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 2014  settembre 05 Venerdì calendario

STAVOLTA FRANCOFORTE HA SPARATO ALTO, I GOVERNI FARANNO ALTRETTANTO?

A Francoforte la reazione c’è stata; forse poteva essere ancora più intensa, considerati i dati dell’economia, ma, tutto sommato, le armi della Bce sono state, per una parte importante, impiegate e questa volta non è stata dominante la politica degli annunci, anche se alcune cifre riguardanti le decisioni assunte dovranno ancora essere definite. È così, ancora una volta, emersa l’asimmetria tra la decisionalità della Banca centrale e quella delle istituzioni della politica europee e nazionali. Se la stampa internazionale è rimasta sorpresa dalle deliberazioni adottate ieri dal Consiglio direttivo dell’istituto monetario, non altrettanto si può dire per una parte di quella italiana e, in specie, per questo giornale. L’abbassamento dei tassi ufficiali allo 0,05% e l’ulteriore riduzione di quelli sui depositi al -0,2% sono stati adottati, come il presidente ha detto, con l’obiettivo di portare il tasso di inflazione in una zona coerente con il mandato per la tutela della stabilità dei prezzi, vale a dire un tasso intorno, ma sotto il 2%.Si trattava di un obbligo stringente, soprattutto in considerazione della revisione al ribasso delle stime dell’andamento dei prezzi e delle stesse stime della crescita. Al di sotto del livello deciso, peraltro non all’unanimità, ma da una maggioranza comoda, come Draghi l’ha definita - immaginabile che siano stati gli esponenti tedeschi a dissentire - non si sarebbe potuto andare, essendo ormai prossimi allo zero e, dunque, vicini alle condizioni perché si corra più il rischio di cadere nella trappola della liquidità. L’effetto, comunque, non sarà particolarmente rilevante sull’economia; è probabile che un qualche impatto potrà, invece, esercitare sul cambio, come subito si è visto con l’indebolimento dell’euro che, se durasse, darebbe un beneficio all’export. Ma questa manovra rafforza la posizione espressa da Draghi, secondo la quale per ridare slancio alla crescita non bastano le decisioni Bce; occorre agire sulle riforme strutturali dei prodotti e del mercato del lavoro e, per la disciplina fiscale, utilizzare, sì, la flessibilità ma all’interno delle regole, nel presupposto tuttavia della rigorosa osservanza del Patto di stabilità e crescita. Ritorna il triangolo composto da riforme strutturali, riforme fiscali e politica monetaria. Così come ritorna l’idea di una condivisione di sovranità per la sorveglianza fiscale tra i partner europei che, però, oggi appare una fuga in avanti, in relazione all’inadeguato assetto istituzionale dell’Unione.
L’altra decisione, quella più importante, riguardante l’acquisto diretto di Abs del pari non avrebbe dovuto sorprendere, essendo stata anticipata già il 5 giugno scorso; semmai, la novità è data dai primi dettagli del piano di acquisizione diretta, che avrà un forte impatto sul bilancio della Bce e che dovrebbe incentivare la facilitazione del credito all’economia reale. Su una forma propria di Qe, invece, non vi è ancora nel Direttivo una netta convergenza; ma sull’acquisto di Abs si è registrata l’unanimità. I titoli dovranno essere semplici e assolutamente trasparenti. Draghi ha sottolineato la legittimità del conferimento sulle operazioni in questione di un incarico consulenziale a BlackRock, trattandosi di una ammissibile forma di appalto, ma comunque avrebbe dovuto distinguere circa la natura di tali appalti e considerare i rischi di conflitti di interesse. Non si sono esaurite, però, le possibilità operative della Banca centrale che non è certo ora con le spalle al muro, considerato anche quanto si è testé detto a proposito del Quantitative easing. La Bce non ha atteso che l’Europa e gli Stati membri facessero la propria parte: ha capito che doveva ottemperare al mandato. Ora, però, sono i governi che devono svolgere il proprio ruolo e dotarsi di un adeguato disegno di politica economica per il breve e per il medio e lungo termine.
Angelo De Mattia, MilanoFinanza 5/9/2014