Fulvio Abbate, il Fatto Quotidiano 6/9/2014, 6 settembre 2014
PAOLO FERRERO, L’ULTIMO COMUNISTA DA TALK SHOW
Il piemontese Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista, o ciò che ne resta in forma di federazione con il Pdci che un tempo avanzava ai cortei con il faccione di Cossutta a scanso di equivoci estremistici, è persona garbata e degna di massimo rispetto plebiscitario, dove il senso della tolleranza che gli viene forse anche dall’appartenenza alla comunità dei Valdesi, così averlo visto l’altra mattina in affanno tra gli ospiti di Agorà, Raitre, ci è sembrata cosa non buona né giusta. Ci ha ricordato addirittura la crudele barzelletta dell’ossobuco narrata, un tempo, dal compianto Gino Bramieri: c’è un signore che scommette di vincere anche la porzione dell’amico, alla fine è sua, peccato però quel giorno l’ossobuco non sia previsto nel menu, oh, maledizione!
Già, il punto non riguarda l’attendibilità degli argomenti offerti dal comunista Ferrero, (nei talk-show ciò che conta è la prontezza, non certo il ragionamento, il pubblico a casa, anzi, ricorderà soprattutto la battuta, meglio se grossolana, se così non fosse d’altronde un’ospite di scarsa consistenza politica come Alessandra Mussolini non avrebbe seguito e pacchi di ammiratori), temi che scrutano innanzitutto ciò che marxianamente, sia detto senza offesa, definiremmo la “struttura”, ossia lavoro, salario, capitale, e ancora occupazione, sindacato, pensioni, costo della vita, parametri economici, ecc.
Così, come nel caso dell’uomo cui viene negato il premio dell’ossobuco della barzelletta in bianco e nero di Bramieri, allo stesso modo a Paolo Ferrero si negava d’esistere sul piano inclinato della discussione, nonostante l’evidente discrepanza qualitativa tra lui e alcuni suoi dirimpettai lì in studio: non penserai mica che possa esserci spareggio possibile tra Ferrero e Michel Martone, o con il pur amabile per maschera e contegno Ignazio Abrignani di Forza Italia, no? D’altronde anche la concretezza delle obiezioni del giornalista tedesco Udo Gumpel trovavano scarsa attenzione, un po’ per antipatia diffusa verso ogni forma di invito al senso di responsabilità e un po’ perché chi fa troppo il serio in televisione può essere visto perfino come zampirone caccia ascolti, peggio se straniero: e che cazzo ci vuole dire questo che viene da fuori?
Il mite Ferrero, a un certo punto, si è trovato perfino costretto ad abbandonare la sua risaputa misura – “tra poco smetto di essere educato” (sic) – nel caso non gli fosse stato consentito di replicare ai suoi cinici interlocutori, e qui forse, per onestà verso lo stato delle cose, ci sembra proprio il caso di aggiungere le nostre sensazioni sul sottotesto mediatico che riguarda ormai l’esistenza stessa delle opzioni di sinistra, se non addirittura comuniste, ovvero una sorta di immenso “ancora tu?” Dove il successivo “...ma non dovevamo vederci più?” è foriero, al di là delle oggettive responsabilità delle parti in causa, del grande adagio della semplificazione dialettica che probabilmente ci ucciderà tutti. Ferrero libero!
Fulvio Abbate, il Fatto Quotidiano 6/9/2014