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 2014  settembre 09 Martedì calendario

LA SCOZIA FA PAURA, GIÙ LA STERLINA

Dapprima sottovalutato, il referendum sull’indipendenza della Scozia che si terrà giovedì 18 settembre rischia di innescare una serie di reazioni a catena incontrollabili e dai sicuri pesanti effetti sui mercati finanziari. La bomba è scoppiata nel fine settimana quando è stato diffuso un sondaggio che per la prima volta ha dato in testa i sostenitori del Sì all’indipendenza con il 51% contro il 49%. E il trend sembra in crescita visto che gli indecisi si starebbero orientando in massa a votare per il Sì. Ieri i mercati si sono quindi confrontati per la prima volta con la prospettiva di un Regno Disunito. E la sterlina è andata giù di brutto, ai minimi dal novembre scorso sul dollaro, fino a 1,6101, mentre nei confronti dell’euro ha perso lo 0,8% a 0,8036. La questione della valuta è una delle più controverse. Il leader degli indipendentisti, Alex Salmond, sostiene che la Scozia manterrà la sterlina, ma da Londra gli hanno risposto che se lo può scordare. Salmond, però, insiste, dicendo che una volta vista la vittoria degli indipendentisti, il premier David Cameron dovrà scendere a più miti consigli perché altrimenti la Scozia si rifiuterebbe di pagare la quota del debito pubblico del Regno Unito di sua spettanza (si parla di 140 miliardi di sterline). Se la Scozia non potrà adottare la sterlina, allora potrebbe chiedere di entrare nell’euro. Ma anche qui troverebbe la porta chiusa. Nei giorni scorsi il presidente uscente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ha affermato che riconoscere la sovranità della Scozia «sarebbe difficile, se non impossibile». La secessione della Scozia determinerebbe infatti un’immediata fuoriuscita da tutti i trattati siglati dal Regno Unito, compreso quello stipulato nel 1973 per entrare a far parte della Comunità Europea. Uno dei prerequisiti necessari per aderire alla zona euro è di far parte dell’Ue, il che a sua volta implica una ratifica del trattato di adesione da parte di tutti gli Stati membri. La Spagna voterebbe contro, temendo l’effetto contagio sulla Catalogna. Come hanno ricordato gli economisti di Nomura, l’anno scorso il governo regionale catalano ha dichiarato l’intenzione di indire un referendum il prossimo 9 novembre per separarsi dalla Spagna. Il referendum verrebbe quasi sicuramente dichiarato anti-costituzionale, ma una vittoria degli indipendentisti in Scozia esalterebbe quelli catalani, provocando non poche tensioni in caso di annullamento del referendum da parte di Madrid. L’esito più probabile per la Scozia sarebbe quello di introdurre una nuova moneta, che sarebbe soggetta a forti oscillazioni. Nell’immediato, però, interessa la sorte della sterlina: secondo Kit Juckes, strategist di Société Générale, dovrebbe svalutarsi di un altro 5% in caso di vittoria dei sì. Mentre Alastair Thomas, di Ecm asset management, ha osservato che ci vorrebbero 18 mesi per definire i dettagli della separazione tra la Scozia e il resto del Regno Unito e questo lungo periodo di incertezza potrebbe portare a un rinvio del rialzo dei tassi da parte della Banca d’Inghilterra, che fino alla settimana scorsa sembrava dovesse essere la prima fra le grandi banche centrali del mondo a ritoccare verso l’alto il costo del denaro. Ieri il rendimento del Gilt decennale, dopo un’iniziale impennata al 2,377%, si è assestato al 2,350%, in aumento solo dello 0,3% rispetto a venerdì scorso. E la borsa di Londra è rimasta calma, perdendo appena lo 0,3%, con Royal Bank of Scotland in calo dell’1,3% (ma per gli analisti di Mediobanca Securities la banca scozzese fallirà gli stress test). Bisogna ricordare che la secessione provocherebbe uno sconquasso nella vita politica di quel che resterebbe del Regno Unito: i Laburisti hanno infatti le loro roccaforti proprio nelle lande scozzesi. Senza di esse, rischiano di sparire. A quel punto la contesa sarebbe fra i conservatori e l’Ukip di Nigel Farage, che vuole l’uscita dall’Ue. Per battere la concorrenza di Farage anche i Tories, magari guidati dal sindaco di Londra, Boris Johnson, adotterebbero la stessa posizione. Londra fuori dall’Ue, dunque. Ma non è finita qui: c’è chi pensa che il processo di dissoluzione del Regno Unito si spingerà al punto tale da porterà alla creazione della città-Stato di Londra, trasformata a tutti gli effetti una mega-Singapore.
Marcello Bussi, MilanoFinanza 9/9/2014