Fabrizio Massaro, Corriere della Sera 8/9/2014, 8 settembre 2014
L’ACCUSA DI DAVIGO: CRIMINI DI STRADA? L’EMERGENZA FORTE È LA CORRUZIONE
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI CERNOBBIO — Tocca a Piercamillo Davigo, magistrato di Cassazione e memoria storica di Mani Pulite, scuotere il forum Ambrosetti con il richiamo a una grande emergenza del Paese, più trascurata nel dibattito sulle riforme: la criminalità. Ma non quella comune — molto più ridotta di quanto non sia percepito anche per l’enfasi dei media sui fatti di sangue — ma quella organizzata e quella dei reati economici come corruzione, falso in bilancio e riciclaggio. E anche l’altro magistrato presente a Villa d’Este, Raffaele Cantone, presidente dell’Authority anticorruzione, non è tenero: «Gli imprenditori corrotti vanno trattati come i collusi con la mafia, Confindustria deve cacciarli via».
«La vera anomalia, oltre alla criminalità organizzata, è la massiccia devianza delle classi dirigenti», denuncia Davigo. Sono d’accordo i due magistrati in prima linea oggi come ieri: serve un salto culturale nella percezione del pericolo e dei danni della corruzione. «Non c’è biasimo della società, non c’è un costo reputazionale nel commettere reati finanziari», spiega Davigo. «Quando Calisto Tanzi fu condannato, si meravigliò: “Ma come, mi tocca andare in carcere?”. In Usa per il falso in bilancio ti danno 10-20 anni, invece da noi c’è una sorta di amnistia per questi reati». C’è un altro punto dolente: l’inadeguatezza delle norme penali e processuali, che fa sì che la quota di detenuti per reati finanziari sia dello 0,4% contro una media europea del 4,1%. E questo nonostante i danni siano molto più grandi rispetto a quelli provocati dalla «criminalità predatoria da strada: le 45 mila parti civili nell’aggiotaggio Parmalat erano 45 mila vittime che chiedevano di essere risarcite. E spesso avevano investito i risparmi di una vita», mentre nello scippo perdi al massimo la pensione appena intascata.
Anche Cantone è duro: dagli anni 90 per la lotta alla corruzione «non si è fatto nulla. Si è fatto finta che fosse stata eliminata con le indagini». E la situazione è peggiorata con l’eliminazione del falso in bilancio e con la riforma costituzionale del titolo V (il federalismo): «È stato un danno enorme perché ha moltiplicato i centri di spesa ed eliminato ogni sistema di controllo sulla pubblica amministrazione», e da ultimo con la legge Severino che ha modificato le norme sulla corruzione.
Eppure la preoccupazione degli italiani sembra essere ancora la criminalità comune, nonostante il numero totale dei reati in Italia sia del 4,89% rispetto alla popolazione, meno che in Spagna (5,14%), Francia (5,52%), Germania (7,65%), Regno Unito (8,78%). Anche gli omicidi sono calati a quota 650, e molti sono commessi all’interno della cerchia familiare.
Anche sul numero di detenuti Davigo prova a fare chiarezza: in Italia ce ne sono 112,6 ogni centomila abitanti, contro una media Ue di 127,7: «Non sono troppi. Ciò che è intollerabile è la gravissima insufficienza dei posti disponibili, appena 45.700, il numero più basso d’Europa».
I dubbi dell’alto magistrato sono anche sulla riforma del processo civile: la promessa di definire in un anno i procedimenti grazie all’arbitrato potrebbe non avere successo perché molte cause sono liti temerarie promosse da chi non ha interesse a chiuderle presto. E la colpa — sostiene — è anche dei «troppi avvocati. A Giurisprudenza servirebbe il numero chiuso, come a Medicina».