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 2014  settembre 07 Domenica calendario

LA TRAGEDIA DI UN SUPER POVERUOMO

La maggior parte dei filosofi nutrono una sorta di odio-amore per Nietzsche. Da un lato, infatti, mal tollerano il suo "dilettantismo" radicale e lo sprezzo per la filosofia come professione (da parte di uno che chiamava Kant e Hegel "operai della filosofia"). Dall’altro, non riescono a non ammirare le sue geniali intuizioni e i suoi colpi di teatro epistemologici. Pochi filosofi, però, sono in grado di restituire al lettore questo senso di ambigua ammirazione che circonda Nieztsche senza tradire il compito di fornire un quadro ragionevole e fedele della sua personalità e della sua opera.
Maurizio Ferraris, in questo suo Spettri di Nietzsche, riesce invece a pieno in questa missione ardua, offrendo al lettore una decostruzione intelligente, seria e molto ben scritta in italiano della figura del pensatore tedesco. Il Nietzsche di Ferraris è un geniale povero diavolo, in preda a una montante follia, ossessionato dalla voglia di diventare famoso, che girovaga per l’Europa senza fissa dimora (anche se preferisce l’Italia). Questa è la prima idea del libro: nel caso di Nietzsche la vita e il carattere del "personaggio" sono interessanti almeno quanto l’opera. Questo ne fa una sorta di pre-postmoderno, un theorist che ben comprende, come sanno gli esperti dello star system mediatico, che gli effetti sul pubblico sono spesso più importanti delle tesi sostenute. In questa cornice, si muove la dialettica tra l’eros della volontà di potenza e il sapore vagamente mortifero dell’eterno ritorno. Dal punto di vista più schiettamente filosofico, Nietzsche critica in questa ottica il positivismo per il suo dogmatismo troppo fiducioso nei fatti, ma prende altresì le distanze dal razionalismo dei filosofi ritenuto colpevole di ottimismo eccessivo. Questa è la matrice del famoso nichilismo nietzscheano di origine prussiana sicuramente, ma nutrito anche dall’ontologismo austriaco e dal radicalismo franco-russo.
La struttura profonda del nichilismo è da un lato – come è noto – il fallimento percepito della promessa religiosa di redenzione, ma dall’altro, più filosoficamente, un virulento anti-kantismo. Ferraris è bravo a chiarire il significato di quella che Nietzsche riteneva una colossale fallacia trascendentale. La fallacia in questione, che permea tutta la filosofia contemporanea, consiste nel pensare che l’ontologia non abbia una sua vita indipendente dall’epistemologia. Ma questa tesi rischia – sostiene Ferraris – di aprire le porte alle stravaganze post-moderne implicite nel motto «non ci sono fatti ma solo interpretazioni». Credere in qualcosa del genere implicherebbe non riuscire a distinguere il vero dal falso, il possibile dal fantastico e così via. In sostanza, la fallacia trascendentale di kantiana memoria, sottomettendo l’ontologia all’epistemologia, equivarrebbe a quella inesistenza di Dio che rende tutto lecito. Qui, francamente, non sono d’accordo con Ferraris: è difficile credere in un accesso diretto alle cose senza mediare attraverso le teorie. Ma si tratta di questioni di pura filosofia, su cui è davvero difficile dire chi abbia ragione. Invece, Ferraris ha sicuramente ragione nel sostenere che Nietzche era un predecessore non solo di Heidegger ma del Nazismo. Interessante, da questo punto di vista, la ricostruzione dei vari modelli di de-nazificazione di Nietzsche, da quello più teorico alla maniera di Bataille a quello più filologico di Colli-Montinari. In sostanza, Nietzsche appare come un personaggio a metà strada tra Zarathustra e Zelig, tra l’anti-Cristo e Guido Gozzano. Come a dire, un po’ eroe e un po’ patetico, ma con una straordinaria visione e un’eccellente capacità di mescolare elementi di pop culture e di pensiero alto. Per tutta la vita volle essere famoso, e ci riuscì al fine, ma solo quando la follia lo rese incapace di rendersene conto. Il sarcasmo della storia...
Sebastiano Maffettone, Domenicale – Il Sole 24 Ore 7/9/2014