Francesco Palmas, Avvenire 5/9/2014, 5 settembre 2014
TUTTE LE MOSSE PER RISPONDERE ALLO ZAR
Soffiano venti di Guerra fredda fra l’Occidente e la Russia. Un nuovo muro potrebbe sorgere a Est, nell’Ucraina postbellica. Com’è lontano il 2010: quell’anno, Barack Obama lanciò la politica di “reset” con Mosca. Bisognava chiudere definitivamente la pagina della guerra fredda. I russi già bluffavano. In febbraio, l’allora presidente Medvedev firmò la nuova dottrina militare russa. Fu un brusco risveglio: la Nato spiccava fra le minacce principali alla sicurezza nazionale. Non senza qualche ragione: per il Cremlino era inaccettabile l’avanzata dei confini “nordatlantici” fino alle sue propaggini occidentali e non meno destabilizzante lo scudo antimissilistico alleato. Mosca chiedeva garanzie giuridicamente vincolanti. Ma la Nato rifiutò. L’edificio della cooperazione già vacillava. Il colpo di grazia è arrivato dai blitz russi in Crimea e nel Donbass.
LA PRIMA RISPOSTA
La reazione alleata agli ultimi avvenimenti non si è fatta attendere. Subito, Bruxelles ha concertato l’adozione di un nuovo strumento militare: la Very High Readiness Joint Task Force, buffo acronimo dietro il quale si cela una forza operativa interarma ad alto livello di allerta. Una brigata di reazione rapida di 4mila uomini circa, mobilitabili in 48 ore, “punta di lancia” dell’attuale Nato Response Force (Nrf ), troppo lenta di fronte alla tempestività delle crisi. I primi elementi della Nrf si muovono dopo 5 giorni, quando va bene. Altrimenti in un mese.
LE RASSICURAZIONI
Finora la Nato e gli americani hanno mosso diverse pedine operative nella scacchiera esteuropea. «Misure di rassicurazione » le definisce l’Alleanza: in pratica, garanzie aggiuntive alla sicurezza dei Paesi baltici, della Romania e della Polonia, invero già protetti dall’articolo 5 del Patto nordatlantico.
Dodici aerei ruotano oggi fra l’Estonia e la Lituania. Altri 18, a stelle e strisce, fra la Polonia e la Romania. Quattro navi varcheranno gli stretti turchi entro il 7 settembre, dirette nel mar Nero, mentre nel Baltico incrocia un gruppo antimine. A terra, sono quasi incessanti le esercitazioni: prima nel trio baltico, poi in Germania, quindi in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia. Le prossime, fra il 15 e il 26 settembre, si svolgeranno direttamente in Ucraina. Sembrano grandi manovre: simulano scenari convenzionali puri; un mega-scontro con un nemico simmetrico hi-tech: facile individuarvi la Russia, mai citata ufficialmente. In realtà, queste esercitazioni non coinvolgono più di una brigata: 3 -4 mila uomini. Talvolta anche meno. Pochi? Temiamo di sì. La “Kecker Spatz” dell’epoca del Muro ipotizzava di proiettare 75mila unità nei soli Carpazi.
LO SCUDO ANTI-MISSILE
Pensato fin dal 2002, lo scudo antimissilistico alleato è in dirittura d’arrivo. A Deveselu, in Romania, sono già partiti i lavori di adeguamento della futura base missilistica, operativa nel 2015 con 24 intercettori. La Polonia seguirà entro il 2018, e se l’Ucraina scivolasse nell’orbita alleata potrebbe divenire una piattaforma appetibile anche per lo scudo Bmd (Ballistic missile defence).
I piani alleati ne prevedono il completamento nel 2020, con tanto di navi statunitensi Aegis nel Mediterraneo (Rota). Inutile dire che i russi hanno osteggiato in ogni modo il progetto, prima con le parole, poi con i fatti. Fra la Lituania e la Polonia, controllano una piccola enclave: Kaliningrad, che nel 2013 hanno armato di missili balistici a corto raggio Iskander. Vettori dal raggio di oltre 400 chilometri, armabili con testate atomiche, e lanciabili fino a Berlino. Non pago, il Cremlino ha spostato cacciabombardieri in Bielorussia, in Crimea e sul mare d’Azov. Ha manovrato nel Baltico e puntellato tutti i distretti militari che si affacciano a ovest, rispondendo con grandi manovre. Colpo su colpo.