Luca Davi, Il Sole 24 Ore 7/9/2014, 7 settembre 2014
«L’EURO SI DEPREZZERÀ NEL BREVE TERMINE»
CERNOBBIO. Dal nostro inviato
Banchieri e imprenditori ne sono convinti: l’euro è destinato a deprezzarsi nel breve termine. E per l’economia europea, e italiana in particolare, sarà un toccasana. È un coro di approvazione quello che si leva da Cernobbio all’indirizzo di Mario Draghi e alla mossa di abbattere il costo del denaro decisa in settimana.
Riuniti per il forum Ambrosetti, bankers e capi azienda si dicono convinti che il taglio dei tassi allo 0,05% può rappresentare la scintilla di un progressivo indebolimento della valuta unica sulle altre monete: a dirlo è il 70% dei partecipanti al workshop, secondo un sondaggio elettronico effettuato in platea. Dopo lo sfondamento del pavimento di quota 1,3 contro il dollaro, la prossima fermata, dicono molti osservatori, è fissata a quota 1,20. L’effetto immediato di questo indebolimento è rendere più competitive le esportazioni europee e spingere in alto i fatturati delle imprese. Gianni Zonin, oltre a essere imprenditore vinicolo, presiede Banca Popolare di Vicenza. «Lavoriamo molto con le aziende del Nord Est» dice il manager «un territorio fortemente vocato all’export». Un deprezzamento della moneta con cui si vende all’estero «può incidere più qui che altrove». L’auspicio è che il trend calante «continui, per scendere fino a quota 1,2 entro fine anno», aggiunge il manager.
Certo, un euro basso «non è la Panacea di tutti i mali», afferma il presidente di Bnl–Bnp Paribas Luigi Abete ma «per le imprese che esportano più l’euro è basso e meglio è». Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Mario Moretti Polegato, fondatore di Geox, gruppo d’abbigliamento con un fatturato da 800 milioni di euro, il 70% dei quali fuori dall’Italia. Grazie «alle mosse Bce le cose potrebbero cambiare in meglio», e «i volumi potrebbero risentirne positivamente».
I mini-tassi potrebbero agevolare gli investitori a fare carry trade, cioè a indebitarsi in euro per poi comprare titoli esteri (a maggiore rendimento) e lucrare sulla differenza. Così si indebolirebbe ulteriormente la moneta e si ridarebbe ancora più fiato alle esportazioni. Attenzione però a cantare vittoria. Perché il rovescio della medaglia di un euro più debole è il rincaro del dollaro: un boomerang per chi, come tante aziende italiane, deve importare materie prime, tutte denominate in valuta statunitense. Riccardo Illy non ne fa mistero. «Noi compriamo commodities come caffè e cacao quindi siamo acquirenti netti di valuta americana - spiega il numero uno del colosso del caffè - il taglio dei tassi rischia di non essere una buona notizia». All’aumento del prezzo delle materie prime è legato poi l’incremento generalizzato dei prezzi. «A rincarare saranno soprattutto le commodities energetiche - segnala Giovanni Bossi, a.d. di Banca Ifis - quindi c’è da aspettarsi un aumento del tasso di inflazione». Il miglioramento competitivo, poi, conclude Bossi, «non ci sarà solo rispetto al dollaro ma anche rispetto ad altre valute emergenti, come la moneta cinese».
Luca Davi, Il Sole 24 Ore 7/9/2014