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 2014  settembre 12 Venerdì calendario

QUELLA PICCOLA LAMPADINA, CUORE DELLA LANTERNA

Ha l’animo solitario e il carattere burbero ma il suo sguardo si accende non appena accarezza dall’alto il panorama di Genova: Angelo De Caro, varazzino di 59 anni, dal 1995 è il guardiano della Lanterna. E del capoluogo ligure ha acquisito subito tutti i pregi e i difetti, a cominciare dal mugugno: «Sono venuto in questo faro per scelta – sorride – ma allora non immaginavo che sarebbe stato aperto al pubblico: a me piace stare da solo, invece da qualche anno ho un sacco di gente che mi gira sempre intorno. Ormai mi sto abituando ma all’inizio è stata una fatica, con tutti quei visitatori tra i piedi». L’importante è che non gli parlino male della sua città adottiva: «Ma non succede quasi mai – spiega – di solito osservandola da qui ne rimangono affascinati. E come potrebbe essere altrimenti? Dal cornicione aperto al pubblico, a 80 metri di altezza, si ha una prospettiva unica della città e del suo porto».
La Lanterna ormai è la casa di Angelo e della sua famiglia: «I miei due figli sono cresciuti qui – racconta – e per me ha un significato speciale, soprattutto la parte chiusa al pubblico». E lui, da buon custode, se ne prende cura ogni giorno: «La mia giornata scorre su un ritmo ben collaudato. Al mattino fortunatamente mi chiudo da solo in ufficio con qualche pratica amministrativa poi salgo sulla Lanterna a lubrificare gli ingranaggi e pulire l’ottica. E la parte del giorno che preferisco, quando sono finalmente solo con l’unica compagnia di una famiglia di falchetti che vive qui e tiene lontani i gabbiani».
È proprio qui, a 117 metri di altezza, che batte il cuore del simbolo di Genova: solo il suo guardiano e pochissimi fortunati possono ammirarlo da vicino. Per arrivarci bisogna salire 365 gradini, anche se in tempi recenti è stato installato un piccolo montacarichi per trasportare i pezzi di ricambio. Passato il fiatone, una volta in cima, lo sguardo viene catturato dall’armatura che sostiene il grande faro e su cui fa ancora bella mostra di sé la vecchia orologeria, ancora funzionante ma non più in uso dagli anni Settanta: «Si carica manualmente girando una manovella – spiega Angelo De Caro – e fa girare la Lanterna per sette ore. Oggi è stata sostituita dai motori elettrici con una fotocellula che rileva il buio per accendere e spegnere il faro al momento giusto, a seconda del tempo e delle stagioni. Sino a qualche tempo fa invece bisognava salire a spegnerla all’alba: e in estate il sole sorge alle cinque del mattino».
L’accensione non è l’unica tradizione a essere stata modificata dall’avvento della tecnologia: De Caro ama mostrare ai pochi che si spingono sino a lì una piccola lampadina, consapevole della reazione di stupore che susciterà: «Sembra impossibile viste le dimensioni ridotte – racconta divertito – ma è quella che da luce alla Lanterna, amplificata dai cristalli dell’enorme ottica. Sono appena mille watt, 220 volt». Ed è proprio questa lampadina che quando cala il sole, azionata dalla fotocellula, dà vita al simbolo di Genova: un giro completo del faro dura 40 secondi con una pausa di venti: «La sua caratteristica sono due lampi e 20 secondi. Pensi che illumina sino a 27 miglia marine, le navi la scorgono a quasi 50 chilometri».
Un punto di riferimento non solo per chi naviga: «La Lanterna serve anche per l’atterraggio degli aerei – continua il custode – Si trova sulla linea della torre di controllo del Cristoforo Colombo: l’aeroporto non ha un aero-faro quindi provvediamo noi a sostituirlo».
Del resto, dall’alto del faro, si domina non solo la città ma anche il suo scalo e soprattutto il suo porto. Un panorama che varia continuamente e in cui Angelo, nelle pause del suo lavoro, ama perdersi: «Da qui osservi la città che cambia: i rumori del giorno, il porto in attività, il silenzio della sera rotto solo dalle campane delle chiese – racconta con uno sguardo commosso – E poi ogni giorno cambia il paesaggio: con la neve la città sembra un presepe, col sole è più bella, quando soffia il maestrale resti ammaliato dal mare che si infrange sulle dighe e infine col calare della sera la città sparisce e restano solo le luci. Non chiedetemi se amo Genova: se vuoi bene alla Lanterna devi volerlo anche alla sua città. Sennò meglio che scendi da qui».