Giuseppe Videtti, la Repubblica 6/9/2014, 6 settembre 2014
“LA MIA VITA DI RISCATTO” DA MARCELLO ALL’OSCAR TUTTE LE VERITÀ DELLA DIVA SOPHIA LOREN
[Sophia Loren] –
ROMA
HA aspettato gli ottant’anni (li compie il 20 settembre) per raccontarsi. Non perché sia il tempo di fare bilanci, nella vita di Sophia Loren ogni tassello del puzzle è finito nel posto giusto, ma per il desiderio di cucire una storia intorno alle fotografie e alle lettere ritrovate in una vecchia scatola. A lei piace raccontarla così: è stata la calligrafia incerta di quella bambina di nove anni a mettere in moto l’idea di un volume di memorie — Ieri, oggi, domani (Ed. Rizzoli, 400 pagine di cui 64 fotografiche, 19 euro) in libreria dal 10 settembre. È il 4 giugno del 1943, il giorno dopo la prima comunione, Sofia (l’H, il primo vezzo glamour, ancora lontano da venire) scrive da Pozzuoli. «Cara nonna, ho ricevuto ieri la tua lettera con un assegno di lire 300. Ti ringrazio molto per l’interessamento che hai avuto per me, anzi, siccome non posso scrivere personalmente a papà perché non ne so più il suo indirizzo, mi farai tu il piacere di ringraziarlo per i soldi che mi ha mandato».
L’INFANZIA La letterina della bimba scura e secca che a scuola chiamavano Stuzzicadenti fu l’inizio di una strategia contro la vita che le tre donne di casa — Romilda, Sofia, Maria — misero in atto da sole e senza risorse per riscattarsi da quei disagi che l’attrice non ha mai mancato di sottolineare nelle poche interviste rilasciate: la guerra, la povertà, la fame. «Mio padre non c’era e mia madre era troppo bionda, alta, viva, e soprattutto non sposata. La sua bellezza eccentrica e sopra le righe mi metteva in imbarazzo. Sognavo una mamma normale e rassicurante, con i capelli neri, il grembiule stropicciato, le mani rovinate e gli occhi stanchi», scrive. Ma era proprio Romilda Villani, «mammina», il carro armato di famaggiorata, Aveva accarezzato il sogno di Hollywood e aveva perso il treno; non avrebbe permesso che le figlie ne perdessero un altro.
CARLO PONTI I rotocalchi dell’epoca non lo chiamarono principe azzurro; lei lui di oltre vent’anni più grande, c’era ampio spazio per le maldicenze. Eppure Carlo Ponti, il famoso produttore, entrò nella vita di Sophia in punta di piedi. «Dovresti sempre indossare dei tailleur», le disse mentre le porgemiglia. va il pacco infiocchettato di una famosa sartoria romana. Anche in questo caso è stata una fotografia a far riaffiorare la tenerezza: «La mano di Carlo che si posa lieve ad accarezzarmi la testa condensa in un piccolo gesto tutta la profondità del nostro sentimento. La giro e leggo: “Estate 1954”. È qui, durante le riprese della Donna del fiume , che capiamo finalmente di esserci innamorati», scrive Sophia. Sarà la storia a far piazza pulita del gossip, delle calunnie e della denuncia per bigamia. È stato «l’uomo ideale», l’amore di una vita che né Cinecittà né Hollywood hanno mai messo in crisi.
L’OSCAR 9 aprile 1962: Carlo e Sophia decisero di non partecipare alla Notte degli Oscar. «Se avessi perso, sarei svenuta. Se avessi vinto, sarei svenuta lo stesso». Fecero le ore piccole nella casa dell’Aracoeli «dove abitavamo insieme più o meno ufficialmente». La lontananza non le evitò il panico. Ma, ancora una volta, fu la strategia Scicolone a salvarla. «Era ormai molto tardi quando mi venne l’illuminazione. Il sugo, ecco, il sugo, che stupida dovevo pensarci prima. In cucina mi sarei sentita al sicuro, potevo distrarmi da questo vortice d’ansia che non riuscivo a placare. (…) Tagliai anche la cipolla per nascondere le lacrime e mi sentii subito meglio». Fu Cary Grant alle 6,39 del mattino a darle la notizia: «Sophia win!!!». La sua interpretazione ne La ciociara aveva trionfato.
MARCELLO MASTROIANNI Racconta di Totò e «dell’assillante » Cary Grant, di Omar Sharif e Audrey Hepburn, di Clark Gable e Peter Sellers, di Moravia e Gassman, di Peter O’Toole e Richard Burton, ma le parole più tenere sono per Mastroianni. Il partner ideale, come Ponti era l’uomo ideale. «Marcello, Marcello… La rincorsa del sole non sarebbe stata così intensa e ricca di soddisfazione senza Marcello». Dodici film che hanno lasciato il segno. «La prima volta, io avevo vent’anni e lui trenta. L’ultima io sessanta e lui settanta». Racconta che per farsi perdonare quando lo maltrattava per esigenze di copione si faceva perdonare cucinandogli i fagioli con le cotiche. Strategia Scicolone.
Giuseppe Videtti, la Repubblica 6/9/2014