Guido Santevecchi, Corriere della Sera 8/9/2014, 8 settembre 2014
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO — I
sette membri del Comitato permanente del Politburo comunista cinese erano allineati uno al fianco dell’altro il 3 settembre a Pechino: la data è stata scelta per celebrare con orgoglio la vittoria contro gli invasori giapponesi nella Seconda guerra mondiale. Sono mesi che il potere cinese non perde occasione per ricordare la ferocia dell’aggressione dell’esercito imperiale di Tokyo, che tra il 1931 e il 1945 costò la vita a 35 milioni di cinesi tra civili e militari. Le relazioni tra il presidente Xi Jinping e il governo giapponese di Shinzo Abe sono poco più che inesistenti: i due oltre che politicamente a quanto si dice si detestano anche personalmente.
Eppure, proprio il 3 settembre a Tokyo è successo qualcosa di assolutamente inatteso che potrebbe contribuire a disperdere la cortina di rancori e sospetti tra le due leadership. Akie Abe, la moglie del premier, ha ricevuto i corrispondenti delle agenzie di stampa internazionali e ha lanciato un messaggio: «Mi piacerebbe incontrare la first lady cinese Peng Liyuan, perché le mogli dei leader possono parlare tra di loro senza il peso degli interessi nazionali sulle loro spalle».
Akie, 50 anni, è un personaggio fuori dagli schemi tradizionali della politica giapponese che relegano le compagne dei primi ministri all’invisibilità o al massimo alla coreografia delle foto di gruppo ufficiali. La signora ama parlare con i giornalisti e ha delle idee sue, soprattutto in tema di politica nucleare: al contrario del marito, che vuole riaccendere tutte le centrali atomiche del Paese spente sull’onda dell’emozione per il disastro di Fukushima nel 2011, Akie ripete che «quando accade un incidente, le conseguenze sono terribili e non c’è niente da fare; quindi se ci sono fonti di energia alternative io le preferisco e vorrei che il governo non riattivasse i reattori». Per affermazioni come questa Akie Abe è stata definita «l’opposizione in famiglia del premier». La signora non è una sprovveduta. Viene da una grande famiglia di imprenditori, ha studiato in un esclusivo college cattolico di Tokyo, è stata dirigente in un’importante agenzia di pubblicità (alcuni a Tokyo sospettano che Akie critichi il marito dimostrandosi autonoma proprio per metterlo in buona luce, proiettando di lui un’immagine di uomo moderno che sa ascoltare il parere femminile).
Se davvero c’è una strategia politica familiare, anche le parole che Akie ha dedicato alla collega cinese Peng Liyuan ne fanno parte e assumono maggiore rilievo. «La trovo davvero bella, di stile e simpatica, ha un’aura», ha detto la first lady giapponese della moglie di Xi. Il vertice tra le due potrebbe svolgersi a novembre a Pechino, a margine della riunione dell’Apec, l’Associazione per la cooperazione economica Asia-Pacifico. I due leader potrebbero seguire il loro esempio. Anche Peng Liyuan è un caso unico nella storia della Repubblica popolare cinese: prima moglie di un leader a curare l’eleganza, si mostra in pubblico al fianco del marito, partecipa alle missioni internazionali. Akie e Peng sono coetanee, entrambe classe 1964. Se davvero si vedranno faccia a faccia a Pechino, dipenderà comunque dalle scelte dei governi presieduti dai mariti. Finora, nei due anni da quando sono in carica, Shinzo Abe e Xi Jinping non si sono mai nemmeno stretti la mano. Abe però ha mandato un altro segnale notevole di disponibilità a un disgelo negli ultimi giorni: ha chiamato nella sua formazione di ministri due esponenti noti a Tokyo (e a Pechino) come «filo-cinesi». Oltre all’omaggio a Peng, Akie Abe ha dedicato parte del colloquio con Associated Press e Reuters alle politiche economiche del marito, la famosa Abenomics. Alla signora non piace l’aumento dell’imposta sui consumi al 10 per cento, che è una delle «frecce» del piano governativo: «Meglio tagliare prima tutte le spese inutili, non vi pare?».
Per concludere, una confidenza sul privato del capo del governo imperiale: «Come sapete, noi abitiamo in un appartamento normale a Tokyo, abbiamo rinunciato alla residenza dei premier, io sono spesso fuori per il mio lavoro, così lui aiuta con le faccende di casa, qualche volta fa il bucato, butta la spazzatura, anche se magari sposta le cose male e debbo intervenire».
Guido Santevecchi