Flavio Vanetti, Corriere della Sera 5/9/2014, 5 settembre 2014
I MINITRENI, ELOGIO DELLA LENTEZZA
Da vie ferrate per il trasporto, a vie per il tempo libero e lo sport, nel segno anche della salute e dell’ecologia. E di un modo originale per muoversi. In Italia c’è una mappa speciale che intreccia quelle che un tempo erano linee ferroviarie e che, una volta dismesse, sono state trasformate in percorsi ciclopedonali. Dal Piemonte alla Calabria, allargando il tiro alle due isole maggiori, Sicilia e Sardegna: si è calcolato che il reticolo, un tempo solcato quasi sempre da vaporiere e oggi prestato a pedivelle e garretti, arrivi a 5000 chilometri, un dato che spiega anche quale potenziale sia stato dilapidato da scelte sbagliate che hanno penalizzato la cara e romantica ferrovia.
Però a volte un destino di errori e di dimenticanze, per quanto già attenuato — come detto — in funzione delle moderne passioni per jogging e bici, può essere ribaltato. Sta per accadere ad esempio alla Ferrovia della Valmorea, un segmento lungo 34 km che unisce in verticale l’alto Milanese con il cuore del Varesotto, sfociando infine in Svizzera, a Mendrisio: riesumata nel tratto nord una quindicina di anni fa per far viaggiare convogli turistici, trasformata nella parte restante in un «minotauro», un po’ treno e un po’ pista ciclabile, potrebbe essere riportata all’itinerario completo grazie a un investimento americano nell’area della ex cartiera Vita Mayer di Cairate, da reinventare come parco-avventura. Da linea sfortunata, o maledetta, secondo i detti popolari, la Valmorea si avvia insomma a diventare un raro esempio di ferrovia che rivive mantenendo la nuova identità: treno e sport andranno a braccetto.
Ad altri tracciati non è andata così. Al massimo sono rimasti monodimensionali, ovvero sottratti all’oblio e rimessi in esercizio come attrattiva di un territorio. Esempi? Se siete in Molise, vale la pena di provare quello che è stato riattivato della Sulmona-Isernia, alias «Transiberiana d’Italia», mentre in Campania, dopo 25 anni di stop, il treno è riapparso nel Vallo di Diano, tra Sicignano degli Alburni e Lagonegro. Ma per la maggior parte di queste ferrovie minori, la riconversione in aree ciclopedonali è definitiva, detto peraltro che alcune linee non videro mai un solo convoglio. Ad ogni modo, se avete voglia di trovare l’itinerario da scoprire nella vostra zona, non dovete fare altro che tuffarvi in Internet (i siti dedicati abbondano) o di attendere una delle periodiche giornate nelle quali le ferrovie dimenticate tornano protagoniste. Troverete di tutto e di più. Chi è trevigiano, ad esempio, ha a tiro la pista ricavata dalla ex Treviso-Ortiglia, ma se siete in Liguria c’è la ex Ferrovia del Ponente, 36 km che toccano San Lorenzo al Mare, Sanremo e Ospedaletti. Le Marche offrono invece gli 11 km da Fermo a Porto San Giorgio sulle tracce della vecchia linea Adriatico-Appennino (57 km), affascinante tanto quanto lo era, in Umbria, la Spoleto-Norcia che solcava la Valnerina superando i contrafforti montuosi con vertiginosi tratti elicoidali dotati di ponti e gallerie: di qui il soprannome di «ferrovia svizzera».
L’elenco completo è impossibile, due secoli fa furono costruiti chilometri e chilometri di linee, furono solcate colline, bucate montagne, tagliate pianure. Se si fosse creduto in questo reticolo ferrato, forse l’Italia oggi sarebbe differente. E proprio la storia infelice della Valmorea è lì a sottolinearlo. Tra le prime linee internazionali d’Italia, se non la prima, nacque nel 1904 e nel 1926 sbarcò in Svizzera. Ma nel 1928 Mussolini, in base al principio dell’autarchia, la limitò al confine. Nel 1939 cessò il servizio passeggeri, nel 1977 pure quello merci, ormai circoscritto alle cartiere dell’Olona. Un’occasione mancata: 34 km, in fondo, bastavano a proiettarci nel centro dell’Europa. Nel 1990 il Club del San Gottardo e l’Associazione Amici della Valmorea cominciarono a togliere i binari dall’oblio e dalle sterpaglie, ripartendo da Mendrisio (la Svizzera non ha mai dismesso il suo tratto,ndr) . Per ora non si va oltre Malnate e il convoglio circola solo 4-5 volte all’anno. Ma il nascituro parco-avventura di Cairate apre nuovi scenari e, con una spesa relativamente modesta, sui cinque milioni di euro, può portare al ripristino totale della linea senza levare lo spazio a bici e podisti. Paolo Mazzucchelli, sindaco di Cairate: «In momenti di crisi e di difficoltà economiche, una ferrovia turistica può fare il bene di tutti». Vero: basta avere il coraggio e la lungimiranza di guardare lontano.