Claudio Antonelli, Libero 5/9/2014, 5 settembre 2014
L’ITALIA AGGIRA L’EMBARGO ATTRAVERSO I BALCANI
Mentre la Nato discute, i tir italiani pieni di merce e di frutta stanno fermi alle frontiere. È successo ad agosto e continua ad accadere anche in questi giorni. Bruxelles promette aiuti alle aziende colpite. Il ministro delle politiche agricole rincara. «Per iniziativa della presidenza italiana ci ritroveremo a Bruxelles e con la commissione faremo il punto di tutti gli interventi a sostegno dei settori più coinvolti: l’ortofrutticolo, il lattiero-caseario e quello delle carni», ha dichiarato Maurizio Martina. In ballo potrebbero esserci 155 milioni di euro di aiuti. Ma il condizionale è d’obbligo. Nel frattempo il genio italico si è attivato.
Secondo quanto risulta a «Libero» molte aziende si sono mosse e hanno costituito aziende a responsabilità limitata in Montenegro e in Serbia con l’intento di triangolare il contenuto dei tir fermi in dogana. In sostanza, si tratta di vendere la merce in uno dei Paesi balcanici e poi con bolle e fatture estere vendere al cliente russo. In questo caso non si tratta di motivazioni fiscali, ma di una vecchia tecnica utilizzata per violare blocchi e sanzioni. È chiaro però che su larga scala diventa un’attività ostica, ma nel breve e presa singolarmente può servire a tamponare l’incertezza attuale. E a evitare di perdere del tutto le quote di mercato oltre confine che fino allo scorso luglio valevano 700 milioni di euro. Compresa il delicato settore della carne. La decisione russa è infatti destinata ad alzare il livello dello scontro commerciale già anticipato dalla cosiddetta «guerra dei prosciutti» con la Russia che ha già chiuso le frontiere a tutto l’export europeo di maiali, carni di maiale e trasformati in violazione delle regole sugli scambi alla Wto di cui è membro dal 2012 prendendo a pretesto la scoperta a fine gennaio di casi di peste suina africana in alcuni cinghiali in Lituania e Polonia, in zone di frontiera con la Bielorussia.
Il vero rischio potrebbe essere quello di cedere quote di mercato ai Paesi concorrenti e poi, a sanzioni sbloccate, trovarsi nell’impossibilità di riguadagnare il terreno perso. La lista di chi si sta avvantaggiando continua infatti a crescere.
L’altro giorno il ministro degli esteri tunisino Mongi Hamdi ha dichiarato che il suo paese è pronto ad aumentare l’esportazione di prodotti agroalimentari in Russia al fine di sostituire quelli europei. In prima fila c’è l’olio di oliva. Un motivo in più per valutare con maggiore attenzione i danni da sanzioni.
Il boomerang negativo sul lungo periodo potrebbe anche essere peggiore.
Lo stesso ragionamento che stanno facendo i dipendenti della francese Dcns a cui era stata affidata da Mosca la commessa per due navi porta elicotteri. Già pronte per la consegna sono state fermate in Francia da Hollande con la conseguenza non solo del mancato pagamento da parte di Putin, ma dell’esborso delle penalità da parte del costruttore. Senza contare che la stessa commessa potrebbe finire in Asia.