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 2014  settembre 05 Venerdì calendario

SE GLI ABS DIVENTANO «BUONI»

Dalle cattive cartolarizzazioni alle buone cartolarizzazioni. Dai Cdo squared sintetici, le famose salsicce di mutui subprime che misero in ginocchio il mondo finanziario, agli Abs "trasparenti e chiari" di Mario Draghi acquistati dalla Bce per aumentare il credito all’economia. Ebbene sì, per rilanciare occupazione e crescita tutti dovranno fare la loro parte, persino le asset backed securities.
Per rafforzare la crescita dove langue, o per farla tornare dove non c’è più, si bussa a tutte le porte. Anche a quella delle cartolarizzazioni, sofisticati strumenti di finanza strutturata che però nell’immaginario collettivo sono ancora visti male, sono più cattivi che buoni, sono inaffidabili.
E invece non c’è da sorprendersi se si torna proprio lì, alle asset backed securities, con il bollino blu della Bce. Tecnicamente, si tratta di titoli obbligazionari come tanti, con rating dalla "AAA" alla "B" che pagano cedole e che vengono emessi solitamente da società-veicolo, vere scatole vuote. La spv acquista portafogli di asset (da qui asset backed securities) come i prestiti alle Pmi, i mutui residenziali o commerciali ipotecari, i contratti di leasing. Acquista asset con il ricavato dell’emissione degli Abs e poi paga cedole e rimborso del capitale con i flussi di cassa generati dagli asset stessi. La rivitalizzazione delle cartolarizzazioni avrà un duplice effetto benefico: libera spazio nei bilanci delle banche e nei portafogli a reddito fisso dei grandi investitori istituzionali e dunque crea liquidità che va reimpiegata. E contribuisce alla disintermediazione del sistema bancario. Il secondo obiettivo è più nobile del primo.
Una delle carenze strutturali dell’Europa e dell’Italia è la dimensione troppo piccola del mercato dei capitali rispetto al Pil e un eccessivo "bancocentrismo": l’economia viene finanziata principalmente dalle banche, meno da bond ed equity. Dopo il crack di Lehman e il fallimento di decine di istituti bancari europei, le banche si sono dovute assoggettare a più regole, più vincoli. Il trend che ne è conseguito è il cosiddetto deleveraging, i bilanci bancari sono più solidi con più capitale e meno rischi. Il mondo è un posto più sicuro rispetto al 2007, è questa la tesi, ma questa evoluzione è traumatica per un sistema economico bancocentrico e genera un’aggravante in recessione: il cavallo non beve ma in aggiunta chi deve portare l’acqua al cavallo non ha mezzi (o voglia) per farlo.
La parola d’ordine è dunque disintermediare le banche, in qualsiasi modo: ecco allora che al fianco delle obbligazioni societarie spuntano i mini-bond, e con le cartolarizzazioni la Bce ritorna sui covered bond (speciali cartolarizzazioni od obbligazioni bancarie garantite perché contano su una doppia garanzia, il portafoglio degli asset cartolarizzati e il patrimonio delle banche che le emettono). Per le infrastrutture si scommetterà sempre di più sui project bonds, e per il mercato immobiliare si sta finalmente mettendo il turbo alle SIIQ. Draghi è stato esplicito. Rispondendo a un giornalista ha spiegato che lo strumento delle cartolarizzazioni è di per sè buono ma può diventare cattivo per colpa del tipo di asset cartolarizzato. O per l’opacità, mancanza di standardizzazione. Ed è stato ancora più esplicito quando ha affermato che la Bce acquisterà per esempio mortgage-backed securities (cartolarizzazioni di mutui per l’acquisto di abitazioni o altro) e lo farà dalle banche e dagli investitori istituzionali: la liquidità così creata, però, non si sa dove andrà a finire, se tornerà al mercato immobiliare o prenderà altre strade.
La porta delle cartolarizzazioni si apre su un mercato di finanza strutturata da rivitalizzare e che avrà bisogno di lunghi anni per riaffermarsi e per fare veramente la differenza. Gli importi al decollo sono incerti. E la Bce dovrà risolvere entro i primi di ottobre il problema dei criteri di acquisto, in quanto il mercato è molto frammentato, gli abs e i covered bond sono popolari in alcuni paesi, meno in altri, in alcuni casi la Germania la fa da padrone, proprio lei che non soffre di credit crunch. A fare veramente la differenza sarebbero gli eurobond, i titoli di debito europeo emessi con un budget europeo e frutto di quella fiscalità condivisa comune europea a cui Draghi ha fatto riferimento ancora una volta ieri: ma quella porta, la porta degli eurobond, resta chiusa. Perché nessuno ci si avvicina e prova a bussare.
isabella.bufacchi@ilsole24ore.com
Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 5/9/2014