Pietro Veronese, il Venerdì di Repubblica 5/9/2014, 5 settembre 2014
LA BAMBINA D’AMAZZONIA CANDIDATA PRESIDENTE
La bambina era nata in una famiglia povera che contava undici figli e nessun mezzo per sfamarli. Il padre era raccoglitore di gomma nelle piantagioni dell’Amazzonia profonda, stato di Acre, nord del Brasile. Così come lo era stato suo padre e il padre di suo padre: nessuno, nella famiglia Silva, aveva mai conosciuto un’altra vita. Fin da molto piccoli i bambini andavano anche loro a lavorare nella foresta, camminando chilometri per passare di albero in albero a raccogliere la gomma.
La bambina crebbe a fatica, sopravvivendo alla malaria e a molte altre malattie che la lasciarono gracile, afflitta da mille allergie, ma di tempra fortissima. A sedici anni rimase orfana e andò in città, dove le suore la accolsero, la curarono e la istruirono. Adolescente, divenne la prima dei Silva a saper leggere e scrivere. Più tardi si impiegò come domestica e riuscì, ventiseienne, a laurearsi. Divenne sindacalista, organizzò le lotte dei contadini, entrò in politica acquistando fama come paladina della difesa dell’ambiente e della lotta contro la deforestazione.
Il resto della storia è noto a tutti. A 56 anni Marina Silva, discendente di coloni portoghesi e schiavi africani, già ministro dell’Ambiente nel primo governo di Luiz Inàcio Lula, è candidata alla presidenza del Brasile. Lo è diventata a meno di due mesi dal voto, a causa di una tragedia, la morte in un incidente aereo del candidato del Partito socialista, di cui era vice. Probabilmente non ce la farà a sconfiggere Dilma Rousseff, presidente uscente. Per lei non sarà un problema: come ha dichiarato una volta, «non conosco sconfitte, ma solo sfide da superare».
Pietro Veronese, il Venerdì di Repubblica 5/9/2014