Diego Gabutti, ItaliaOggi 9/9/2014, 9 settembre 2014
FUCHS, CEDENDO ALL’URSS I SEGRETI ATOMICI DEGLI USA, PROLUNGÒ DI DECENNI I GULAG E L’ESISTENZA STESSA DEL CAMPO SOCIALISTA
Nemmeno rivelando all’Nkvd di Lavrentij Pavlovic Berija «i segreti atomici» il fisico tedesco Klaus Fuchs, marxista-leninista e grande traditore, si guadagnò l’Ordine di Lenin, o quello di Marx: la scienza sovietica, secondo la vulgata, aveva spaccato l’atomo da sola, senza l’aiuto delle spie. Nato a Rüsselsheim, in Assia, nel 1911 da un pastore luterano dal carattere anche troppo forte e da una donna che si suicidò quando lui era ancora molto giovane, Fuchs s’iscrisse al partito comunista da ragazzo, quando frequentava la facoltà di scienze. Erano gli anni dell’ascesa di Hitler e Fuchs fu in prima fila nelle battaglie di strada contro le SA di Ernst Röhm. Anche le sue due sorelle e suo fratello erano membri delle organizzazioni di partito e lasciarono come lui la Germania quando Hitler fu nominato cancelliere. Fuchs continuò gli studi in Francia, poi in Inghilterra, dove, in virtù del suo QI e della qualità delle sue intuizioni teoriche, salì subito ai piani alti della ricerca scientifica angloamericana: il circolo segreto degli scienziati, il club esclusivo della bomba atomica.
Era uno scienziato, e pertanto studiava volentieri i problemi tecnici, teorici e persino un po’ metafisici della folle corsa che, dal 1942 al 1946, portò dal Progetto Manhattan a Hiroshima e Nagasaki e infine al mondo bipolare, sorvegliato a vista da migliaia di testate nucleari pronte all’uso — l’esercito di guerrieri di terracotta della guerra fredda. Era uno scienziato, ma era anche un comunista militante, un provato combattente clandestino della causa proletaria e fu da comunista che, non appena capì a cosa stavano lavorando i fisici inglesi, americani e naturalizzati americani e inglesi, pensò bene di stabilire un contatto con lo spionaggio sovietico. Detto e fatto. Attraverso gli amici del Kpd, il partito comunista tedesco, che come lui erano riparati in Inghilterra, trovò i contatti che cercava e cominciò a passare segreti atomici all’Nkvd: centinaia di cartelle fitte di calcoli, resoconti d’esperimenti riusciti e falliti, ipotesi, formule, equazioni.
Collaborò con Berja e i suoi ragazzi dai laboratori inglesi, poi da Los Alamos e, finita la guerra, di nuovo dall’Inghilterra. Era instancabile: fu uno degli agenti segreti più produttivi d’ogni tempo, e forse il solo agente segreto che con le sue informazioni abbia cambiato la storia del mondo, come racconta il giornalista inglese Mike Rossiter, una colonna del Sunday Times, in un libro bello e appassionante La spia che cambiò il mondo (Newton Compton 2014, pp. 352, 9,99 euro, ebook 4,99 euro). Klaus prolungò di decenni l’esistenza del Gulag e del «campo socialista».
Dapprincipio, prima di capire su quale miniera d’oro avessero messo le mani, i servizi sovietici presero le rivelazioni di Klaus Fuchs sottogamba: al diavolo tutta quella scienza «borghese degenerata», strapensavano (come si straparla) i cekisti. Quei maledetti scienziati, scrive Rossiter, «erano tutti sospettabili», anche quelli più o meno devoti alla causa del proletariato, «perché la meccanica quantistica, che costituiva il fondamento del loro campo di studi, era ritenuta in contrasto col materialismo dialettico, dogma ideologico del comunismo sovietico». Si dice «che Stalin coltivasse quest’opinione sui fisici: “Lasciateli in pace. Possiamo sempre eliminarli in seguito”». Fu soltanto quando a Stalin entrò finalmente nella zucca il potenziale distruttivo della bomba atomica che partirono i finanziamenti. Grazie a Fuchs, che la nutrì di pappa fatta, la scienza sovietica raggiunse in pochi anni e con costi irrisori i risultati che a Los Alamos erano stati raggiunti soltanto con enormi spese e dopo molti anni. Anche a Londra e Washington, del resto, i servizi segreti presero sottogamba il problema della scienza esoterica (troppo strana, roba da fumetto di Flash Gordon) che stava dietro l’inferno di Hiroshima. Presero sottogamba anche le idee politiche di Klaus Fuchs. Sapevano che da giovane era stato un comunista convinto e militante e che tuttora professava opinioni radicali. Ma era solo un professore, via, e non c’era scienziato atomico che non fosse per definizione un po’ pazzo e radicale. Alla fine, quando il team di crittografi e decodificatori del Progetto Venona (i cui risultati furono desecretati soltanto decenni più tardi) decifrò tra gli altri un messaggio che inchiodava anche Fuchs (insieme ai coniugi Rosenberg) ad attività spionistiche in favore del Cremlino, fu per tutti una sorpresa, Intelligence inglese in testa. Per di più Fuchs non spiava solo per il Cremlino, ipotizza Rossiter, ma spiava anche per gl’inglesi, che teneva aggiornati sui risultati delle ricerche americane in barba ai trattati internazionali, che vietavano ogni condivisione d’informazioni in materia d’armi nucleari. Prima di cedere e confessare i suoi rapporti col Kgb, Fuchs vendette cara la pelle, come le talpe di John Le Carrè nelle spy story di vent’anni più tardi. Affrontò con freddezza gl’interrogatori, evitò le scene di panico e si guardò bene dal chiamare Berija al soccorso. Ma la volpe è una, i cani tanti, e finì come doveva finire: con una confessione e una condanna a 14 anni di prigione. Ne scontò nove. Uscì di galera nel 1959 e riparò a Berlino Est.
Aveva evitato l’ergastolo, o peggio, perché l’Urss, all’epoca in cui Fuchs collaborava con l’Nkvd, era una potenza alleata e non nemica. Ci fu, a margine, anche una buffa e commovente storia d’amore: appena tornato in Germania, passate poche settimane, anzi pochi giorni, Fuchs sposò la sua più vecchia fiamma, Grete Kleison, già segretaria del segretario del Comintern Dimitrov e membro del CC del Kpd, che lui aveva conosciuto molti anni prima a Parigi, dove lei era una sperimentata combattente clandestina e che forse era stata anche il «masterspy», come si legge nei romanzi di spionaggio, che l’aveva reclutato nei servizi segreti sovietici. Erano stati lontani per 26 anni. Ma evidentemente non s’erano mai dimenticati l’uno dell’altro. Puro Festival di Sanremo, roba più borghese e decadente della meccanica quantistica. Fuchs passò a miglior vita nel 1988. Appena in tempo. In questo modo gli fu risparmiata l’umiliazione di vedere la Caduta del Muro di Berlino. Lui che aveva fatto tanto perché fosse eretto! Chissà quanto avrebbe sofferto!
Diego Gabutti, ItaliaOggi 9/9/2014