Sergio Romano, Corriere della Sera 9/9/2014, 9 settembre 2014
I TROPPI STATI UCRAINI DI UNA LUNGA STORIA EUROPEA
È ormai fin troppo chiaro che l’Ucraina come la conoscevamo non esiste più e nessuno potrà farla tornare; la Crimea è ormai annessa da mesi alla Russia, e non credo proprio che qualcuno potrà mai chiedere ai russi di cederla; mentre le regioni del Donbass, già ribattezzate con la denominazione dell’epoca zarista «Nuova Russia», sono ormai state sottratte al controllo del governo di Kiev. Per quanto riguarda le future trattative, Vladimir Putin ha fatto intendere chiaramente che l’Ucraina dovrà per forza accettare una forte autonomia di quelle regioni.
Fabio Todini
fabiotdn@gmail.com
Caro Todini,
Lei allude implicitamente a una «vecchia» Ucraina, ma non è facile confrontare l’Ucraina, quella di oggi o quella di domani, con un modello storico preesistente. Intorno all’anno Mille, all’epoca del grande Vladimiro, esisteva in effetti un grande principato di Kiev, terra di passaggio dei mercanti scandinavi verso Bisanzio, provincia ecclesiastica del Patriarcato bizantino di Costantinopoli, culla spirituale di quello che sarebbe divenuto, al di là delle sue regioni orientali, il Ducato di Moscovia e, successivamente, lo Stato zarista dei Romanov. Ma temo che nessuno storico saprebbe dirci con esattezza quali fossero i suoi confini.
Più tardi il principato di Kiev, vaso di coccio tra vasi di ferro, divenne terra contesa fra i russi di Mosca, i polacco-lituani di Vilnius e Varsavia, i tatari di Crimea, i cosacchi del Don. Alla fine del Settecento, dopo le tre spartizioni della Polonia, l’Ucraina era ormai quasi interamente russa; ma erano divenute austriache, nel frattempo, quelle terre ucraine (Galizia e Volinia, con la città di Leopoli) che la Polonia aveva conquistato all’epoca della sua maggiore espansione. Nel grande calderone della Prima guerra mondiale tutto fu rimesso in discussione. Dopo la scomparsa dello Stato zarista, l’Ucraina divenne dapprima una sorta di protettorato tedesco, poi si divise fra due Repubbliche popolari (quella di Kiev e quella di Kharkov) e fu infine materia del contendere in una guerra fra la Polonia e la Russia sovietica che scoppiò nel 1919. Con la pace di Riga del marzo 1921, l’Europa assistette a una nuova spartizione ucraina: i russi ebbero l’Ucraina centro-orientale e i polacchi ripresero possesso delle terre, nella regione di Leopoli, che avevano perduto 150 anni prima.
Arriviamo così, saltando molti dettagli, al lungo periodo sovietico durante il quale l’Ucraina fu vittima della dissennata politica agricola di Stalin, ma anche destinataria di numerosi doni territoriali. Acquisì la Nova Rossija (teatro dei combattimenti di questi giorni) all’inizio degli anni Venti, la Galizia e Leopoli dopo la spartizione polacca del 1939, un seggio all’Assemblea dell’Onu nel 1945 e la Crimea, grazie alla generosità di Kruscev nel 1954. Erano doni formali a cui non corrispondeva alcuna sostanziale indipendenza. Ma il quadro sarebbe incompleto se non ricordassi che nella società dell’Urss e nel sistema sovietico, nelle istituzioni politiche, economiche e culturali, gli ucraini furono sempre trattati dal regime come i cugini diversamente russi di una stessa famiglia.