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 2014  settembre 05 Venerdì calendario

«MIO FIGLIO È MORTO IN SIRIA E IO DIVENTO MUSULMANO»

[Intervista a Carlo Delnevo] –

ROMA Non condivide la scelta del figlio di andare a combattere la jihad, ma ha deciso di seguire la sua stessa religione, l’Islam. Carlo Delnevo è il padre di Giuliano, il primo italiano ad essere partito per la Siria e, a quanto si sa, morto nel giugno 2013. Guarda con preoccupazione alle persecuzioni dell’Isis, ma dice anche che le guerre dell’occidente sono «altrettanto atroci».
Signor Delnevo, cosa pensa della scelta di suo figlio di un anno fa anche alla luce degli ultimi sviluppi in Siria e delle uccisioni di occidentali da parte dell’Isis?
«Non mi fa piacere il fatto che mio figlio torni di moda dopo un anno in cui non se ne parlava, quando sono saltati fuori i nuovi allarmi. In effetti, non siamo neppure del tutto sicuri che sia morto, visto che il corpo non ci è stato restituito. E’ ancora possibile che sia nelle carceri di Assad».
E’ vero che dopo la morte di suo figlio ha scelto anche lei di convertirsi all’Islam?
«Sì è vero. Le cose che capitano nella vita vanno lette come messaggi. Non succede a tutti di avere un figlio che fa quello che ha fatto Giuliano. Tra noi c’era una forte comunanza spirituale e la sua scelta per me è stata una rivelazione. Ne ho tratto una conseguenza spirituale e ho voluto seguire la sua stessa religione».
Come giudica il gesto di suo figlio?
«Se lo avessi saputo avrei cercato di impedirglielo, se non altro per la paura di perderlo. Ma sono orgoglioso di lui. E’ un testimone che non ha esitato a mettere in gioco la vita per quello che credeva. Le sue sono motivazioni spirituali e altruistiche, l’unico che si puo lamentare è il presidente Assad che non è un santo. Qui in Italia mio figlio non ha infranto nessuna legge. Che poi lo indaghino perché avrebbe reclutato altri è un tecnicismo che a me non interessa. E’ una figura bellissima di cui sono molto orgoglioso, un giovane puro, spiritualmente luminoso».
Secondo le stime, circa cinquanta persone hanno seguito la strada di Giuliano...
«Io non credo che ci siano altri 50 italiani partiti per la Siria o per la guerra santa. Credo anzi che quello di mio figlio sia stato un caso più unico che raro, almeno se parliamo di italiani convertiti. Nel nostro paese i figli di italiani che scelgono l’Islam sono molto pochi, diverso è il caso di immigrati che poi scelgono di partire. Potrà sempre succedere che il kosovaro prende e va, ma sono fatti marginali. E mi auguro che non succedano attentati. A meno che non riusciamo a fare qualche bischerata in modo da esporci».
Cosa pensa delle persecuzioni e delle esecuzioni dell’Isis?
«Tutto il male possibile. Mi dispiace per le popolazioni che si trovano in quella situazione e per il dolore che sta portando quella guerra. Se fossi Nembo kid li avrei salvati io stesso».
Perché Giuliano scelse di convertirsi? Ne avevate parlato?
«Prese questa decisione nel 2008, molto tempo prima di decidere di andare in Siria. Sul lavoro aveva amici bengalesi e siriani che l’hanno convinto, gli hanno parlato della religione e gli hanno fatto leggere il Corano. Quel messaggio l’ha conquistato».
Qualcuno, ad esempio il parlamentare Cinque stelle Alessandro Di Battista, dice che le azioni dell’Isis sono l’unica reazione possibile di popolazioni represse, lei è d’accordo?
«Lo condivido. In quella zona c’è stato un effetto domino a partire dalla prima guerra del Golfo. E poi togliamoci il brutto vizio di considerarci sempre moralmente superiori. Se è orrendo vedere sgozzato un giornalista, è altrettanto orrendo spianare un paese con dei missili sparati da mille chilometri di distanza, torturare la gente in un carcere o sparare con un drone. Ce n’è per tutti».
Secondo lei l’Italia appoggiando i curdi rischia di esporsi ad una reazione?
«La pretesa di mettere il becco nei conflitti altrui ha creato piu ingiustizie di quelle che voleva impedire. Se stessimo calmi e buoni sarebbe meglio, mandando armi non diamo nulla di positivo e rischiamo conseguenze».
Ha mai pensato di partire anche lei?
«No e in ogni caso non sono più tanto giovane, ho 60 anni».