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 2014  settembre 08 Lunedì calendario

RIINA E LE BALLE DELL’ANTIMAFIA DI CARTA

Ma è proprio vero, come sostenuto da alcuni quotidiani nei giorni scorsi, che Totò Riina, intercettato in carcere mentre parla col boss pugliese Lorusso, ha affermato di non aver baciato Giulio Andreotti ma di averlo incontrato in presenza della sua scorta? E Riina sapeva oppure no di essere intercettato? Recitava o era sincero nella consapevolezza di essere alscoltato? Quelle intercettazioni che tanto hanno mandato in sollucchero cronisti affermati e antimafiologi di professione, vanno dunque prese tutte per buone o possono essere cestinate perché «strategicamente» indirizzate? In mezzo ai dubbi una sola cosa è certa: ciò che finora tv e quotidiani hanno diffuso sulle parole di Riina a proposito del faccia a faccia con Andreotti potrebbe essere, se analizziamo attentantamente tutta (e non solo una parte) la trascrizione delle intercettazioni, il contrario della verità, uno «svarione» giudiziario, oltre che mediatico.

IL LABIALE
Secondo la vulgata corrente di questi giorni, Riina avrebbe detto di aver incontrato Andreotti in presenza della scorta e di non averlo baciato. Ma è davvero così? Vediamo. La frase cruciale di Riina («però con la scorta mi sono incontrato con lui») che secondo i quotidiani che l’hanno riportata proverebbe l’incontro, in realtà viene desunta dal labiale, perché la voce del boss - in quel punto preciso - proprio non si sente. E in 1.300 pagine di intercettazioni piene di «omissis» e «incomprensibile», solo in questo caso i tecnici applicano la lettura del labiale, che potrebbe rappresentare un metodo parziale di ripresa di tutte le parole pronunciate.

L’INCONTRO INESISTENTE
Ma il punto centrale è un altro. E cioè che Riina, in realtà, nega sempre, ripetutamente, di aver incontrato Andreotti in presenza della scorta. Un dettaglio che i bravi massmafiologi omettono di riportare. Nella trascrizione del colloquio del 29 agosto 2013, infatti, il Padrino insulta il suo autista-futuro pentito, Balduccio di Maggio, colui che ha parlato del famoso bacio: «Dice che mi ha accompagnato lui e mi sono baciato con Andreotti. Pa ... pa ... pa ... lui si è messo in una stanza ed io sono rimasto con Andreotti… ma questo figlio di puttana». Subito dopo aggiunge: «Però con la scorta mi sono incontrato con lui». Pronunciando questa frase, Riina sta solo riportando quanto Andreotti ha sostenuto nel difendersi dall’accusa di averlo incontrato, e cioè: ma se avessi voluto incontrare Riina, lo facevo con la scorta, cioè con pubblici ufficiali? Non è una libera interpretazione, ma quello che si desume leggendo acriticamente quanto il boss afferma dopo allorché dice che proprio questa versione dei fatti ha permesso ad Andreotti di «salvarsi». E infatti, quando il compagno di cella Lorusso afferma come «la scorta sua erano fidati (…) dal nucleo scorte ci metteva quelli che erano fidati suoi…», Riina ribatte: «Questi l’hanno salvato…questi l’hanno salvato…».

L’IMITAZIONE
Ma la conferma più cristallina del fatto che Riina in realtà parla «per» Andreotti e non per sé, in sostanza «imita» l’ex presidente del Consiglio, la si evince dalla frase appresso: «Ma io camminavo con la scorta! Io avevo la scorta...vediamo se mi sono incontrato con questo Riina...». E subito dopo aggiunge: «Minchia...ni vulivanu impirugghiatu (ci volevano fottere, ndr) a me e a lui ci volevano impirugghiari tutti e due...aria netta, si dice da noi, non ha paura dei tuoni. Aria netta, pulita, non si spaventa..non ce n’è tuoni. Ed è la verità». E poi di nuovo «ed è la verità». In sostanza Riina afferma che li volevano fregare tutti e due ma che Andreotti ha "resistito" con «aria netta», cioè con un argomento inoppugnabile («io camminavo con la scorta»), senza avere «paura dei tuoni». E poi aggiunge che è questa la verità, e cioè che Andreotti non avrebbe potuto incontrarlo in presenza della scorta né lui avrebbe accettato di farlo in presenza di pubblici ufficiali.

LE DICERIE
Riina poi si scaglia contro quelle che chiama «dicerie» di coloro che parlano del bacio e dell’incontro con Andreotti: «Per le dicerie che dicono...stravaganterie, perché sono tutti stravaganti (…) e poi ... non c’è niente», e torna su Di Maggio affermando che «questo mascalzone, amico mio, che è uscito da me ... mi ha accompagnato da Andreotti. Dove mi hai accompagnato da Andreotti?». Come vedete nega, non conferma l’incontro. Successivamente Riina si sofferma sulle dichiarazioni dei pentiti a proposito del famigerato incontro. Nega ancora: «Vedete...quanto sono mascalzoni (…). Dice...devo accompagnare a Totò Riina da Andreotti. Che dice che si sono baciati....C’è pure la testimonianza di Brusca Emanuele che gli ha detto «Andreotti...era mutato (vestito bene)... aveva la camicia ...(…)». Non solo fa dichiarazioni lui, ma fa dichiarazioni relato (de relato, ndr)». E di seguito: «Io gli dico...non mi sono baciato con nessuno, non conosco (…) la verità è che non lo conosco. Minchia, però, lui...minchia, fermo...».

IL PROCURATORE CASELLI
Nello stesso colloquio Riina afferma che i pentiti che parlano del bacio e dell’incontro li hanno «organizzati» gli inquirenti, in particolare un magistrato e fa il nome dell’ex procuratore di Palermo, Gian Carlo Caselli. Il riferimento non è supportato da alcun riscontro, parole in libertà come tutte le altre, ma queste hanno trovato zero spazio sui giornali.

LO SPUTO
Riina, poi, parlando del «collega» boss Bernardo Provenzano, nega ancora una volta i suoi rapporti con Andreotti, affermando che se ci fossero stati, di certo al suo "compare" Provenzano lo avrebbe detto: «Se era vero, che io ero amico di Andreotti, io glielo avrei detto a mio compare. Compare sapete voi che Andreotti e Riina non ha niente a che vedere (..)». Nel colloquio del 14 ottobre 2013, infine, Riina è definitivo: «Io avrei baciato a questo qua, io gli sputerei in faccia, se io lo incontrassi, gli sputerei in faccia! E lo devo baciare! (…). Gli sputerei». Ecco tutto questo che avete letto, altri lo hanno omesso e stravolto. Perché?

(1-continua)
Luca Rocca