Giorgio Ghiglione, Pagina99 6/9/2014, 6 settembre 2014
L’AGONIA NOSTALGICA DEI SEXY SHOP
Per noi ragazzini era il luogo simbolo della trasgressione. A pensarci bene, però, non sapevamo cosa ci fosse dentro. Ma quando hai dodici anni i particolari non sono mai davvero importanti, quello che conta è l’idea che ci sia qualcosa di proibito a pochi passi da casa. E nulla come la parola “sexy shop” stuzzicava la curiosità di noi pre-adolescenti.
Allora era un momento d’oro per i sexy shop, che spuntavano come funghi, scatenando il terrore di molti amministratori locali. Aprire un negozio erotico costava poco e garantiva buoni guadagni, perché era l’unico posto dove trovare certe cose. Dall’altro lato il mercato dell’hard aveva tassi di crescita invidiabili, c’erano le star e la torta sembrava abbastanza grande per tutti. Poi, dal 2008, qualcosa è cambiato: i dvd sono crollati e la crisi ha convinto a tagliare gli acquisti non necessari. E così molti hanno abbandonato l’attività.
«Chi aveva solo videocassette o dvd se non ha chiuso lo sta per fare» spiega Saverio Ceretta Castigliano, proprietario dello storico sexy shop torinese Carpe Diem. Ceretta Castigliano è uno dei pionieri del settore, e il suo negozio nel quartiere Crocetta è aperto da più di 30 anni. «Quando abbiamo iniziato eravamo abbastanza clandestini, la merce ci arrivava di contrabbando», racconta. «Poi dal 1989 i sexy shop sono diventati una cosa normale e siamo stati i primi con vetrina su strada». Il fatto di avere una clientela affezionata e di essere specializzato in una nicchia precisa come il Bdsm gli ha consentito di sopravvivere là dove molti suoi colleghi – a Torino negli anni d’oro c’erano più di 40 sexy shop – sono affondati.
Oggi cerca un erede che porti avanti l’attività, perché «io sono rimasto un po’ indietro con la tecnologia. Lo darei volentieri a qualcuno che conosca bene le cose più nuove e abbia voglia di continuare con un’altra energia. Credo però che lo spazio per un negozio in cui si venda di tutto rimanga. Perché comunque ci sarà sempre qualcuno curioso di vedere le cose di persona».
Per paradosso la crisi del sexy shop avviene in un momento in cui l’erotismo è stato sdoganato da telefilm come Sex and the City e da libri come 50 sfumature di grigio. Non abbastanza per far risalire il settore, però. «Il momento attuale non è il migliore, oggi non consiglierei di aprire un sexy shop: è un settore che sente prima la crisi, non siamo essenziali. Abbiamo iniziato a rallentare verso il 2008 e ora abbiamo fatto un meno 30% rispetto all’anno scorso», spiega Giulio Sabatini, proprietario del milanese Sex Shop, il più vecchio d’Italia, dal 1970 nella centralissima zona Arco della Pace.
Il problema però non è solo legato alla concorrenza della rete, ma anche alla presentazione che i negozi danno di sé, sostiene Roberto Campisi, amministratore delegato di Faronet, società fra le più importanti nella creazione di sexy shop online. «In Italia per entrare nel negozio su strada devi citofonare ed essere in incognito ogni volta. Non è una cosa fattibile. Non dico che vorrei una cosa come Amsterdam, ma neanche blindare il negozio». Secondo Campisi i sexy shop su strada mantengono «margini di profitto soddisfacenti, ma sono destinati ridursi ai pochi già forti. Da un lato perché siamo un popolo ancora bigotto, e dall’altro perché i costi sono molto elevati. Il sexy shop su strada sta scomparendo. Come il dvd. Perché la gente deve uscire di casa mettendoci la faccia, online mandi l’ordine e in 24 ore arriva un corriere con un pacco al 100% anonimo.