VARIE 6/9/2014, 6 settembre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - I FUNERALI DEL RAGAZZO NAPOLETANO
Napoli: tensioni, blocchi e lacrimogeni al corteo per Davide. La madre: "Quel carabiniere deve marcire in carcere"
E’ tornata sotto controllo la situazione a Napoli dove in seguito al corteo di protesta per la morte di Davide Bifolco, ucciso ieri a 17 anni dopo essere stato raggiunto da un colpo di pistola partito dall’arma di ordinanza di un carabiniere, un centinaio di manifestanti avevano bloccatro l’accesso alla rampa della tangenziale.
Gli agenti in tenuta anti sommossa hanno tolto i caschi incassando un applauso dei manifestanti. Le camionette della polizia hanno lasciato via Marco Aurelio, dove prima si erano fronteggiati forze dell’ordine e manifestanti.
La situazione era diventata tesa dopo il presidio di via Cinthia, a poca distanza dal luogo nel quale è stato ferito mortalmente il 17enne, è nato un vero e proprio fiume di gente che ha attraversato le strade del Rione Traiano, dove abitava Davide, che si è poi diretto nuovamente in via Cinthia, trafficata arteria stradale che conduce allo stadio San Paolo e dove si trova anche il commissariato di polizia di zona.
"Deve marcire in carcere, non deve avere un’ombra di pace per tutta la vita". Ha detto con la voce rotta dal pianto Flora, la mamma di Davide. La donna ha guidato sotto una pioggia battente il corteo di protesta al Rione Traiano. Al suo fianco il fratello del giovane, Tommaso. "I delinquenti sono loro, dovrebbero tutelarci. Quel carabiniere deve pagare". Poi si rivolge rivolge idealmente al militare che ha sparato a Davide "Cosa hai provato quando l’hai ucciso? Ti sei addormentato la notte?"."Lasciatelo a noi per dieci minuti".
FOTO: IL CORTEO | LE SCRITTE CONTRO LE FORZE DELL’ORDINE
Tante le madri vestite di bianco con i bambini. Alcuni intonano cori contro le forze dell’ordine, altri invocano giustizia. La mamma del giovane, che durante il corteo ha avuto un lieve malore ed è stata accompagnata per qualche minuto al bordo della strada. Il corteo ha poi sostato davanti alla caserma dei carabinieri del Rione Traiano davanti alla quale si è schierato un cordone di polizia in assetto antisommossa.
C’è stato un faccia a faccia durante il quale gli organizzatori della protesta sono riusciti a tenere calmi i manifestanti. La presenza sul luogo ha voluto essere, hanno spiegato gli organizzatori, "un segnale lanciato ai carabinieri senza ricorrere alla violenza". Qualcuno ha mostrato sulla faccia dei poliziotti una foto con il volto del ragazzo ucciso.
Lungo il percorso il corteo ha incrociato due auto in borghese delle forze dell’ordine, una delle quali finita nel mirino di alcuni facinorosi che hanno preso a calci la vettura e sfondato il lunotto posteriore. Gli organizzatori della manifestazione, tra i quali uno dei fratelli della vittima, hanno preso le distanze dal gesto
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Le indagini. I carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli ai quali i magistrati hanno affidato le indagini sulla morte di Bifolco, sono alla ricerca di telecamere collocate lungo il tragitto dove si è svolto l’inseguimento fino alla sua tragica conclusione. Le telecamere del Comune di Napoli sono risultate tutte disattive; le ricerche sono quindi concentrate su telecamere private di negozi e condomini. Si lavora anche per stabilite l’identità del terzo giovane che si
trovava sullo scooter insieme con Davide e Salvatore Triunfo, il conducente del mezzo, di 18 anni. Secondo i carabinieri si tratterebbe di Arturo Equabile, ricercato per evasione dagli arresti domiciliari e ’obiettivo’ dell’ inseguimento dei militari. Per amici e familiari della vittima sul mezzo c’era un altro ragazzo di nome Enzo che ha dichiarato di essere scappato dopo il fatto per paura
Le reazioni. "Come tutti i napoletani, anche io sono profondamente scosso da questa tragedia, perché é inaccettabile che un ragazzo possa morire in questo modo, a 17 anni. Siamo dunque vicini alla sua famiglia in queste ore drammatiche. Devo dire che la mancanza di chiarezza, poi, contribuisce a non affievolire l’inquietudine. Auspico con tutto il cuore, anche avendo fatto il magistrato, che già nelle prossime ore, soprattutto dopo la autopsia, la magistratura possa fare chiarezza su quanto accaduto. Oggi però vorrei soffermarmi su questa tragedia, sulla morte di un ragazzo di 17 anni. E non accetto la teoria colpevolista, che pure vedo circolare, fondata sul fatto che il ragazzo fosse napoletano e provenisse da un quartiere difficile.. Lo ha affermato ai microfoni di RaiNews24 il sindaco di Napoli Luigi de Magistris.
"Ho sempre fiducia nell’accertamento dei fatti da parte della magistratura ed e’ giusto che chi abbia responsabilita’ penali o civili, paghi". Lo ha detto il presidente del Senato, Pietro Grasso, commentando con i giornalisti quanto avvenuto a Napoli. "E’ normale che sia cosi’", ha aggiunto facendo riferimento all’accertamento delle responsabilita’. "E cosi’ deve essere", ha concluso da Cernobbio.
"La morte di un ragazzo, di un diciassettenne, èun dramma per la famiglia, per gli amici.
Comprendo il dolore. Si accerteranno le responsabilità e sarà necessario verificare tutti gli aspetti sull’episodio, cosa che sta facendo la magistratura per questo ci vuole prudenza nei giudizi". Così il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro. Per il governatore però "è anche il momento per confermare la stima ed il rispetto per il lavoro che fanno tanti ragazzi nell’arma dei carabinieri, nella polizia, nelle forze dell’ordine".
"Sono sconvolta dal pensiero che un ragazzino di 17 anni sia morto in quel modo. Sono sconvolta da quello che continua ad accadere e dal modo in cui ogni volta si cerca di deviare l’attenzione rispetto al fatto gettando fango sulle vittime. Mi auguro che per Davide non sia così". Così Ilaria Cucchi commenta i tragici fatti del Rione Traiano.
"Capiremo meglio con il passare delle ore ma sembra evidente che abbia perso la vita in seguito al fermo dei carabinieri da un colpo partito dalla loro arma - prosegue - Non posso non pensare a quello che avviene sistematicamente in queste vicende. "La prima cosa che voglio fare è incontrare i famigliari di questo ragazzo, la cui vita purtroppo da due notti fa è cambiata per sempre tragicamente".
"Prego per i ragazzi, per i genitori, per tutti perchè si faccia tutto il possibile per evitare queste situazioni dolorose che veramente fanno lacrimare il cuore". Lo ha detto il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli. "Sono vicino - ha affermato - esprimo tutta la solidarietà ai familiari e a tutti e offro la mia preghiera, soprattutto, affinchè il Signore dia forza e coraggio per sostenere una prova così difficile".
"Sono molto addolorata e colpita per questo fatto tremendo. Ogni volta è straziante. Possibile che non ci sia modo di fermare questa strage?". E’ il commento di Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi. "La dinamica andrà accertata, ma questi casi sono senza dubbio troppi, resto allibita ogni volta", aggiunge. Alla famiglia di Davide, "posso solo mandare tutto il mio affetto", conclude.
REAZIONI
ROMA - "La morte, soprattutto se di un giovane, è sempre una tragedia. Ma fermarsi all’Alt dei Carabinieri è un obbligo". Lo scrive su Twitter il segretario della Lega nord Matteo Salvini in riferimento al tragico episodio che ha portato alla tragica morte del giovane Davide Bifolco a Napoli. Lo scooter su cui viaggiava il giovane, insieme ad altri due amici, non si è fermato all’alt dei carabinieri.
Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha telefonato, si legge in una nota dell’ufficio stampa del sindaco di Napoli, "alla mamma di Davide Bifolco, la signora Flora, per esprimere il suo cordoglio e la sua vicinanza, impegnandosi in prima persona, in qualità di primo cittadino, affinché sia fatta piena luce su quanto accaduto". Il sindaco di Napoli, prosegue la nota, incontrerà, nei prossimi giorni, i familiari del ragazzo.
Oggi pomeriggio è previsto un presidio di solidarietà alla rotonda di Via Cinthia nei pressi del luogo dove il ragazzo è morto. Intanto scritte contro la polizia sono comparse anche a Roma su un muro di viale Carlo Felice. Le scritte, alcune anche pro Palestina, sarebbero una trentina. Tra queste: "Sbirri assassini pagherete anche Napoli", "Acab", "Boicotta Israle", "Free Palestine", Chucky sempre vivo il tuo ricordo", "Ciao Chucky", "Per sempre ribelli", "Digos merde", "Antifa sempre infami".
"Sbirri assassini", a Roma scritte contro gli agenti dopo la morte del 17enne a Napoli
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Lunedì è prevista l’autopsia sul cadavere del diciassettenne, che potrà fare luce sulla dinamica dei fatti: insieme con l’autopsia sarà eseguita anche la perizia balistica. Gli incarichi delle due consulenze sono stati disposti dai magistrati che conducono l’inchiesta, i procuratori aggiunti Nunzio Fragliasso e Luigi Frunzio e dal pm Manuela Persico. I carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli ai quali i magistrati hanno affidato le indagini sulla morte del ragazzo sono alla ricerca di telecamere collocate lungo il tragitto dove si è svolto l’inseguimento fino alla sua tragica conclusione. Le telecamere del Comune di Napoli sono risultate tutte disattive; le ricerche sono quindi concentrate su telecamere private di negozi e condomini.
Ragazzo ucciso, scritte contro lo Stato al rione Traiano
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Solidarietà alla famiglia di Bifolco è stata espressa da Ilaria Cucchi: ""Sono sconvolta dal pensiero che un ragazzino di 17 anni sia morto in quel modo. Sono sconvolta da quello che continua ad accadere e dal modo in cui ogni volta si cerca di deviare l’attenzione rispetto al fatto gettando fango sulle vittime. Mi auguro che per Davide non sia così".
"Sono molto addolorata e colpita per questo fatto tremendo. Ogni volta è straziante. Possibile che non ci sia modo di fermare questa strage?", ha commentato Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi. "La dinamica andrà accertata, ma questi casi sono senza dubbio troppi, resto allibita ogni volta", aggiunge. Alla famiglia di Davide, "posso solo mandare tutto il mio affetto", conclude.
Sulla morte di Bifolco è intervenuto anche il presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro: "La morte di un ragazzo, di un diciassettenne, è un dramma per la famiglia, per gli amici.Comprendo il dolore. Si accerteranno le responsabilità e sarà necessario verificare tutti gli aspetti sull’episodio, cosa che sta facendo la magistratura per questo ci vuole prudenza nei giudizi".
Per Caldoro "è anche il momento per confermare la stima ed il rispetto per il lavoro che fanno tanti ragazzi nell’arma dei Carabinieri, nella Polizia, nelle forze dell’ordine".
Nel messaggio successivo, Salvini ha twittato: "Bella serata con gli amici della #Lega a Romanengo. Moschea a Crema? No, grazie!".
IL PROFILO FACEBOOK DEL RAGAZZO
Sul web è ancora Davide Bifolco ("ò pàzz"). Sorride nell’immagine che lo ritrae in una piscina idromassaggio. Fotografie, post, commenti, emothicon, video condivisi. Ancora. L’amore per la fidanzatina e il rimpianto per la ex, ma anche la rabbia, il tifo, i pensieri, i sogni. C’è di tutto. Il ritratto di un ragazzo che tra venti giorni avrebbe compiuto 17 anni è tutto lì, sulle pagine di Facebook. Un diario continuo e aggiornato. A tu per tu con il suo mondo. Davide ne esce come tanti altri ragazzi della sua generazione. Tra passioni e contraddizioni. Con la voglia di vivere: "Come un Leone affronto la vita!! E passo dopo passo, supererò ogni Salita!!", scrive. Pagine pubbliche e pagine private.
Davide utilizzava una funzione di Fb che gli consentiva di decidere chi e cosa mettere on line. Alla portata di tutti o solo dei più intimi. E scorrendo a ritroso gli ultimi mesi di vita, quelli pubblici, si apre una finestra sulla sua personalità. Le questioni di cuore sono in pole position. Storie passionali e delusioni, scrive con le classiche abbreviazioni da socialnetwork, un modo per essere come gli altri coetanei: nn, bn, ke, perké, qnd. È il 31 luglio quando il ragazzo riflette, dopo una giornata iniziata con un radioso "Buongiorno" rivolto alla fidanzatina, sul suo rapporto. "Oramai senza lei nn sarò nnt più, l’amo". La frase ottiene subito consensi da record, 451 condivisioni. Più ce ne sono, meglio è.
Per Davide, come per tutti i ragazzini, è il riscontro della popolarità, il riscatto sociale, l’affermazione della propria identità, il riconoscimento di uno status. Poi, però, c’è il ruolo del maschio che ci tiene a dire la sua. Che se non la dice non conta niente. E come con altri diciassettenni, non mancano colorate prese di posizioni. Eccolo che si esprime in dialetto, con un’intensità espressiva che dà più forza alle parole e ne sintetizza il contenuto: " Me vuò sta a sentì a me? Faa a femn, e parl buon cà vokka". L’espressione ha meno followers, appena 24 lo sottoscrivono, ma il ragazzo del rione Traiano continua, e ribatte " Ma quandij sciem stann cacciann a cap a for..." prima di concludere con una risata " ahahahhaha jaaa iatv a kukka ca si no v fann kukka buon...". Il 12 luglio, ancora un pensiero sulle donne: " Sti femn nu stann propij bon ca cap".
Ma la sua giovane vita, quantunque spesa in un ambiente difficile dove il disagio sociale è la costante quotidiana, non gli ruba un frammento di saggezza etica. Lo ha sentito dagli altri, ma Davide ci tiene a riscriverlo su Facebook che "La morte nn si augura a nessuno picciò statev nu pok zitt...". A rileggerla oggi, a distanza di poche ore dalla tragedia, l’espressione suona come un presagio. E sempre sul filo dell’etica, eccolo a postare il pensiero della notte, sempre rivolto alla fidanzata davanti a cui sa mettersi a nudo con un "Se tutto fosse facile... nulla sarebbe interessante!". Segue l’emothicon col cuoricino. Una tenerezza da teenager. "Meglio di così nn sono mai stato lo giuro!! BuonaNotte anche a te amore mio" è il post del 18 agosto, mentre il 12 si era lasciato andare: "È sempre bello stare con te, sei sempre la mia vita". E due giorni prima c’era stata la confessione di un ragazzino innamorato: "Oramai senza lei nn sarò nnt più, l’amo".
Davide è attivo su Facebook come tutti gli adolescenti. Posta foto e condivide video, commenta quelli degli altri, ne aggiunge di suoi. La sua ragazza si affida a un copia-e-incolla per dirgli quanto l’ama. E così gli dedica un quadretto. Una testimonianza d’amore presa chissà dove: "Perché a me basta che tu mi stringa forte a te, che solo nelle tue braccia posso sentirmi sicura. Buonanotte amore mio, sogni d’oro". L’8 luglio in rete c’è il Davide che si arrabbia e pubblica in bacheca il social video contro gli aumenti della benzina. "Guardate il costo della benzina in Venezuela, che schifo in Italia quanto è cara, fatelo girare". Le immagini, le foto sul diario, i suoi compagni di vita e di quartiere, quelli che lui definisce " Ji e i frat mieje" sono tutti in quelle pagine che ieri sono state visitate da migliaia di persone. Pronte a sbirciare tra le pieghe di un ragazzo come tanti. C’è Davide con una sigaretta in bocca e gli occhiali, Davide che ride al mare, Davide che fa le boccacce. C’è ancora lui dall’aspetto prepotente, ma c’è anche lui dall’aria intimidita davanti all’obiettivo. La sigaretta, gli amici, il gruppo, la partita. Spezzoni di vita, ricordi di qualche anno fa. E oggi, anzi ieri, i curiosi si sono scatenati. A commentare, a condividere il dolore della famiglia. Ma anche a censurare la demagogia di quelli che strumentalizzano la tragedia.
Urla contro le forze dell’ordine "assassine" e commenti spietati: "Se l’è andata a cercare" o "i carabinieri dovevano farli fuori tutti e tre". Hanno postato da Napoli e da Bari, da Milano e da Potenza. Esplosioni di solidarietà e odio: "Siamo vicini alla famiglia e al loro dolore. A quel carabiniere dovrebbero ammazzare il figlio" e rigurgiti di razzismo come "A Milano non sarebbe successo", oppure "perché stavano in tre sul motorino senza casco e senza patente"? Alle otto di ieri sera, Gaetano, un ragazzino di 15 anni, commenta così: "Grandi condoglianze alla famiglia del ragazzo ucciso, il quale pulito o non pulito, non meritava certo di morire a diciassette anni. Il carabiniere credo che subirà le conseguenze per ciò che ha fatto, si pentirà sicuramente avendo sulla coscienza la
morte di un ragazzino. Infine, credo sia spiacevole litigare sul profilo di una persona defunta". E invece è accaduto proprio questo, la rissa sul web e il litigio in diretta. Nel nome di Davide, di una vita spezzata in una notte di fine estate.
PEZZO DI REPUBBLICA.IT DEL 5 SETTEMBRE
Viaggiavano in tre su uno scooter e non si sono fermati all’alt dei carabinieri. Durante l’inseguimento, uno dei fuggitivi, Davide Bifolco, un ragazzo incensurato di 17 anni (li avrebbe compiuti il 29 settembre prossimo), è stato ucciso da un colpo di pistola, partito pare accidentalmente, da un militare. È accaduto nella notte a Napoli, nel quartiere Traiano. Subito sono esplose le proteste e centinaia di persone sono scese in strada sfogando la loro rabbia: un’auto della polizia è stata completamente distrutta e altre sono state danneggiate. Ressa di familiari e conoscenti del giovane anche all’ospedale San Paolo, dove si trova la salma che dovrà essere sottoposta ad autopsia.
Il carabiniere è indagato per omicidio colposo. E’ indagato per omicidio colposo il carabiniere che ha ucciso il ragazzo. Il militare, un 22enne in servizio alla Radiomobile, è stato già interrogato dal pm Manuela Persico, titolare dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso.Il militare "è indagato, trattandosi di un atto dovuto anche a garanzia dello stesso". E’ quanto si afferma in una nota del procuratore aggiunto di Napoli, Nunzio Fragliasso. L’autopsia non verrà eseguita prima di lunedì "occorrendo dare preventivo avviso ai familiari del defunto". Le indagini, comunque, sono "dirette a ricostruire l’accaduto senza trascurare alcuna ipotesi". Nel comunicato si parla della "tragica morte" del giovane e si sottolinea che il pm di turno si è recato subito personalmente sul posto "procedendo in prima persona agli atti istruttori urgenti, ivi compresi le audizioni dei protagonisti della vicenda". La Procura di Napoli assicura che "le indagini proseguiranno celermente da parte dell’Arma dei carabinieri che sta prestando piena collaborazione alla procura per l’accertamento dei fatti nella consapevolezza della delicatezza dell’episodio che ha determinato la dolorosa perdita di una giovane vita".
Davide Bifolco, ucciso a 17 anni: le foto da Facebook
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Fuggito un latitante. In caserma, fermato dai militari dell’Arma, c’è un secondo occupante del mezzo, il 18enne Salvatore Triunfo, precedenti per reati contro il patrimonio e danneggiamento. I carabinieri invece hanno identificato e ricercano il terzo occupante dello scooter, un latitante con precedenti per reati contro il patrimonio, evaso dai domiciliari a febbraio scorso.
La prima ricostruzione. Nel corso di un servizio per il controllo del territorio i carabinieri del Nucleo radiomobile di Napoli hanno notato tre persone in sella a uno scooter che stavano percorrendo, secondo la ricostruzione dei militari, con fare sospetto il viale Traiano. Secondo quanto riferito dai carabinieri, i tre non si sono fermati all’alt ed è nato un inseguimento che si è concluso su via Cinthia, quando il conducente dello scooter in corsa ha preso un’aiuola perdendo il controllo del mezzo, urtando l’auto dei militari e cadendo a terra.
La mappa
Subito dopo la caduta uno dei sospetti, inseguito da un carabiniere, è riuscito a fuggire a piedi facendo perdere le tracce. Mentre l’altro militare stava bloccando gli altri due, ha accidentalmente esploso un colpo con la pistola d’ordinanza che ha raggiunto il ragazzo di 17 anni. Il giovane è stato soccorso e portato all’ospedale San Paolo, dove però è giunto senza vita. L’Autorità giudiziaria, subito intervenuta sul posto, sta sentendo alcune persone per ricostruire l’esatta dinamica dei fatti.
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Il racconto della mamma. "Quando gli ha sparato non l’ha visto in faccia? Quel carabiniere non ha visto che Davide era un bambino?". La signora Flora non fa che piangere. Racconta gli ultimi istanti di vita del figlio Davide. "Ieri sera è venuto da me, aveva freddo e mi ha chiesto un cappellino - racconta Flora - mi ha detto: ’Mamma, faccio l’ultimo giro col motorino e torno a casà. Poi, mi sono venuti a chiamare, volevano i documenti. Sono scesa in strada e ho visto Davide a terra. Ho cercato di muoverlo, l’ho preso per il braccio, ma non si muoveva più. Era già morto". "Ora, se ha il coraggio, quel carabiniere deve uccidere anche me, perché mi ha ucciso mio figlio" aggiunge la mamma di Davide.
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La rabbia del fratello. "E’ stato un omicidio, non s’inventassero scuse. E’ stato un omicidio", dice tra le lacrime nel rione Traiano, Tommaso Bifolco, fratello di Davide. "Non è caduto durante l’inseguimento - aggiunge - è stato speronato e ucciso".
"Mio fratello è stato colpito al cuore. E dopo, quando lui era a terra, i carabinieri hanno anche avuto il coraggio di ammanettarlo e di mettergli la testa nella terra. Aveva la polvere in bocca, mio fratello", aggiunge con rabbia Tommaso. "Io mi vergogno di essere un italiano. Ora lo Stato, chi ci chiederà scusa per quello che è successo? - dice Tommaso - Mio fratello era un ragazzo d’oro, mai droga, mai rapine, mai nulla. Non voleva proseguire gli studi e io lo stavo convincendo a fare il mio stesso lavoro, l’ascensorista. Stava facendo solo un giro nel quartiere con il suo motorino, e per questo a Napoli si deve essere uccisi? Qui di morti ne vediamo tanti ma stanotte un intero rione è sceso in strada e sapete perché? Perché non è stato ucciso un camorrista ma un ragazzo innocente".
Secondo il fratello del ragazzo ucciso, Davide non si è fermato all’alt dei militari "perché guidava uno scooter non suo, non era assicurato e non aveva il patentino". "La mia famiglia non aveva soldi per comprare un motorino a Davide - aggiunge - Forse si è spaventato, forse voleva evitare il sequestro del mezzo e per questo non si è fermato davanti alle forze dell’ordine".
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L’amico. Enrico ha ancora lo sguardo spaventato. Ripete, quasi a memoria, quel che ha vissuto stanotte. Era a bordo di uno scooter insieme ad un amico, accanto a Davide. "Stavamo percorrendo un viale quando ad un certo punto una macchina dei carabinieri è andata contro lo scooter di Davide. E’ iniziato l’inseguimento, è stata puntata la pistola e Davide è stato ucciso - dice ancora - l’hanno ammanettato come il peggior dei criminali, nonostante fosse già stato colpito". "Davide era un bravissimo ragazzo - aggiunge Enrico - per me era un fratello. Giocavamo a calcio, scherzavamo tra di noi. Non eravamo delinquenti, stavamo soltanto facendo un ultimo giro prima di tornare a casa".
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Proteste in strada. Alle 2.45 è avvenuto il ferimento da parte del carabiniere del 17enne e poi il decesso del ragazzo in ospedale, al pronto soccorso del San Paolo, dove era stato immediatamente portato. Durante il sopralluogo per i rilievi, la gente, parenti e amici dei tre in scooter, è scesa in strada. Poi la tensione, gli insulti alle forze dell’ordine e il danneggiamento di due volanti e due gazzelle parcheggiate in strada. Anche per due gazzelle con finestrini infranti. Alle 3.30 la situazione era tornata normale e i residenti rientrati nelle loro abitazioni.
"Stanotte eravamo a centinaia contro i carabinieri che hanno ucciso Davide - racconta la signora Annalisa - c’erano anche i nostri figli, perché quello che è successo è una vergogna. Loro ci dovrebbero difendere e invece hanno ucciso un ragazzino innocente. Qui, al rione Traiano, i Carabinieri non li vogliamo più".
Ed è la polizia a presidiare l’ospedale San Paolo di Napoli, dove si è creata una situazione di tensione. Una ressa di persone, parenti e amici del 17enne ucciso, presidia infatti l’ala in cui è stata trasportata la salma a disposizione dell’autorità giudiziaria per l’autopsia.
Davanti alla casa del fratello di Davide, al rione Traiano, ci sono ora alcune decine di persone, amici e abitanti del quartiere.
Il precedente. Il 31 luglio scorso, a Cardito, nel Napoletano, un incidente analogo. In quel caso Antonio Mannalà, 27 anni, già noto alle forze dell’ordine, aveva appena rapinato una coppia di fidanzati e la pallottola che lo ha colpito mortalmente partì mentre veniva ammanettato.
Reazioni su Facebook - Messaggi di cordoglio ma anche polemiche in questi minuti sui social network per la morte di Davide Bifolco. Sulla pagina Facebook del suo profilo, solo parzialmente pubblico, è il giorno del dolore.
Gli addii iniziano a comparire numerosi sulla sua pagina, lasciati anche da chi non lo conosceva. C’è chi gli scrive "riposa in pace", chi sceglie di ricordarlo dedicandogli una canzone e chi scrive "con il sorriso ti voglio ricordare". Ma in tanti polemizzano sul modo in cui è stata spezzata la vita di un ragazzo così giovane e chiede che sia fatta giustizia.
"Ma per le forze dell’ordine è sempre un colpo accidentale?! Ma finiamola và! Cosa vuoi che abbia fatto di cosi grave un ragazzo di 17 anni, sarà stato solo un po’ spavaldo a nn fermarsi, ma mica era un terrorista", scrive un utente. "Io vorrei vedere come si spara colpo accidentale - aggiunge un altro - come attenuante al processo quanto ha peso sta stronzata?".
Sofferenza, rabbia. Altri messaggi sono ancora più duri e pieni di insulti. Lo slogan "a. C. A. B" (all cops are bastards) sopra la scritta "ti posso solo pisciare in testa", evidentemente dedicata alle forze dell’ordine. Poi altri post con emoticon tristi che piangono tra molti cuoricini. E’ il profilo facebook di lucia b., un’amica di Davide.
"E ancor nun c crer", ancora non ci credo, scrive lucia, che ha cambiato la sua immagine del profilo con una foto di davide. Come ha fatto anche federica a., un’altra amica del ragazzo, che scrive "nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta. Non si può accettare una cosa del genere.
Faremo giustizia per te!".
Intanto anche sulla bacheca del profilo di davide si moltiplicano i messaggi di condoglianze, i r. I. P. E varie minacce ai carabinieri: "auguri a quel carabiniere tutto il male possibile, deve pagare per quello che ha fatto", scrive la lulu, "non c’è persona più infame dello sbirro" rincara giuseppe b.
Il sindaco: "Morte tragica". "Esprimo profondo dolore per la tragica morte di Davide, un ragazzo di appena 17 anni". Lo ha detto il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, interpellato dall’Ansa. "Il pensiero - ha proseguito de Magistris - è adesso rivolto alla sua famiglia, scossa da questo drammatico lutto, che ferisce anche tutta la nostra città e le istituzioni". De Magistris ha auspicato che "già dalle prossime ore, ci possa essere un quadro più chiaro circa la dinamica dei fatti".
BUCCINI SUL CORRIERE DI STAMATTINA
Sabato 6 Settembre, 2014
CORRIERE DELLA SERA
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una Morte assurda nel Sud perduto
Non ci sono spiegazioni decenti. A nemmeno diciassette anni, morire dovrebbe essere vietato per legge. Sicché la morte di Davide Bifolco, ucciso l’altra notte a Napoli da un carabiniere, è di quelle che sulle prime lasciano vuoto e silenzio. Tuttavia il silenzio non eviterà, domani o dopo, altre storie così. Allora bisogna provare a capirla la fine incomprensibile di questo piccolo napoletano incensurato, col ciuffo, gli occhiali da nerd , il cappellino degli Yankees da bancarella, con una famiglia di «precariato sociale» (quanto più la realtà ci sfugge, tanto più siamo bravi a impacchettarla in eufemismi pudichi): e, soprattutto, con due assurdi amici in sella allo scooter, un giovanissimo pregiudicato e un latitante (in tre e senza casco sul motorino, sì, così è Napoli, ed è male: ma non c’è la pena di morte per questo).
Per riempire il vuoto che l’ha inghiottito, dobbiamo almeno sforzarci di guardare il posto dove Davide è caduto: il rione Traiano. Davanti allo sgomento per la morte di un agnello, bisogna forse leggere il racconto di un lupo. «…fin da ragazzino mi ero reso conto che attraverso l’illegalità si riusciva a ottenere tutto quanto necessitava alla famiglia. Mio padre era l’esempio lampante di questa logica conclusione», scrive Mario Perrella, detto Marittiello . Chi era costui? Il boss di Traiano, che poi s’è fatto vent’anni di galera, s’è pentito, ha pubblicato un libro («Camorra», con Antonio G. D’Errico). Suo padre — l’esempio lampante — era un contrabbandiere, pieno di falsi certificati di medici corrotti o spaventati, buoni a fargli ottenere la pensione d’invalidità. Una vita traballante e sgarrupata, come questo quartiere laurino sgorgato dal caos dei primi anni Sessanta, venticinquemila anime, pochi servizi, casermoni popolari, molto abusivismo. Alla sua fidanzata, Marittiello non regalò anelli o collier ma una calibro 38: era il tempo della guerra di droga col clan Puccinelli, quaranta morti in due anni, una mattanza a ogni angolo. La ragazza, con quel gingillo, diventò il killer più temuto del clan. Per amore, solo per amore, s’intende: a Napoli l’amore, l’ammore , è del resto un brand serio e molto sbandierato.
Questo era, ed è, il rione dove è cresciuto Davide, una strettoia umana a sud-est della città, sognando Fuorigrotta poco lontana e già ammantata di un sospirato alone di perbenismo. Un rione di raccordo ai margini di Soccavo e della vita senza patemi, un dormitorio di sigle stratificate nel tempo, Iacp, Ina, Incis. In posti così i carabinieri sono visti non molto diversamente da come i lazzari potevano guardare i soldati dell’Italia appena unita: piemontesi, stranieri, occupanti, nemici. Napoli non da oggi pullula di zone simili, strettoie umane nelle quali il rifiuto delle regole è pane quotidiano, le vedette controllano i punti di passaggio, l’ingresso in una via o in un vicolo richiede un permesso dell’anti-Stato. Scriviamolo chiaro: non c’è una giustificazione plausibile per il carabiniere che ha sparato a Davide; i carabinieri hanno il compito di difenderli, i ragazzini, e di salvare specialmente i ragazzini come lui. E questa semplice realtà non potrà essere modificata nemmeno dalla ricostruzione definitiva dei fatti, per adesso tanto divergente nelle versioni della famiglia e dell’Arma. Tuttavia il clima di guerriglia rende certamente molto difficile giudicare a freddo l’operato di uomini in divisa assediati dal buio della notte e dall’ostilità di tanta parte della popolazione. C’è un pezzo di Napoli che ha divorziato dall’Italia. Quel pezzo che dice «se almeno Davide fosse stato armato…», oppure «la camorra ci difende, lo Stato ci ammazza», quel pezzo che assalta le Volanti, ora con le lacrime di dolore agli occhi, ieri con la rabbia per l’arresto di qualche parente camorrista. Ma c’è anche un pezzo d’Italia che ha divorziato da Napoli: quell’infame segmento razzista che infesta i social network con commenti come «senza casco, in tre sulla moto, con un pregiudicato... napoletani... i carabinieri hanno sbagliato perché dovevano sparare a tutti e tre». Davide è caduto così, in questa faglia della nostra umana pietà e della nostra unità nazionale che oggi ha le sembianze del rione Traiano: dove l’illegalità diffusa contagia e uccide. In un Sud quasi perduto, il vero spread che l’Italia non può permettersi.
Goffredo Buccini
FULVIO BUFI SUL CORRIERE DI STAMATTINA
Rivolta per il diciassettenne ucciso Il carabiniere indagato per omicidio
«Con un latitante non si è fermato all’alt». La madre: era un bambino
NAPOLI — Lo stradone che porta nel Rione Traiano è largo e con un cordolo di cemento al centro. In piena notte il grosso scooter con tre ragazzi in sella lo imbocca a tutta velocità piegando a destra da via Cinthia, la rampa che sale dallo stadio San Paolo. Dietro lo scooter sgomma un’auto dei carabinieri. Per liberarsene i ragazzi approfittano di una stretta apertura del cordolo e cambiano carreggiata, ma non tengono conto dell’altra pattuglia del radiomobile che sta venendo in senso contrario e che inchioda ma non riesce a evitarli. Cadono, i tre, ma si rialzano e scappano a piedi verso le palazzine dei baraccati, che sono palazzine normali e non baracche, ma in questo quartiere ogni angolo è ribattezzato in qualche modo. Uno dei ragazzi sparisce nel buio, un altro inciampa e in un attimo gli sono addosso e lo ammanettano. L’altro ancora è disorientato, ha la faccia da ragazzino: fa per scappare andando verso un’aiuola che gli aprirebbe una via di fuga, ma va anche verso i carabinieri. Ed è in quel momento che cade, ma non inciampa, lui. Cade perché gli arriva addosso un proiettile calibro 9 e gli squarcia il petto. Da pochi metri uno dei carabinieri ha sparato. Per errore, dirà poi. Ma lo ha ammazzato.
Sono le tre del mattino in una delle zone più complicate di Napoli. Meno famosa di Scampia e di Forcella, ma non meno piena di piazze di spaccio e di criminali grandi e piccoli. Quello che ora giace sull’asfalto è il corpo di Davide Bifolco, che avrebbe compiuto 17 anni il penultimo giorno di questo mese. Scappavano, lui e i suoi amici, perché uno dei tre era un latitante, dicono al Comando provinciale di Napoli. Un latitante rimasto tale perché sarebbe quello che ce l’ha fatta a fuggire. I carabinieri lo avevano adocchiato nella stessa zona già qualche ora prima, ma quello, con il suo Honda SH si era infilato nei vicoli della Loggetta, a ridosso del Rione Traiano, e se l’erano perso. Però stavano continuando a cercarlo, perché è chiaro che da quella zona non si sarebbe allontanato. E allora, pure se a mezzanotte il loro turno era finito, le due pattuglie avevano continuato a girare. Finché hanno incrociato di nuovo un SH e hanno creduto di riconoscere il latitante in uno dei tre sullo scooter. Pochissimi minuti dopo l’inseguimento — iniziato quando la moto non si è fermata all’alt — era già diventato una tragedia. Che ha ancora scene da raccontare. Perché pure se sono le 3 di notte, c’è un pezzo del Rione Traiano ancora sveglio. Sono i ragazzi che stanno nella sala giochi proprio di fronte a dove Davide crolla. Sono i «baraccati» delle palazzine popolari. Sono quelli del Parco Verde in fondo al 44, che chiamano così perché da quelle parti c’era lo stazionamento dell’autobus con questo numero. La voce che Davide è stato colpito dai carabinieri ci mette pochissimo a diffondersi. E se Flora, sua mamma, è la prima ad arrivare e a chiamarlo inutilmente cento volte («Ma non lo hanno visto che era un bambino?»), dietro di lei si raduna una folla di un centinaio di persone. E al Rione Traiano comincia una notte di rivolta. Contro i carabinieri, contro la polizia (che ci rimetterà due auto). Poi, però, all’improvviso tutto si placa, e ci sarà pure una spiegazione a questa improvvisa calma.
Il pensiero più inquietante è che dietro ci sia una regia al contrario del Sistema, come al Rione Traiano — dove il linguaggio gergale è diffuso — chiamano la camorra. E cioè che i clan non abbiano voluto che la rivolta andasse avanti perché i casini non fanno bene agli affari. Viene in mente girando il giorno dopo per il quartiere, dove non si vede una pattuglia e dove le piazze di spaccio sono tutte regolarmente presidiate e aperte.
Lungo il vialone, dove Davide è morto, rimangono un mazzo di fiori e i racconti di chi dice che i carabinieri dopo avergli sparato gli hanno anche messo le manette, e di chi sostiene che sullo scooter non c’era nessun latitante (per la cronaca, il ricercato — per furto — si chiama Arturo Equabile, e il ragazzo fermato, e rilasciato dopo una denuncia per favoreggiamento e resistenza, Salvatore Triunfo, ha piccoli precedenti, lo scooter — senza assicurazione — è intestato a suo padre e pure lui sostiene che con loro non c’era Equabile ma un altro). E resta pure una domanda, alla quale però l’inchiesta della Procura (l’appuntato trentaduenne che ha sparato è indagato per omicidio colposo) non potrà rispondere: perché a Napoli ci sono ancora ragazzini che, come Davide, hanno smesso di andare a scuola e invece se ne vanno in giro in moto alle 3 di notte su moto fuorilegge, con gente fuorilegge e scappano quando vedono i carabinieri?
Fulvio Bufi
MARCO IMARISIO SUL CDS DI STAMATTINA
Sabato 6 Settembre, 2014
CORRIERE DELLA SERA
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«Qui hai sempre torto». Tra i dannati del rione
Lo spaccio e le «case degli sfollati». Il volontario: volevo togliere i ragazzi dalla strada
DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — «Devi fare il servizio?» Alla risposta negativa l’uomo con cappellino da baseball e pitbull d’ordinanza al guinzaglio replica con una via di mezzo tra la domanda e l’affermazione. «Ah, allora hai già fatto».
Davide Bifolco è morto a trenta metri da uno slargo tra i palazzi grigi di via Catone che è una delle sette piazze di droga del rione. Lo spacciatore fa l’offerta avvicinandosi al finestrino dell’auto in movimento che per forza deve rallentare in mezzo a strade che sembrano budelli. Il suo sguardo rivela un misto di curiosità e stupore. Qui un forestiero può solo comprare droga, non c’è altra ragione per la sua presenza. Gli indirizzi li conoscono tutti, nessuno si nasconde. Tutto avviene all’aria aperta, mentre mamme con passeggino e pensionati camminano sui marciapiede di fronte.
Alla fine le facce feroci dei ragazzi e le loro parole di rivolta producono l’anta di un mobile in finto legno chiaro appoggiata a terra per nascondere le macchie di sangue, sul quale sono appiccicati con lo scotch un mazzo di gigli bianchi e la foto di Marek Hamsik, il centrocampista del Napoli. Nient’altro, di più non si può. A rione Traiano la democrazia è un concetto piuttosto etereo. «Ci hanno detto che non possiamo farlo» spiega Michele Guarracino, che ha diciassette anni, era un amico, e abita alle «case degli sfollati», così si chiama il blocco verso il quale stava fuggendo Davide, perché all’inizio degli anni Settanta ci misero dentro i rifugiati politici libici in fuga dal colpo di Stato del colonnello Gheddafi. La rabbia non deve intralciare gli affari, le barricate e i roghi attirerebbero gli «sbirri» come mosche sul miele, si metterebbero di traverso anche all’unica vera attività produttiva della zona.
C’è sempre qualcuno che decide, a rione Traiano, che dispone della rabbia e della frustrazione altrui come fosse proprietà privata. Inutile chiedere a Michele il nome e il cognome di quelli che hanno ordinato che non si può. Li conoscono tutti e si fanno anche riconoscere. Uno di loro, un certo Massimo, sulla cinquantina, capelli bianchi ben curati, distribuisce perle di saggezza, buon senso e vittimismo a taccuini e microfoni, conditi con un aspetto elegante, mocassini da vela e polo firmata. È un ex tossicodipendente salito di grado, che rifornisce le piazze di clienti e di materia prima quando finisce. Anche lui, come gli altri rimasti nel rione, conta poco. I capi veri, i camorristi delle famiglie Puccinelli-Perrilla che si contendono in un’eterna faida con i Grimaldi di Soccavo il controllo della più grande centrale di spaccio d’eroina di Napoli e forse d’Europa, vivono lontano da questa periferia non distante dal centro della città.
«Qui non c’è niente. Questo è un posto dove hai torto anche quando hai ragione». All’ingresso c’è la statua della Madonna, subito dopo un tavolo da biliardo e una stanza dove si gioca a carte. Dall’altra parte di corso Traiano c’è il circolo Aldo Moro dell’associazione Maria Santissima dell’Arco. Carmine Garnieri lo aprì nel 1969, ne è il presidente, ancora oggi che ha 84 anni. «Volevo tirare via i ragazzi dalla strada». Lui era qui fin dall’inizio. Lavorava come impiegato all’università quando alla fine degli anni Cinquanta cominciarono a costruire le piccole palazzine in mattoni rossi, che dovevano dare un tetto a chi non ce l’aveva più per i bombardamenti in tempo di guerra e viveva nella baraccopoli di via Marina.
Ogni fallimento urbano nasce dalle buone intenzioni, e questo non fa eccezione. I migliori architetti napoletani disegnarono e progettarono aree verdi e collegamenti urbani, doveva essere la prima periferia moderna d’Italia. Fecero le case, sempre più alte, si dimenticarono del resto. Sui giornali di inizio anni Settanta la parola «ghetto» veniva già accostata a rione Traiano.
La strada con il nome dell’imperatore romano divide il quartiere in due. Davide ha avuto sfortuna. Il motorino scendeva da via Cinthia, che è Traiano inferiore, la zona che confina con Fuorigrotta e un commissariato poco distante. Ogni tanto, non molto spesso, una volante si affaccia a dare un’occhiata, come accaduto la scorsa notte. Traiano superiore è invece terra di nessuno e di soliti noti, dove lo Stato risulta non pervenuto, non si impegna neppure ma getta la spugna senza troppa dignità. Dentro queste vie strette a comandare sono quelli come il distinto Massimo la «mazzamma» della camorra, i pesci di poco valore che si acquistano al mercato.
Il nonno di Davide si chiamava Tommaso, vendeva gli stracci al mercato ed era socio del circolo a suo tempo dedicato alla memoria di Moro. I suoi avventori sono di una certa età, nessun ragazzo, poche persone sotto la quarantina. Era nato come un presidio, sembra un rifugio. Garnieri si ricorda ancora di quando al posto di via Cinthia c’era un fiume. Alle pareti ci sono le sue foto con i politici in visita, nelle più recenti si riconoscono Paolo Cirino Pomicino e Antonio Di Pietro. «Quante promesse, quante delusioni, quanto abbandono». Accanto al circolo di viale Traiano c’è un recinto di lamiere che delimita un cantiere abbandonato che contiene uno scheletro in cemento armato alto dieci metri. Sono i resti della stazione Cumana, mai portata a termine. «Se ci fossero le strutture, se ci fosse qualcosa, forse questi ragazzi potremmo salvarli». Nell’uso del condizionale c’è già l’ammissione di una sconfitta, il segno di una resa. Vista da rione Traiano, come è lontana l’Europa.
Marco Imarisio