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 2014  settembre 07 Domenica calendario

Trasmettere i propri pensieri, o leggere ciò che passa nella testa altrui, è stato sempre un sogno dell’uomo

Trasmettere i propri pensieri, o leggere ciò che passa nella testa altrui, è stato sempre un sogno dell’uomo. Fin dai suoi primi passi nella Storia. Telepatia in amore, ai fini del potere, come potente «arma» in guerra, per leggere le mosse di un nemico o per carpire informazioni a chi non vuole rivelarle, in medicina per comunicare con persone paralizzate o incapaci di parlare. Un sogno che comincia a materializzarsi con la telepatia hi tech, sperimentata con successo il 19 agosto da un gruppo di ricerca internazionale. Forse primo passo (molto embrionale per ora) di una nuova era. Simile a quella che già percorriamo virtualmente nei romanzi o nei film ambientati nello spazio, in universi paralleli, in anni neanche tanto lontani nel futuro (Babylon 5 dove ci sono esseri umani ogm telepatici, per esempio, si svolge nel 2068). Il 19 agosto, quattro persone, due in Francia (Strasburgo) e due in India, sono riuscite a scambiarsi «buon giorno», «arrivederci», «ciao», solo collegando i loro cervelli via Internet. Niente di scritto, nessuna parola. Seduti a circa 8 mila chilometri di distanza gli uni dagli altri. L’esperimento, pubblicato sulla rivista scientifica PlosOne è stato realizzato utilizzando un casco dotato di elettrodi che registrano i segnali cerebrali di una persona e li trasmettono ad un Pc che, dopo aver convertito i segnali in codice binario, a sua volta li invia via Internet ad un altro computer. Questo, a sua volta, li traduce in impulsi luminosi e li invia al caschetto della persona ricevente. Complicato, ma solo a parole. «Volevamo vedere se era possibile comunicare direttamente tra due persone leggendo le attività cerebrali della prima e poi trasmettendole a un’altra a grandissima distanza tramite i sistemi di comunicazioni esistenti», spiega Alvaro Pascual-Leone, neurologo della facoltà di medicina della bostoniana università di Harvard, co-autore della ricerca. Allo studio hanno preso parte anche fisici e neurologi dell’università di Barcellona, dell’azienda di robotica e neuroscienze spagnola Starlab e della società francese Axilium Robotics . Quello del 19 agosto è stato un primo passo dopo una decina di anni di tentativi non proprio di successo. Pascual-Leone è anche fondatore dell’azienda Starlab, produttrice di caschi per elettro-encefalografie senza fili o wi-fi, che ha promosso l’esperimento (per questo c’è chi ha paventato un conflitto di interessi). I volontari sono stati posti davanti ad uno schermo su cui si muoveva una palla e invitati a pensare di alzare una mano quando la palla passava sulla parte superiore dello schermo, informazione tradotta dal computer come «1». E a pensare di tracciare un cerchio con il piede quando si muoveva in basso, gesto tradotto con «0». Una serie di 140 bit sono stati inviati dalla sede indiana a quella di Strasburgo e poi trasmessi al cervello, grazie all’utilizzo di robot di stimolazione magnetica transcranica. Nel 2013, neurobiologi dell’università Duke della Carolina del Nord (Stati Uniti) erano riusciti a trasmettere informazioni tra due ratti tramite una forma di telepatia. Attualmente è anche in sperimentazione per i malati di Sla un prototipo che collega ordini cerebrali a varie tecnologie utili per il malato. Sigmund Freud, padre della psichiatria, alla telepatia credeva. Nel 1909, insieme con il suo allievo ungherese Ferenczi, fece una serie di esperimenti su una sensitiva berlinese. Nello stesso tempo svolse esperimenti di telepatia con la figlia Anna. In una lettera del 1911 scriveva a Jung: «In fatto di occultismo sono diventato molto umile dopo la grande lezione degli esperimenti di Ferenczi». Occultismo? Sì, perché all’epoca il termine tedesco okkultismus designava scientificamente quell’insieme di fenomeni chiamati in altre lingue parapsicologia, metapsichica, ricerca psichica, telepatia. Anche la telepatia era okkultismus . Mario Pappagallo EDOARDO BONCINELLI Non si tratta di telepatia nel senso tradizionale del termine, ma comunque di qualcosa di fantastico e quasi fantascientifico: trasmettere parole, elementari, da un cervello a un altro a 5.000 miglia di distanza, «senza fili». È possibile? Sì, non facile ma possibile. Il trucco sta nel trasformare onde cerebrali in onde elettromagnetiche, che poi vanno amplificate e trasmesse. All’altro capo del sistema ci sarà un ricevitore all’origine di una serie di operazioni inverse. Occorrerebbe ovviamente avere qualche particolare in più e mettere l’occhio sulla statistica del sistema — quante volte su cento il gioco riesce? 70, 90 o addirittura 100? — ma non vale la pena di prenderla per la classica «bufala estiva». Sappiamo da tempo trasformare segnali cerebrali in segnali elettromagnetici, per aiutare persone gravemente paralizzate e costrette all’immobilità. In questa maniera sappiamo anche muovere con precisione estrema un arto meccanico nei cosiddetti esperimenti di Bci, brain computer interface, interfacciamento di cervello e computer. Quello che c’è in più qui è la trasmissione senza fili e la distanza, ma certo questo non è un problema, dai tempi di... Marconi. Detto che non è impossibile, che scenari si aprono per il futuro sulla base di questa certo non usuale notizia? Pericoli per la «lettura del pensiero» non ce ne sono; se il primo individuo non vuole trasmettere nulla, nulla viene trasmesso. Se però i due soggetti sono consenzienti si potrebbe mettere su una gigantesca comunità di conversanti: un social network globale per tutto e per tutti. Vista la frequenza e l’assiduità con la quale molte persone usano il cellulare, c’è da credere che la cosa prenderebbe piede. Scherzi a parte, tutto ciò potrebbe essere l’avvio di una nuova fase della nostra evoluzione culturale con la formazione di una comunità cerebrale, se non neurale, di soggetti liberamente ma facilmente comunicanti. Chi vede il demonio dappertutto inorridirà, ma chi ha fiducia nell’uomo potrebbe intravedere brillanti opportunità.