Umberto Brindani, Oggi 3/9/2014, 3 settembre 2014
VeENT’ANNI, UN MILLENIO Bang bang clack-clack-clack puckapuckapuckapucka...». No, non sono impazzito
VeENT’ANNI, UN MILLENIO Bang bang clack-clack-clack puckapuckapuckapucka...». No, non sono impazzito. Quello che ho riportato è il sound delle vecchie macchine per scrivere secondo Tom Hanks. Qualche settimana fa il grande attore americano ha architettato e messo in Rete una App gratuita (azzeccato anche il nome: Hanx Writer) che, installata sui tablet, permette di scrivere riproducendo alla perfezione sia l’asperro grafico sia rumore antico dei martelletti che picchiano sulla carta. I nostalgici del bei tempo che fu possono così tornare a «battere a macchina», andando a capo manualmente solo dopo il familiare "ding!" di fine riga. L’invenzione di Hanks è balzata in testa alle classifiche delle applicazioni più scaricate, segno che forse erano in molti a rimpiangere il datarissimo clackuack-clack-ding!, persone come me che anche sull’iPad pestano sui tasti virtuali come indemoniati, ignorando le dolci carezze allo schermo tipiche della touch generation, e inanellando più refusi che parole. Quelli di una certa età, diciamo oltre o intorno ai 50, so per certo che mi capiscono al volo. Gli altri, be’, non saprei. I più piccoli credono ciecamente nella magia dello scorrimento del dito, e se c’è qualcosa da premere, da «schiacciare» come si diceva una volta, vanno in crisi. Teenager e ventenni conoscono il potere del pulsante, ma stanno vanificando secoli di studi sull’evoluzionismo mettendo in discussione uno dei cardini del darwinismo, e cioè la funzione del pollice opponibile, o prensile: il dito non serve più per afferrare gli oggetti, ma per digitare messaggini su Whatsapp o scattare selfie, anche a tavola, anche in bagno, anche per strada, anche se travolti da uno tsunami. I trenta-quarantenni hanno vissuto il passaggio dal personal computer al tablet, ma le macchine per scrivere le hanno viste forse al museo o nella fiction su Adriano diverti (ah no, scusate, la tv non la guardano). Ci sono oggetti e comportamenti che, più che dimenticati, sembrano non essere mai esistiti. Per esempio, come posso spiegare ai miei figli che per telefonare bisognava essere a casa o in una cabina telefonica? E stare fermi sul posto, perché la cornetta (si chiamava così, non posso farci nulla) era attaccata a un cavo (Ma dai, papà...», mi risponderebbero). Chi potrebbe credere, oggi, che per mandare un messaggio a qualcuno dovevi scrivere su un foglio di carta, infilarlo in una busta, procurarti un francobollo e cercare una cassetta postale? Che viaggiando in auto ti orientavi grazie alle cartine stradali e a litigate epiche con il "navigatore" (la moglie o la fidanzata, di solito)? Che la musica non si scaricava, ma anzi per sentirla occorreva comprare dei manufatti chiamati dischi, depositarli su un piatto rotante chiamato (con poca fantasia) giradischi e appoggiarci sopra con estrema delicatezza arnese chiamato puntina? Attenzione: tutto questo non nel Mesozoico, ma poco più di ventanni fa. Un amen. Guarda un po’ dove mi ha portato quel diavolo di Tom Hanks... Non vorrei venire scambiato per un passatista: amo la tecnologia, la uso, a volte ne abuso, anche se cerco di non esserne schiavo. E spesso mi chiedo: ma come facevamo senza i telefonini? Come era possibile viaggiare senza il navigatore? Fare una ricerca senza Google? Scattare al massimo 36 fotografie se non avevi il rullino di riserva? E aspettare giorni o settimane per vedere la foto medesima? Come si scaldavano i cibi prima dell’avvento del microonde? Come si trovava un ristorante senza Tripadvisor? E come ci si divertiva senza uno schermo, un display, una console su cui smanettare? Be’, sopravvivevamo, e anche bene. Al posto dei film in 3D riavevamo il View Master, un mitologico aggeggio per la visione cosiddetta stereoscopica. Invece di combattere in video contro gli zombie ci "sparavamo" addosso tra di noi con le Colt Susanna e i colpi Super Bum. Possedevamo le enciclopedie: la Treccani chi poteva, gli altri Conoscere o I Quindici. Sbagliavamo spesso strada e non mangiavamo cibi surgelati. Scattavamo poche foto, facevamo poche telefonate, scrivevamo poche lettere, andavamo poco al ristorante, e avevamo così molto più tempo a disposizione. Per farci cosa? Semplice: per vivere nel mondo reale. Una quisquilia che ai nostri figli è sempre più difficile insegnare.