Guido Ruotolo, La Stampa 12/9/2014, 12 settembre 2014
NAPOLI, IN CODA PER DAVIDE TRA INSULTI, ODIO E PIETÀ
Poco dopo l’una. Un pigiama azzurro, il capo avvolto in un berretto di cotone. Una teca di plastica trasparente. Il coperchio della bara appoggiato al muro. Nella sala del teatro della Parrocchia Maria Immacolata della medaglia miracolosa, viene esposta la bara di Davide Bifolco. Dolorosa processione. Una camera ardente che per tutto il giorno ha visto il Rione Traiano piangere un suo figlio.
Colpiscono i ragazzi, dodicenni che appoggiano le guance sulla teca per baciare Davide. È la generazione dei capelli tagliati alla Insigne. Giovanissimi che sembrano già vecchi, senza anima. Quella della innocenza, dell’allegria di una età incosciente che non c’è più.
Terribile doversi arrendere di fronte all’odio. Perché quando in questa settimana i (cinque) cortei dei ragazzi di Rione Traiano hanno invaso la città, una città indifferente e muta, la parola d’ordine di «giustizia e verità» doveva essere diversamente interpretata. Giustizia, purtroppo, qui si coniuga con vendetta.
Cos’altro è se non vendetta, infatti, l’impegno di sangue che i ragazzi dell’Angolo del panino, il pub dove Davide (e i senzasperanze del rione) passava la serata, si sono fatti tatuare sul braccio destro? «Oggi più di ieri sempre odio per il carabiniere. Davide vive».
Quando nel pub torna una donna in lacrime dalla camera ardente («Non si puó stare dentro, è uno “spaccamento” del cuore») la sua collera è simile a quella dei ragazzi: «La stessa pistola che ha ucciso Davide (il carabiniere, ndr) se la deve puntare alla tempia».
L’odio che si respira tra donne e uomini, tra questi ragazzi - che nascondono il loro tatuaggio agli obiettivi dei fotografi e giornalisti - è figlio di una disperazione sociale e di un deserto istituzionale. È vero che lo Stato non c’è, che in una comunità di 25.000 abitanti - per dirla con don Lorenzo, il parrocco della chiesa di Maria Immacolata della medaglia miracoloso che stamani celebrerà il funerale, «è al 70%». Ma di che meravigliarsi, dunque, se Rione Traiano sopravvive grazie agli affari della camorra quando la stessa Istat stima in 15 miliardi e mezzo di euro il contributo dell’economia criminale alla determinazione del Pil?
Non c’ è lavoro e i clan che si spartiscono il Rione fanno affari con la droga garantendo redditi ed economia reale. E da una settimana, da quando è morto Davide Bifolco, che le forze di polizia non pattugliano il territorio.
Un giorno a Rione Traiano e l’impressione è quella di una enclave diventata straniera. Cittadini da riconquistare. Italiani a cui restituire la speranza di un cambiamento.
Il ragazzo del tatuaggio maledetto, ammette: «Sono un pregiudicato ma in questi giorni noi delinquenti ci siamo spogliati delle nostre divise per fare le persone perbene. Noi vogliamo che il carabiniere che ha ammazzato Davide sia dannato per sempre». Le divise abbandonate? «Nuje simme na settantina ai domiciliari che in questi giorni siamo usciti senza problemi». Noi siamo 70 ragazzi agli arresti domiciliari che da una settimana sono in libera uscita. Ma fino a quando?
Il giorno dopo l’incidente, sabato scorso, ci fu una manifestazione conclusa con lacrimogeni e assalti alle forze di polizia di un gruppo di centri sociali. Quella stessa sera i «bravi ragazzi» di Rione Traiano, brillantino all’orecchio e Rolex al polso, fecero loro un discorsetto chiaro: «Non vi fate più vedere, dobbiamo lavorare». Da allora, i centri sociali sono scomparsi.
Ieri il mesto pellegrinare del rione alla camera ardente. T-shirt bianca: «Non lo spegni il sole.... se gli spari. Davide vive». Sull’aiuola nel punto dove Davide è morto, molte immagine sacre, statue di Madonna con Gesù bambino, rosari. E le foto dei beniamini del Napoli. Una fila di accendini, dediche al ragazzo. Un cartello con scritto «omicidio di Stato». E i gonfaloni delle Confraternite. È una Napoli nella quale convive l’odio e la pietà, il sacro e il profano, la spiritualità e la barbarie criminale. Ma il senso di angoscia si fonde con l’amarezza della consapevolezza che nessuno proverà a tirare fuori dall’inferno il popolo dannato del rione Traiano. Una città, Napoli, che sempre di più è un collage di tanti rioni Traiani.
Guido Ruotolo, La Stampa 12/9/2014