Stefano Bartezzaghi, la Repubblica 7/9/2014, 7 settembre 2014
CHE DISPIACERE QUESTA LENTA MORTE DELLA SCRITTURA MANUALE
La Sacra Scrittura e la bella scrittura non vanno più d’accordo? Il Vaticano pare infatti aver deciso di non avvalersi più dell’opera di ben cinquanta maestri calligrafi, addetti alla stesura di pergamene cerimoniali, richieste e ben pagate da fedeli in virtuoso odor di feticismo per matrimoni, cresime, comunioni, battesimi, ordinazioni. Anche nell’enclave spirituale, che poi è anche il cuore, della penisola italiana arrivano i flutti della spending review: si è deciso che i dodici addetti assunti (il numero è apostolico) possono bastare all’ornamentale officio.
Con tutto quello che non solo la Chiesa ma la cultura occidentale in genere deve agli amanuensi e ai miniatori, dispiace certo un po’ che gli ultimi rimasugli di una solennità formale non riescano più a sostenersi economicamente. Simmetricamente, a tanti non comunisti spiacciono le secche in cui si è arenata l’Unità: la nostalgia è una merce così gradevolmente gratuita...
La scrittura manuale è attualmente mortificata, procombe sotto i colpi inesorabili della scrittura digitale. Ma se neppure la religione ne avverte non si dice la necessità ma il fascino vuole dire che i calligrafi — professionisti di un’arte non banale — devono cercare occupazione sul fronte almeno apparentemente opposto: il marketing, dove la loro opera può conferire quella connotazione di natura, di manufatto, di umanità non tecnologizzata tanto desiderata da noi consumatori. Una sorta di marchio bio culturale, insomma.
Peraltro da un Papa che si è presentato a Piazza San Pietro e all’ecumene tutta con un informale «Buonasera» ci si poteva aspettare una certa freddezza per gli esatti ghirigori dei virtuosi del pennino. Però, da profani, dal Vaticano ci si sarebbe aspettato un provvedimento più morbido. Un blocco del turnover, un commiato graduale, e ottimamente calligrafato, verso i lavoratori del calamaio. Quello che colpisce, insomma, non è la rinuncia al fregio: è l’asprezza brusca del frego con cui viene somministrata.
Stefano Bartezzaghi, la Repubblica 7/9/2014