale europea dedica all’Italia, nel suo bollettino, suggerendo che in futuro "è importante che l’Italia rafforzi ulteriormente la posizione di politica fiscale così da adempiere alle norme del Patto di Stabilità e di Crescita, in particolare per quanto riguarda la riduzione del rapporto debito pubblico/Pil". Il riferimento è all’impegno di mantenere il deficit/Pil sotto il 3%, ma soprattutto abbattere l’indebitamento. Per farlo, serve un bilancio strutturale (al netto del costo del debito e della congiuntura eccezionale) in pareggio dal 2015: il percorso di risanamento del debito prevede di tagliare di un ventesimo all’anno la parte che eccede il 60% del Pil.
Ai governi, dunque, Francoforte chiede di "imprimere slancio agli sforzi compiuti per incrementare la crescita e l’occupazione su base sostenibile nell’area dell’euro". La parola magica è sempre "riforme": "E’ necessario intervenire con determinazione sul versante delle riforme strutturali nei mercati dei beni e servizi e del lavoro, nonché agire per migliorare il contesto in cui operano le imprese".
Guardando al complesso del Vecchio Continente, gli economisti dell’Eurotower - che hanno con le loro previsioni economiche
guidato a un nuovo taglio del costo del denaro - scrivono: "Nel terzo trimestre la crescita dell’Eurozona, secondo gli indicatori disponibili fino ad agosto, perderà slancio e l’espansione proseguirà ad un ritmo modesto". Secondo il bollettino mensile sulla ripresa continuerà a pesare, fra l’altro, "un elevato tasso di disoccupazione" pur se in discesa: "Gli ultimi dati mensili suggeriscono che il tasso dovrebbe continuare a diminuire, dato che in giugno ha registrato un ulteriore calo di 0,1 punti percentuali sul mese precedente, seguito da un andamento stabile in luglio, raggiungendo l’11,5%".
Se le condizioni economiche dovessero restare deludenti, e "se si dovessero affrontare i rischi di un periodo troppo prolungato di bassa inflazione, il consiglio direttivo della Bce è unanime nel suo impegno a fare ricorso a ulteriori strumenti non convenzionali nel quadro del suo mandato". Così il bollettino conferma le parole di Mario Draghi nell’ultima conferenza stampa e tiene aperta la porta al quantitative easing, anche se nel recente passato non c’è stata unanimità nello scegliere di tagliare i tassi e avviare il piano di acquisto di Asset backed securities (Abs): il tedesco Weidmann si è opposto.
La domanda interna dovrebbe continuare a beneficiare della gamma di misure di politica monetaria messe in campo, del miglioramento delle condizioni finanziarie, dei progressi a livello di risanamento fiscale e di riforme, e del calo dei prezzi dell’energia che sostiene i redditi reali. Inoltre, la domanda all’export "dovrebbe trovare sostegno nella ripresa globale". Tuttavia, segnala la Bce, "la ripresa continuerà a essere limitata dall’alto livello di disoccupazione, dall’ampio volume di capacità non utilizzate, dall’andamento sempre negativo dei prestiti al settore privato e dai necessari aggiustamenti di bilanci condotti dal settore pubblico e da quello privato". I rischi prevalenti su questo scenario "continuano a essere di un possibile peggioramento".
(11 settembre 2014)
PEZZO DEL 4 SETTEMBRE
MILANO - Alla fine ha avuto ragione quello sparuto numero di analisti, cresciuto negli ultimi giorni, che prevedeva un taglio del costo del denaro. Il board guidato da Mario Draghi ha deciso "in modo non unanime" di abbassare di 10 punti base tutti i tassi, da quello di rifinanziamento principale a quello sui depositi. Il costo del denaro, il parametro principale, scende così al nuovo minimo storico dello 0,05%, mentre quello sui depositi passa dal -0,1 al -0,2%. Ciò significa che alle banche costa di più tenere i soldi bloccati all’Eurotower e la speranza di Draghi è che questi vengano messi in circolo.
Lo stesso governatore ha poi spiegato in conferenza stampa che la Bce ha deciso di avviare - anche in questo caso senza unanimità - un programma di acquisto di Asset backed securities (Abs) "semplici e trasparenti"; sono strumenti con i quali si ’impacchettano’ in un titolo finanziario i crediti verso il settore non-finanziario detenuti in portafoglio (cartolarizzazioni), e obbligazioni garantite. Gli acquisti della Bce riguarderanno "sia vecchie che nuove emissioni", inclusi i titoli che hanno come sottostante il real estate (Rmbs): "Liberiamo spazio nei bilanci delle banche, a patto che lo reinvestano in altro real estate", ha detto il governatore sul punto. Questi piani di acquisto inizieranno dopo il board
di ottobre e nella valutazione di Draghi dovrebbero, insieme al taglio dei tassi, riportare l’inflazione verso il target del 2%. In caso diverso, "se dovesse essere necessario", la Bce è pronta a nuove "misure straordinarie che rientrano nel suo mandato". Del quantitative easing, l’acquisto di titoli sul mercato, si è parlato nel board, ma "alcuni sono contrari a fare di più".
Tagliare il tasso di rifinanziamento principale a nuovi minimi risponde al disegno di far scendere il valore della moneta unica nei confronti del dollaro: le istituzioni finanziarie potrebbero finanziarsi in euro (ora che il costo è praticamente azzerato), per poi vendere euro e investire in strumenti in altre valute, più redditizi. In questo modo, queste altre valute si rafforzerebbero e di contro una divisa comune meno forte aiuterebbe le esportazioni, ridando fiato all’inflazione. Per completare il quadro, bisogna precisare che il tasso marginale passa da 0,40% a 0,30%. Non a caso, la risposta dei mercati è subito in questa direzione: l’euro perde valore, mentre i listini si rafforzano.
La posizione della Bce è assai delicata in questa fase: l’inflazione Ue è sempre più piatta, va verso lo zero e la ripresa economica latita. Da più parti si è chiesto un intervento deciso dell’Eurotower e lo stesso governatore nelle ultime uscite pubbliche ha incitato a fare di più sulla flessibilità per i Paesi che devono fare riforme, oltre a confermare la sua disponibilità all’intervento. Le aspettative degli economisti di Bloomberg erano per lasciare il costo del denaro ai livelli precedenti, anche se sei esperti (su un panel di 57) si aspettavano un taglio del tasso di rifinanziamento principale allo 0,05%. Nella mancata unanimità gioca ancora il remare contro Draghi della Germania: il presidente della Buba, Jens Weidmann, si sarebbe opposto a entrambe le misure annunciate. La frenata sul quantitative easing, che comunque nessuno attendeva per oggi, sarebbe anche un compromesso con Berlino.
Le mosse della Bce muovono d’altronde da un’analisi economica negativa: Draghi ha precisato in conferenza stampa come prevalgano i "rischi al ribasso", i dati del terzo trimestre dell’anno "indichino persa di slancio della crescita" e "l’alta disoccupazione frena la ripresa". Le previsioni di crescita economica dell’area euro sul 2014 e 2015 sono state tagliate, mentre sono state riviste al rialzo quelle sul 2016. Ora per l’anno in corso si stima un +0,9% del Pil (da +1%), sul 2015 un +1,6% (da +1,7%) e sul 2016 un +1,9% (da +1,8%).
Ai governi, Draghi ha detto che "a questo punto le riforme strutturali devono chiaramente prendere slancio". Sul suo sostegno a un allentamento del rigore, che ha creato anche attriti con Berlino, il governatore ha precisato l’invito a usare gli spazi di "flessibilità che già esistono nel Patto", che "permettono ai Paesi di sostenere i costi delle riforme strutturali e sostenere la domanda" dei consumatori. A chi chiedeva dei colloqui col premier Renzi, Draghi ha risposto "che sono privati" senza aggiungere altro. Sui provvedimenti arriva un "caloroso" plauso del Fmi, per bocca del numero uno Christine Lagarde: "Aiutano sull’inflazione".
Prima dell’Eurotower, sia dal Giappone che dall’Inghilterra era arrivata una scelta di continuità. La Banca centrale giapponese ha deciso di non espandere ulteriormente il proprio programma di stimoli monetari nonostante la flessione registrata dal Pil nel secondo trimestre. Conferme anche dalla BoE: ha mantenuto invariato allo 0,5% il tasso bancario di riferimento, optando per una politica attendista malgrado voci discordanti sui tassi di ottobre, e confermato a 375 miliardi di sterline l’entità massima del piano di acquisto di titoli di Stato per fornire sostegno all’economia nazionale.
PEZZI DI DAGOSPIA
1. DAGONEWS
“Se non ce la fai a fare le riforme, puoi sempre farle fare alla Troika. Non sarebbe la prima volta. In Gracia ha funzionato…”. Mario Draghi gliela avrebbe prospettata così, come un’ipotesi tra le tante, quel 12 agosto in cui si sono incontrati a Città della Pieve. Ma Renzie l’ha presa malissimo.
Matteo Renzi Matteo Renzi
Per lui solo parlare di “Troika” significa fine del suo governo, commissariamento umiliante, politica espropriata e via tragicizzando. Così ha respinto al mittente il gentile (e autorevole) consiglio, impegnandosi a fare le riforme in prima persona.
Adesso deve mettere mano alla riforma del lavoro il prima possibile e tenere d’occhio lo spread con la Spagna, paese che la Bce ci porta a modello. Non ha molto tempo a disposizione e ha pochi spazi per le distrazioni (tipo l’’Italicum), con il retropensiero minaccioso di una Troika “già a Vipiteno”, come direbbe Giulio Tremonti.
2. “ORA RENZI HA PAURA DI SUPER MARIO”
Elisa Calessi per "Libero Quotidiano"
La convinzione è maturata durante l’estate. Tra le pieghe di avvenimenti e conversazioni. Matteo Renzi è persuaso che l’establishment del Paese, i famosi salotti buoni, i grandi gruppi industriali ed editoriali, scommettano in una sua sconfitta per poi proporre come salvatore della patria, l’unico uomo che avrebbe la totale fiducia dell’Unione Europa, dei mercati finanziari e financo del Quirinale, Mario Draghi.
Draghi Renzi Draghi Renzi
La sostituzione, il premier lo sa, non sarebbe facile. Renzi, al momento, può contare su un sostegno elettorale fortissimo, misurato in quel 40,3% delle Europee, e in sondaggi lusinghieri. Ma se gli indicatori economici dovessero rimanere negativi, se la disoccupazione dovesse restare ai livelli attuali, se il debito continuasse a crescere, se la ripresa non dovesse arrivare, insomma se tutti i tentativi di riforma messi in campo dall’esecutivo non portassero a un miglioramento, è convinto che c’è chi sarebbe pronto a calare la carta Draghi.
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Per questo la fotografia immortalata ieri dal bollettino della Bce, vista da Palazzo Chigi, non è un caso. Per questo negli ultimi mesi non si rintracciano dichiarazioni entusiaste di Renzi nei confronti del numero della Bce, nonostante i provvedimenti messi in campo dalla Banca centrale europea. E, bisogna dire, viceversa. Quella di Draghi è diventata, nel cerchio stretto del Rottamatore, una piccola, grande ossessione. «Vogliono farmi fuori e mettere al mio posto Mario Draghi», ha confessato a un amico.
Renzi non è tipo da darla vinta o da scoraggiarsi. E, come ha detto a Porta a Porta qualche giorno fa, non manca di autostima. Quindi è pronto a vender cara la pelle. E a combattere fino all’ultima goccia di sangue per non darla vinta agli ormai noti «gufi» e alle variazioni sul tema: i «professionisti delle tartine», i «tecnici della Prima Repubblica», «quelli che si lamentano».
Si è persuaso, però, che ci sia chi lavora per questa soluzione. Nel caso, ovviamente, che il governo fallisca nei suoi obiettivi, che la situazione economica peggiori, che la luna di miele con il Paese, per ora ancora in corso, finisca. Servono condizioni che, per ora, non ci sono. Ma il tempo in politica è un fattore decisivo. E può ribaltare tutto. Renzi crede che la classe dirigente del Paese non lo abbia digerito e aspetti la prima scivolata per farlo fuori. «Certo con me non sarà facile come con Mario Monti o con Enrico Letta».
Giorgio Napolitano Giorgio Napolitano
Renzi ha dalla sua il consenso. Che non è un’arma da poco. Ma le pressioni dell’establishment si fanno sentire. Un’ostilità che il premier si spiega con le azioni che il suo esecutivo ha messo in campo. Contro le alte burocrazie, i manager, i magistrati. «Me la vogliono far pagare». E Draghi, è il ragionamento, è il jolly. L’uomo ha il sostegno dei poteri che contano, che potrebbe essere speso come quello che aggiusta i danni fatti dal “ragazzotto”. A impensierire Palazzo Chigi si aggiunge il fatto che il numero uno della Bce ha un ottimo rapporto con Giorgio Napolitano. Insomma i moventi, se si dovessero creare le condizioni, ci sono tutti.
FLASH DAGOSPIA
1.RENZI: RIMARREMO SOTTO 3% DEFICIT, SIAMO TRA I POCHI A FARLO
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Finanza.com – "Noi rispettiamo il 3%. Siamo tra i pochi a farlo. Da Europa dunque non ci aspettiamo lezioni, ma i 300 miliardi di investimenti". E’ quanto affermato oggi su Twitter dal primo ministro italiano, Matteo Renzi, in risposta ai dubbi sollevati dalla Bce circa la capacità dell’Italia di rispettare i vincoli di bilancio in virtù della congiuntura più debole del previsto.
2.BANKITALIA: A LUGLIO DEBITO SALE A 2.168,6 MLD, IN 7 MESI +99 MLD
(LaPresse) - Nuovo picco per il debito pubblico italiano, che mostra un incremento in luglio di 0,2 miliardi di euro, a 2.168,6 miliardi. E’ quanto emerge dal Supplemento al Bollettino statistico ’Finanza Pubblica, fabbisogno e debito’ della Banca d’Italia, che sottolinea che nei primi sette mesi del 2014 il debito è aumentato di 99,2 miliardi. L’incremento di 4,5 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro, pari a fine luglio a 109,7 miliardi (68,2 a luglio 2013), ha più che compensato l’avanzo di 3,6 miliardi delle Amministrazioni pubbliche.
Inoltre, prosegue Via Nazionale, l’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei Btp indicizzati all’inflazione (Btpi) hanno contenuto l’incremento del debito per 0,6 miliardi. Il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 1,0 miliardi e quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,7 miliardi, mentre il debito degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato. L’incremento del debito italiano nei primi sette mesi riflette il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (32,7 miliardi) e l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (72,1 miliardi).
MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN
Nel complesso, l’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei Btpi hanno contenuto l’incremento del debito per 5,6 miliardi. Sul fabbisogno dei primi sette mesi ha inciso per 4,5 miliardi (8,7 miliardi nel corrispondente periodo del 2013) il sostegno finanziario ai Paesi dell’area dell’euro. Nel complesso, la quota di competenza italiana del sostegno finanziario ai paesi dell’area era pari alla fine dello scorso luglio a 60,1 miliardi.
3.PADOAN: ITALIA RISPETTERÀ VINCOLI UE, DEFICIT A 2,6% ERA CON ALTRO QUADRO MACRO
(Reuters) - L’Italia rispetterà il vincolo Ue del 3% per il deficit/pil, mentre è superato il target del 2,6%, relativo a uno scenario macroeconomico migliore di quello che si è poi verificato.
A dirlo è il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan dopo che ieri la Bce ha evidenziato il rischio che l’Italia sfori l’obiettivo di riduzione del disavanzo inizialmente concordato in sede europea.
IGNAZIO VISCO IGNAZIO VISCO
"Il 2,6% era un obiettivo con un quadro macroeconomico diverso, ma voglio ribadire che rispetteremo i vincoli" ha detto Padoan prima dell’inizio del lavori dell’Eurogruppo.
Ieri il bollettino economico diffuso dalla Bce, evidenziando il possibile superamento del target relativo al deficit "soprattutto alla luce di andamenti economici peggiori delle attese", chiedeva all’Italia di "rafforzare ulteriormente" la politica di bilancio per assicurarsi il rispetto degli obblighi del Patto di stabilità, in particolare per quanto riguarda la riduzione del rapporto debito/pil, visto a fine anno attorno a quota 135%.
"Stiamo lavorando alla legge di stabilità che per definizione agisce sui conti. Quando avremo i numeri sarete i primi a saperlo" ha risposto oggi Padoan a proposito della richiesta di Francoforte.
La bozza della legge di stabilità sarà presentata a Bruxelles a metà ottobre dove probabilmente i conti italiani saranno sotto la lente insieme a quelli della Francia.
Da parte sua il premier Matteo Renzi, via twitter, ribadisce che l’Italia non sforerà il tetto del 3%, ma alla Commissione europea chiede nel contempo l’attuazione del piano di investimenti da 300 miliardi di euro annunciato dal suo nuovo presidente Jean-Claude Juncker.
"Noi rispettiamo il 3%. Siamo tra i pochi a farlo. Da Europa dunque non ci aspettiamo lezioni, ma i 300 miliardi di investimenti", ha scritto questa mattina.
Renzi ha detto nelle settimane scorse che il deficit di quest’anno sarà al 2,9% invece del 2,6% precedentemente stimato.
Juncker ha annunciato due mesi fa un pacchetto da 300 miliardi di euro di investimenti, che ieri ha ricevuto l’apprezzamento anche del governatore della Bce Mario Draghi.
MARIO DRAGHI MARIO DRAGHI
(Elvira Pollina)
4.ITALIA, ISTAT CONFERMA DEFLAZIONE AD AGOSTO
(Reuters) - L’inflazione italiana nel mese di agosto mostra il primo tasso di crescita tendenziale negativo dal settembre 1959 (quando si registrò -1,1%).
Secondo i dati definitivi di Istat, l’indice Nic dei prezzi al consumo è salito dello 0,2% su mese ed è sceso dello 0,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
L’inflazione acquisita per il 2014 sale allo 0,4%.
"La dinamica tendenziale dell’indice generale è principalmente dovuta all’accentuarsi della flessione annua dei prezzi dei Beni energetici (con quelli non regolamentati che da +0,4% di luglio passano a -1,2%) e al rallentamento della crescita tendenziale dei prezzi dei servizi; andamenti solo in parte controbilanciati dal ridimensionamento della flessione dei prezzi degli alimentari non lavorati (-1,8% da -2,9% di luglio)", spiega l’Istat.
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L’inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici e degli alimentari freschi, scende allo 0,5% dal +0,6% di luglio. Al netto dei soli beni energetici l’inflazione si porta a +0,4% da +0,3% di luglio.
I prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza non variano su base mensile mentre aumentano dello 0,2% su base annua.
I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono invariati su base mensile e calano dello 0,2% su base annua.
5.SPAGNA: INFLAZIONE A -0,5% ANNUO AD AGOSTO
Finanza.com –Si conferma in territorio negativo l’indice dei prezzi al con
sumo in Spagna. Ad agosto segna un calo tendenziale dello 0,5% dal -0,3% precedente. Su base mensile invece l’inflazione risulta di +0,2%.
Spagna: rapporto debito/Pil sale al 98,9% nel secondo trimestre
Finanza.com –Il debito pubblico spagnolo è salito al 98,9 per cento del Pil nel secondo trimestre 2014 dal 97,4% nel periodo gennaio-marzo. Lo ha reso noto oggi la Banca di Spagna che ha rivisto il dato relativo al primo trimestre dal precedentemente 96,8%.
DAGO DALLA STAMPA
1. DRAGHI AVVERTE I GOVERNI: “SENZA RIFORME NIENTE INVESTIMENTI”
Marco Zatterin per “La Stampa”
draghi padoan draghi padoan
«Ognuno deve fare la propria parte, a livello europeo e nazionale». Mario Draghi ritorna sul discorso di Jackson Hole e rilancia la necessità di combinare le riforme con le politiche monetarie e quelle di bilancio, fattori che si devono «rafforzare a vicenda» se si vuol dar fiato alla ripresa nell’Eurozona. Mentre affina la sua cura per il ripristino del flusso della liquidità, il presidente della Bce ricorda: «dobbiamo impegnarci soprattutto per far ripartire gli investimenti», sennò «indeboliremo l’economia nel breve termine e comprometteremo le prospettive del lungo». Avverte che tutto si tiene, però: perché «nessuno stimolo funziona, se non viene affiancato dalle giuste azioni strutturali».
MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN
Sembra quasi una ultima chance quella che Draghi fa cadere sul tavolo della due giorni di vertice informale per i ministri economici europei che si apre stamane a Milano. E’ il triangolo delle politiche virtuose che deve sostenere gli investimenti, attirare i soldi nell’economia che langue. Il flusso è calato del 20% dal 2008, il miglioramento è «lento» e «non ci sarà ripresa sostenibile finché la situazione non cambia».
Parlando al convegno Eurofi, in cui la grande finanza si confronta a porte chiuse salvo eccezioni, l’ex governatore di Bankitalia ha invitato ad un’azione sul fronte delle regole, perché nessuno investe se il contesto è frastagliato: un mercato dove una causa di lavoro può essere risolta in un anno o tre a seconda dei paesi «toglie linfa alle imprese». Questo non esclude che, «nel contesto esistente, i governi possano trovare spazio per sostenere gli investimenti e condurre politiche di bilancio più favorevoli alla crescita, riducendo onere fiscale e spesa improduttiva». Senza lassismi. E con «un’applicazione coerente del Patto di stabilità»».
MERKEL E DRAGHI MERKEL E DRAGHI
Un secondo volano è «l’esigenza di diversificare le fonti di finanziamento e superare la frammentazione finanziaria». Draghi accoglie con favore l’idea del neopresidente della Commissione, Juncker, di creare un’unione dei mercati dei capitali. Insiste sull’esigenza di un mercato ben funzionante delle attività cartolarizzate (Asset-backed securities»), con regole precise che consentano alle banche di prestare senza danneggiare la capacità di bilancio. Promette che la Bce continuerà con gli strumenti non convenzional per far sì che la politica monetaria accomodante si trametta all’economia reale.
Oggi e domani i ministri parleranno di questo e poco altro. Stamane si comincia con l’economia che avanza come un trattore ingolfato. Anche il bollettino della Bce rileva che la congiuntura ha perso impeto e la crescita resta modesta. E’ «deludente», dice un documento preparatorio dell’Ecofin. Nel vivo si entrerà quando i ministri saranno invitati raccontare come stanno impostando i bilanci, attesi a Bruxelles per metà ottobre. «Riunione di pre-coordinamento», spiega una fonte. Molto simile a una sessione di autocoscienza, vista la minaccia di deflazione e recessione.
Draghi e Schaeuble Draghi e Schaeuble
Si cercano impegni da coordinare. Si troveranno piani, genere di cui non c’è penuria. In attesa di quello da 300 miliardi della Commissione, c’è un testo della presidenza italiana e uno di Francia e Germania. I ministri Schaeuble e Sapin hanno inviato il loro documento a Padoan tre giorni fa, esprimendo apprezzamento per le idee di Roma. Le loro proposte sono in linea col «Draghi-pensiero», compatibili anche col testo messo a punto da Via XX settembre che, a sua volta, ricalca il modello di Francoforte.
Armonia di cornice, dunque. Nella missiva, tuttavia, colpisce il richiamo agli stati perché - per «conseguire una duratura stabilizzazione dell’Eurozona» - conducano «il debito sul percorso di discesa previsto dal Patto di Stabilità». Cosa che, a vedere i numeri del bollettino Bce, l’Italia non ha ancora dimostrato di star facendo.
2. PADOAN: ABBIAMO FATTO QUEL CHE ANDAVA FATTO - IL MINISTRO: “È SCONCERTANTE CHE L’EUROPA NON SI SIA ANCORA MOSSA CONTRO LA STAGNAZIONE”
Alessandro Barbera per “la Stampa”
In apparenza sembra uno studiato gioco delle parti. Eppure con il passare dei giorni la strategia italiana, nei fatti, diverge sempre di più dalle richieste di Banca centrale e Commissione europea. La battuta in perfetto inglese non lascia spazio a sfumature: «Quel che l’Italia doveva fare per risanare i conti l’ha fatto». È da poco passata l’ora di pranzo, a Milano si svolge uno dei tanti panel a porte chiude di Eurofi, forum che riunisce due volte l’anno in giro per l’Europa decine di uomini d’affari, banchieri, alti burocrati e politici.
jean claude juncker jean claude juncker
Ad ascoltare Piercarlo Padoan in prima fila ci sono, fra gli altri Ignazio Visco e Mario Monti. Da un paio d’ore le agenzie di stampa hanno battuto l’ultimo bollettino mensile di Francoforte nel quale si conferma il timore per la tenuta dei conti italiani, il rischio di sforare i target di bilancio e soprattutto la necessità di raggiungere nel 2015 il cosiddetto «obiettivo di medio-termine».
Per l’Italia significherebbe, di fatto, una manovra di correzione da almeno nove miliardi di euro per portare in traiettoria discendente un debito che invece continua a salire. Padoan può permettersi di usare i toni franchi che in altre sedi non userebbe. Ammette che le cose vanno male, in Europa e in Italia, e proprio per questo si dice «stupefatto» che l’Europa non abbia ancora fatto nulla per fermare la stagnazione.
jean claude juncker jean claude juncker
Padoan presenta a grandi linee il progetto per il rilancio della crescita che oggi formalizzerà di fronte ai colleghi dell’Ecofin riniti a Milano. Tre i pilastri: il miglioramento dell’integrazione del mercato interno, riforme strutturali sotto il monitoraggio della Commissione, una strategia di investimenti. Padoan, keynesiano mai pentito, insiste nel chiedere «un cambio di approccio radicale». Non accusa esplicitamente i tedeschi, ma è del tutto evidente che su questo lui e il collega tedesco Schaeuble sono costretti a vederla diversamente.
La Germania è un Paese che nonostante tutto cresce con un tasso di disoccupazione quasi fisiologico, l’Italia no. Parte di quella occupazione è figlia dei cosiddetti mini-job, impieghi sottopagati, part-time, ma che danno lavoro a persone che diversamente non sarebbero occupate. Il documento italiano la riconosce come una strategia da imitare: «Occorre allentare le restrizioni all’uso dei contratti di lavoro temporaneo».
ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE ANGELA MERKEL E FRANCOIS HOLLANDE
I tedeschi a loro volta ammettono che in Europa c’è scarsa domanda di investimenti, e per questo all’Ecofin presenteranno un proprio piano condiviso con i francesi. Segno che qualcosa si muove, in ogni caso troppo poco rispetto agli stimoli che Padoan e Renzi pensano siano necessari per rianimare l’economia italiana.
Per chi guarda le cose dall’Italia, i miliardi di tagli che il governo si appresta a varare con la legge di Stabilità sembrano una contraddizione rispetto alle intenzioni espresse da Padoan. Il punto è che, nelle intenzioni di Renzi e del suo ministro dell’Economia quei tagli dovranno servire tutti a finanziare la conferma del bonus alle famiglie, ad allargare il taglio Irap, a sostenere nuove spese per l’assunzione degli insegnanti.
draghi merkel renzi hollande draghi merkel renzi hollande
Quando Padoan dice che «l’Italia ha fatto quel che doveva fare» vuol intendere che non ci saranno manovre correttive quest’anno, né tantomeno ci saranno tagli o nuove tasse per rispettare l’obiettivo di medio termine. Il riconteggio del Pil con l’introduzione di un pezzo di economia illegale ci darà una mano a far tornare i conti: il 22 settembre l’Istat renderà noto il ricalcolo più importante, quello del 2013. L’orizzonte temporale del governo è quello dei mille giorni: il senso del patto flessibilità-riforme che propone all’Europa è tutto lì.
Twitter @alexbarbera
ANSA.IT
Il commissario alla Spending review Carlo Cottarelli annuncia di essere al termine del proprio lavoro ("proseguirò fino a ottobre"), e si dice ’fiducioso che avremo successo’ ricordando che ’tagli alla spesa pubblica già ne sono stati fatti negli scorsi anni’. "La mia proposta per ridurre la tasse sul lavoro è partita dal’obiettivo di tagliare 30-35 miliardi in tre anni", spiega.
Dal taglio delle società partecipate "si può arrivare a risparmiare 2-3 miliardi in 3-4 anni, non è molto ma è qualcosa", ha aggiunto, anticipando che l’obiettivo è di tagliare in 3 anni le partecipate e portarle a 1.000 dalle 8.000 risultanti dalle banche dati del Tesoro. "In realtà - ha detto - non si sa quante siano le partecipate. Sarebbero poco più di 10.000, alcune prive di dipendenti hanno solo cda. Bisogna togliere queste rendite".
"Io credo che ci siano margini di flessibilità" nel patto di stabilità europeo, "margini che vanno sfruttati", ha precisato. "C’è un corposo documento sul patto di stabilità: io l’ho letto e credo che ci siano margini di flessibilità".
"Il taglio del 3% previsto per i ministeri non è un taglio lineare e non credo nemmeno che alla fine si arriverà a un taglio del 3% per tutti i ministeri". "Non è che i ministeri debbono tagliare al 3% ogni voce di spesa" ha aggiunto. "I ministeri devono presentare loro idee che verranno confrontate con il lavoro di revisione di spesa già fatto" ha detto Cottarelli.
"La riforma della Pa è volta a responsabilizzare e incentivare i dipendenti pubblici. La riforma funziona se ci sono dirigenti motivati e che siano determinati a raggiungere certi obiettivi". "Questa riforma della Pa - ha aggiunto - è essenziale per il buon funzionamento delle amministrazioni in generale e in particolare per il controllo della spesa".