Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  settembre 05 Venerdì calendario

LA PARTITA DELLA FLESSIBILITÀ SI GIOCA SU TRE FRONTI

La partita sulla flessibilità va giocata su più fronti, e già in occasione del prossimo Ecofin informale di Milano si metteranno in campo le diverse opzioni. Decisivo è il capitolo degli investimenti, occasione propizia che l’Italia dovrà cogliere senza esitazioni. Da un lato, il piano da 300 miliardi annunciato da Jean-Claude Juncker, dall’altro il potenziamento del «volume di fuoco» della Bei, lo sblocco di progetti cofinanziati dalla Ue, provando a scorporare almeno in parte la quota nazionale dal calcolo del deficit. Il tutto nella consapevolezza che gli effetti sulla domanda aggregata di operazioni, il cui raggio d’azione è necessariamente pluriennale, potrebbero non essere immediati. E tuttavia, si tratterebbe di un segnale importante. L’attestazione dell’inversione di tendenza che certifichi il nuovo elenco delle priorità, con in testa crescita e occupazione. Ecco perché agganciare il treno degli investimenti targati Juncker rappresenta per noi una priorità. Una boccata d’ossigeno, certamente, per i nostri conti pubblici che andrebbe ad aggiungersi al minor onere per il servizio del debito. Già quest’anno il Tesoro risparmierà tra i 2 e i 3 miliardi (lo spread ieri è sceso a 138 punti base dopo l’annuncio delle misure decise dalla Bce). Quanto basta per contenere il deficit entro il tetto del 3% del Pil senza ricorrere a interventi aggiuntivi in autunno.
L’altro capitolo della flessibilità europea da verificare già nelle prossime settimane attiene ai «fattori mitiganti», che secondo le stesse regole europee possono essere invocati dai Paesi alle prese con una persistente congiuntura negativa. In poche parole, già con la prossima Nota di aggiornamento al Def in arrivo il 1° ottobre, si potrà delineare un diverso e meno stringente timing di rientro dal debito, proprio per effetto della recessione. Non sarà uno "sconto" privo di condizioni, perché comunque l’Italia dovrà garantire il pareggio di bilancio in termini strutturali nel 2015, così da far fronte al persistente scarto tra le previsioni della Commissione e quelle governative. Difformità di stime che per il 2014 appare ormai incolmabile, poiché la correzione del deficit strutturale prevista dal governo non supera lo 0,1% del Pil, contro lo 0,7% chiesto da Bruxelles.
È qui che entra in gioco la terza, fondamentale variabile della possibile flessibilità europea. La Commissione che si insedierà a novembre non potrà che accogliere con favore la presentazione di un cronoprogramma di riforme strutturali, in grado di spingere sul "denominatore". Riforme che verranno monitorate nella loro fase di attuazione, e tuttavia un importante biglietto da visita per ottenere più tempo nel rientro dal debito. Al primo posto il mercato del lavoro, con l’approvazione della delega in tempo utile per orientare il giudizio che la Commissione europea esprimerà sul nostro Paese in novembre. Entro fine anno sono attesi tutti gli altri decreti legislativi attuativi della delega fiscale. Se vedranno la luce, si potrà presentare a Bruxelles una riforma complessiva che investirà sia l’aspetto decisivo della riduzione e razionalizzazione degli adempimenti, sia quello della revisione dell’abuso del diritto, del catasto, e del sistema sanzionatorio.
L’elenco comprende la pubblica amministrazione, al pari della giustizia civile, ma a Bruxelles prima di tutto si attende il governo alla prova decisiva del mercato del lavoro. Di certo se l’insieme delle riforme messe in campo agisse da volano per una crescita, già nel 2015, ben superiore alle aspettative (l’anno in corso chiuderà con il Pil a zero o di un paio di decimali sotto lo zero), il quadro sarebbe decisamente più incoraggiante. La velocità di avvio della ripresa sarà fondamentale, già nei primi mesi del nuovo anno.
E la liquidità in arrivo dalla Bce al sistema bancario, se diretta all’economia, sarà l’altro atout potenzialmente in grado di rompere la spirale stagnazione/deflazione. La politica monetaria sta facendo la sua parte, da ultimo con le decisioni di ieri. Ora tocca ai governi, dunque alle riforme strutturali e appunto al «miglior utilizzo» della flessibilità europea, senza modificare la struttura portante della discoplina di bilancio.
Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 5/9/2014