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 2014  settembre 05 Venerdì calendario

AD AGOSTO I PRIMI FIGLI DELLA NUOVA PROVETTA

Trentotto passi e una porta, fortunatamente sempre chiusa, separano il laboratorio di fecondazione eterologa dell’ospedale Careggi di Firenze - primo centro pubblico - dal reparto maternità non medicalizzata «Margherita». Qui i bambini nascono come a casa ai tempi delle nonne, alla sola presenza dell’ostetrica con camere matrimoniali vicino a cucine attrezzate.
Mentre dall’altra parte del corridoio vetrato al primo piano, otto coppie ieri hanno iniziato il complesso percorso della procreazione assistita grazie a donatori esterni. A novembre si eseguiranno i primi transfert di embrioni, la prossima estate potrebbero nascere i primi bebè. oltre 200 coppie sono in lista d’attesa fino a marzo. Ieri, intanto, prime visite e anamnesi. Dalle 8,30 alle 15, le coppie si avvicendano sulle poltroncine grigie, tra piante fiorite e quadri variopinti in stile Chagall che ritraggono sorridenti neonati. L’assistenza di una struttura pubblica - nelle stesse ore in cui a Roma la Conferenza dei presidenti delle Regioni sancisce il documento di linee guida approvato l’altro ieri in modo trasversale da tutti gli assessori regionali alla Sanità - è una garanzia che molti agognavano da tempo.
L’aspirante mamma più giovane ha 33 anni, la più adulta 50. In tre casi il problema di sterilità è legato all’uomo, negli altri cinque alla donna. Cinque coppie sono toscane, le altre lombarda, pugliese e romana. «Per tutti ci sarà la soluzione adeguata - assicura la direttrice del dipartimento di ginecologia, la professoressa Elisabetta Coccia - perché stiamo vivendo un momento storico in cui non si dovrà correre all’estero e spendere molti soldi ed energie per il diritto alla genitorialità».
Ciò non significa, tuttavia, rincorrere l’impossibile. «Per tre delle coppie visitate - precisa la professoressa Coccia - abbiamo deciso l’invio al nostro reparto di gravidanza ad alto rischio. Si tratta di tre donne con problemi di salute, sovrappeso, pressione alta. E noi, pur essendo il centro apripista nazionale dell’eterologa pubblica, vogliamo garantire condizioni di genitorialità sana». Le otto coppie, sono tutte uguali, tutte diverse. Con l’identico desiderio di stringere tra le braccia un figlio senza doversi affidare alle costose cure all’estero. Ma con un differente background emotivo, sociale ed economico. Qualcuno si ferma volentieri a parlare con i cronisti, anzi addirittura sollecita che si «insista nel rivendicare i nostri diritti alla pari del resto d’Europa e del mondo».
Ma c’è anche chi non ha voglia di raccontarsi e invoca l’intervento della direzione ospedaliera. Il risultato? Tre guardie giurate, con garbo e professionalità, piantonano il corridoio su cui si affaccia il laboratorio dell’eterologa. Per quanto riguarda le donazione si procederà con l’egg sharing, ovvero l’utilizzo degli ovociti donati dalle donne che si sottopongono a procreazione assistita. «Ma stiamo partendo anche con la possibilità della donatrice volontaria giovane - puntualizza Coccia -. Mentre più lunghi saranno i tempi della banca del seme, perché in base alla normativa europea il seme maschile necessità di 180 giorni di quarantena». Nel frattempo Anna e Mario, di Rieti, lei 43 lui 47 anni pagano i 32 euro del ticket della prima visita: «Tre anni fa ci siamo sottoposti a una Fivet a Roma: 5 mila euro e un trattamento quasi disumano. Poi ci siamo informati per andare in Argentina, a Praga e a Barcellona. Ma il prezzo, a partire dai 10 mila sudamericani, ci ha fatto desistere. Finalmente oggi finisce la lobby dei centri privati».
Grazia Longo, La Stampa 5/9/2014