Minxin Pei, L’Espresso 12/9/2014, 12 settembre 2014
ANCHE LA CINA RISCHIA UNA BOLLA IMMOBILIARE
DA PARECCHI ANNI –
La bolla immobiliare cinese è un argomento avvincente e allarmante. Gli economisti mettono in guardia da un crollo catastrofico, ma malgrado ciò la bolla immobiliare cinese ha sbaragliato i catastrofisti, fino a questo momento. Non si discute: la Cina ha vissuto un boom immobiliare straordinario negli ultimi 15 anni. Tra il 1997 e il 2013 l’investimento nel settore edilizio è quintuplicato, passando da meno del 2 per cento al 10,4 per cento del Pil. Secondo l’“Economist, dal 2000 a oggi i prezzi degli edifici sono più che raddoppiati (solo Gran Bretagna e Canada hanno conosciuto aumenti maggiori). Nelle grandi aree metropolitane come Shanghai e Pechino, i prezzi sono schizzati alle stelle (a Shanghai sono cresciuti di oltre sette volte rispetto al 2000, a Pechino di dieci).
L’ASPETTO controproducente è rappresentato, come in altri Paesi, da un eccesso di costruzioni e di investimenti speculativi. Di conseguenza il paesaggio della Cina è costellato di città fantasma. Da un autorevole sondaggio condotto a livello nazionale e reso noto a giugno si è appurato che non è abitato il 22,4 per cento delle unità che sono già state acquistate in aree urbane (49 milioni). Oltre a ciò, restano invendute almeno 3,5 milioni di case.
Stime più pessimistiche parlano di 64 milioni, un numero che potrebbe dare alloggio a oltre 200 milioni di persone.
PURTROPPO alla fine stanno emergendo segnali dai quali si comprende che la bolla, secondo alcune stime la più grande di sempre al mondo, sta per iniziare a scoppiare. Tra gennaio e giugno di quest’anno le vendite delle case sono precipitate di oltre il dieci per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Di conseguenza, i prezzi hanno iniziato a calare, e lo hanno fatto con un tasso annuo del 3 per cento per cinque mesi di seguito. Tra le 70 città più grandi della Cina, a maggio i prezzi immobiliari riportati sono calati in 35, e a giugno in 55. Il cedimento costringe i costruttori ad abbassare ancora di più i prezzi, e il trend al ribasso sta accelerando. L’interrogativo più interessante è quanto nocivo potrà diventare il crollo del settore immobiliare. Per gli operatori immobiliari il rapporto tra indebitamento e capitale è in media del 300 per cento, il che li rende estremamente esposti alla pur minima recessione.
La bancarotta di un gran numero di loro potrebbe innescare un default dei prestiti da loro contratti, per lo più tramite il sistema bancario ombra. L’impatto sui singoli investitori dipenderà dalle dimensioni del crash. Se i prezzi scenderanno del 30 per cento, circa 5 milioni di unità abitative vuote avranno un valore negativo.
IN TERMINI puramente finanziari, non sembrerebbe poter essere una catastrofe per il sistema bancario. In ogni caso, è un fatto risaputo che i crash immobiliari tendono a sforare e, nel caso della Cina, la portata del calo dei prezzi potrebbe essere di gran lunga maggiore. La caduta dei prezzi dell’immobiliare quasi certamente farebbe scendere quelli dei terreni. Dato che i governi locali traggono quasi la metà dei loro introiti dalla vendita dei terreni, un crollo potrebbe portare a inadempimenti dei prestiti fatti ai governi locali. L’impatto reale di tale crack si ripercuoterebbe in lungo e in largo. Il settore edilizio è stato un potente motore trainante della crescita della Cina. Includendo i settori industriali a monte e a valle, il settore immobiliare produce dal 16 al 25 per cento del Pil cinese. Qualora
i prezzi delle abitazioni calassero di un terzo, Moody’s Analytics, agenzia americana di rating, prevede che la crescita cinese rallenterebbe fino al 4 per cento rispetto
al 7,7 per cento dell’anno scorso.
PER IL CINESE medio, una simile recessione comporterebbe quasi di sicuro la sensazione di sentirsi più indigente. Provocherebbe un calo significativo
nel valore netto dei nuclei famigliari, dato che la casa di proprietà costituisce il bene più importante. E, per quanto riguarda la leadership cinese, potrebbe far deragliare i piani che ha delineato per la ristrutturazione dell’economia. La sua nuova priorità, pertanto, potrebbe essere puntellare il mercato, non esercitare pressioni per varare difficili riforme che potrebbero deprimere ancor più l’economia.
Traduzione di Anna Bissanti