Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  settembre 12 Venerdì calendario

QUASI DUE MILIONI IN PIAZZA A BARCELLONA PER L’INDIPENDENZA DELLA CATALOGNA

Una gigantesca V di 5,5 chilometri su ogni lato delle due principali arterie di Barcellona, l’Avenida Diagonal e la Gran Via, con vertice in Plaça de les Glories, per simboleggiare una lettera che riassume tre slogan: volontà, votare e vincere. Così, quasi due milioni di catalani hanno commemorato ieri il 3° centenario della Diada (Giornata), la festa regionale che ricorda la sconfitta della Catalogna nella Guerra di Successione (Barcellona stava con gli Asburgo e contro i Borboni, che la vinsero). Secondo il sindaco di Barcellona, 1,8 milioni di persone sono scese in strada per chiedere l’indipendenza dalla Spagna. Una folla che, vista dall’alto, evidenziava anche i colori della «senyera», il vessillo nazionalista. Due le parole d’ordine: «Independencia» e referendum, chiesto per il prossimo 9 novembre per dividersi dalla Spagna.
Ma la «voglia di Scozia» dei catalani separatisti resta un miraggio, benché sia di massa: Madrid non è Londra e il referendum promesso dal governo regionale del presidente Artur Mas non si celebrerà perché, assicura il premier spagnolo Mariano Rajoy (Pp, centro-destra), è illegale e può essere convocato solo dal governo centrale. «La solidarietà permette a un andaluso di vivere con il cuore catalano e viceversa», ha dichiarato il capo dell’esecutivo visitando la Organizzazione Nazionale dei Trapianti. «Questa generosità definisce la nostra identità come spagnoli». Insomma, un altro «niet».
La Diada, organizzata da due associazioni culturali, Anc e Omnium Cultural, e sponsorizzata dall’esecutivo regionale con spot su tutti i media regionali, è stata un indiscutibile successo separatista. «Trecento anni dopo il 1714, abbiamo smesso di celebrare sconfitte militari per essere un Paese che costruisce una vittoria pacifica», ha tuonato la battagliera presidentessa di Omnium cultural, Muriel Casals. «Presidente, piazzi le urne».
Mas non si è fatto pregare per assecondare Casals: «In questo momento non parlerò di un altro scenario che non sia il 9 novembre - ha detto il President –. Tutto è pronto. Vedo il governo centrale completamente immobile e senza iniziativa, nonostante il tema catalano sia uno dei principali che affronta oggi la Spagna». Però il capo dell’Esecutivo di Barcellona, che vuole una consultazione legale e concordata con Madrid, è tra l’incudine e il martello: il Tribunale Costituzionale è pronto a dichiarare illegale il referendum promesso (ma ancora non ufficialmente convocato) e a fare altrettanto con la legge regionale, in dirittura d’arrivo, che sancisce la potestà di Barcellona a convocare la consultazione popolare. E l’indispensabile alleato esterno di Mas, la Sinistra Repubblicana di Erc, insiste sul referendum.
Resta il fatto che l’esempio scozzese dà fiato agli indipendentisti. Ieri, alle 17.14, un’ora che ricorda il 3° centenario della sconfitta catalana, una ragazzina che compierà 16 anni il prossimo 9 novembre depositava un voto in un’urna accompagnato da migliaia di applausi. In piazza Glories c’erano 947 urne, ognuna per ogni località catalana. Ambiente festivo, senza incidenti di rilievo. Ma a rovinare la festa c’è la Costituzione spagnola, che garantisce l’indissolubile unità del Paese. E l’80% del Parlamento di Madrid contrario alla consultazione popolare.
Gian Antonio Orighi, La Stampa 12/9/2014