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 2014  settembre 06 Sabato calendario

LA FAMIGLIA DEL SUD CHE FA I MIGLIORI CORREDI DA SPOSA

Vera stoffa da profondo Sud. «Noi ci salviamo con l’esclusività. Amiamo i toni tenui e solari del nostro territorio; per scelta professionale nonostante la concorrenza usiamo solo fibre naturali e continuiamo a realizzare i pregiati macramè ma se un cliente vuole lenzuola di lino nero ricamate con filo dorato siamo pronti ad accontentarlo».
Nero e oro, fa un po’ sepolcro! Per davvero, chiedo a Massimo Liso titolare con il fratello Gabriele della Tessitura Tre Campane, vi fanno simili ordini? «Certo che sì. I russi, per esempio, vogliono che decoriamo le tende da casa con brillantini swarovski. Nessun problema. Dalla lavorazione dei filati alla tessitura alla confezione facciamo tutto. Tovaglie, lenzuola, asciugamani, cuscini, materassi. Qualsiasi disegno, qualsiasi ricamo. Gli stranieri? Arrivano tramite architetti, frequentiamo le fiere di settore. Abbiamo anche un sito ma è un’arma a doppio taglio: s’allarga la clientela ma ci siamo accorti che i nostri articoli venivano copiati. Così, i più nuovi e originali non li mettiamo più in rete». Alessano, basso Salento. Al km 24 della statale 275 lontano dalla Puglia deluxe&kitch di masserie e borghi rifatti in una villetta-fabbrica, sede della Tessitura Tre Campane fondata nel 1950 da papà Michele, i Liso difendono con passione e contro ogni legge di mercato l’antica tradizione tessile della loro terra. Altre spose, altre nozze. Le cronache favoleggiano del fastoso matrimonio della figlia di un multimiliardario indiano? I Liso debbono molto alle spose. Quelle del Sud. Racconta Massimo: «In Calabria, Sicilia, Basilicata e Puglia, grazie all’usanza del corredo da dare in dote alle figlie abbiamo i migliori clienti. Lenzuola, tovaglie, tende: tutto deve essere abbinato. Quanti pezzi? Sono sincero. La dote deve essere di 100 pezzi di tutto. 100 lenzuola, 100 tovaglie, 100 asciugamani grandi, 100 piccoli ...». Mica male! E vi pagano? «Grazie a Dio sì», dice Liso, 42 anni, 3 figlie ancora piccole. Particolare: per le sue 3 sorelle («Una è sposata a un maresciallo, un’altra a un infermiere e l’ultima a un ristoratore») ovviamente chez Liso hanno tessuto assai. «Hanno avuto una superdote, ben oltre i 100 pezzi. I pizzi migliori, come dice nostra madre Angela, vanno ai figli!». Addio spugne made in Asia in questo Sud dagli splendidi intrecci. Tra vecchi telai e banconi ricoperti da variopinti tessuti su un grande cartello Massimo ha scritto la storia del macramè, il merletto a nodi arrivato in Salento con le invasioni arabe e turche e sapientemente rielaborato dalle donne salentine.
Piccole, grandi epopee. Se Michele Liso da Andria invece di lavorare nelle campagne di famiglia a soli 15 anni andò a imparare il mestiere in una tessitura e, con i primi risparmi, a 20 anni fondò la sua ditta difendendola con molti sacrifici tra alti e bassi («Nel 1968 fidandosi di una stretta di mano si trasferì a Salve. Perse tutto, finì in ospedale. E’ ripartito da zero grazie anche a un vicino, Salvatore De Saldo, che non avendo figli ci aveva preso a cuore e ai suoi amici delle officine tessili di Milano e Busto Arsizio») Massimo conserva con l’archivio di 1500 disegni fatti dal padre anche i suoi preziosi insegnamenti. «Prima di tutto non prendere in giro la gente. Esempio: le multinazionali per fare veloce trattano il lino con amidi. Da lui ho imparato che quando devo tessere e fa troppo caldo bisogna mettere un lenzuolo bagnato sui fili di lino quando invece è umido una coperta di lana. In questo modo il lino non perde la sua naturalezza. Quando tocchi un tessuto è come se lo dovessi amare!». Non solo. Girando per il Salento con Gigi Nicolardi, un amico architetto, Liso ha raccolto i segreti delle donne più anziane. «Di giorno lavoravano nei campi di tabacco e a casa portavano gli spezzoni di spago per tessere anche i tipici coprimaterasso a righe. Quanto al macramè finora ho raccolto 150 tipi di annodature dai nomi più strani: pizzichetta, rospo, tarantella, piramide. Non devono andare persi. Sono l’eredità di donne forti e stupende che hanno sacrificato la loro vita raccogliendo le foglie di tabacco e lavorando ai telai».
Chiara Beria Di Argentine, La Stampa 6/9/2014