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 2014  settembre 04 Giovedì calendario

IL ROTTAMATORE ORA È PIACIONE

[Intervista Giuseppe Cruciani] –
È un giornalista che fa parlare, spesso arrabbiare molti, ma anche di cui si parla molto: Giuseppe Cruciani, romano, classe 1966, dai microfoni della Zanzara, su Radio24, offre indiscutibilmente un punto di vista originale sulla politica, spesso facendo strame delle convenzioni e del politically correct.
Un rompicoglioni, per usare la cifra stilistica della trasmissione, dove una certa libertà di linguaggio è regolarmente rivendicata.
Domanda. Cruciani, si è messo a fare la battaglia per sottrarre i Bronzi di Riace alla Regione Calabria, che non li ha saputi mettere a frutto. Ne invoca addirittura il sequestro coi carabinieri...
Risposta. Guardi che tolta dal grasso dell’invettiva radiofonica, questa polemica ha una sua ragion d’essere.
D. Concordo. E poi è il suo stile, quello di scardinare i luoghi comuni e pigliare a schiaffi il buonismo nostrano.
R. Questo dimostra che non ci divertiamo solo a irridere la politica, come qualcuno dice. Ci facciamo carico anche di alcune posizioni, le sosteniamo.
D. C’è meno politica di un tempo...
R. La politica offre sempre meno materiale: perché Matteo Renzi monopolizza tutto e, di fatto, l’ha silenziata. Non esiste neppure un’opposizione interna al Pd.
D. Oddio, non sembrerebbe all’indomani della pugnalata di Massimo D’Alema al suo governo, che seguiva peraltro una di Pier Luigi Bersani...
R. Tutto morbidissimo, alla fine. Mi pare che siano ancora tramortiti dal 41% alle europee, storditi dal ciclone Renzi e dal fatto che poi due terzi del parlamento, compreso Fi, stiano con lui. Non vedo una grande battaglia, dentro e fuori dal Pd, sui troppi annunci o sulla mancanza di provvedimenti adeguati.
D. Ecco, parliamo del premier, a cui lei, un volta, quando non era neppure di moda, guardava con simpatia...
R. Amministra l’esistente, nessuna rivoluzione liberale in vista. Anzi, l’assunzione di 100mila precari nella scuola.
D. Deluso...
R. Sono i soliti slogan, ora i mille giorni, il passo dopo passo. Ci si aspettava l’inventiva, la trovata fuori dal mainstream. Sì, è vero, qualcosa l’ha detta sui sindacati, ma è mancato il colpo d’ala autentico. La riforme devono scontentare qualcuno, no? E qui sono tutti contenti.
D. Magari se mette mano alle pensioni, col contributo obbligatorio, qualcuno scontenterà.
R. Facesse pure anche qualcosa di socialista, con cui non sarei d’accordo, ma con un’idea economica dietro... Facesse, chessò, una patrimoniale, che non condivido, ma che almeno qualcuno fa incazzare.
D. Il rottamatore s’è ammalato di piacioneria?
R. Il piacionismo è sempre stata una cifra del personaggio. In realtà, credo che ci sia un metodo preciso: lavorare sempre da solo, con l’iPhone, con pochi consiglieri, fare tutto di testa propria, non fidarsi. Temo che la realtà sia troppo complessa per un metodo simile. E poi, chi sono i consiglieri di Renzi? Nessuno lo sa, si era detto Yoram Gutgeld, poi Filippo Taddei, per l’economia...
D. Era attesa una sorta di cabina di regia economica, anche con Guido Tabellini, per settembre...
R. Sì, non se ne sa più nulla. Lui è molto attento alla comunicazione, alle timeline di Twitter, ai commentatori.
D. Il carretto del gelato, lei l’avrebbe chiamato a Palazzo Chigi?
R. Sull’Economist non avrei speso una riga: la gran parte degli Italiani non sanno neppure cosa sia. Però l’ha fatto e non m’è spiaciuto. Semmai, il valore che può avere quel gesto e di vedere un presidente del consiglio col gelato in mano, immagine che può renderlo ulteriormente vicino, normale.
D. Renzi è un one man show, per questo, secondo alcuni, si è scelto collaboratori, ministri non troppo ingombranti.
R. Direi che ama circondarsi di persone con pochissimo passato politico, che debbano così tutto a lui.
D. Con Federica Mogherini però in Europa ha avuto successo. Oggi i commenti ipercritici per quella scelta lasciano il posto a quelli, positivi, sulla caparbietà con cui l’ha difesa.
R. Forse potevamo ambire a qualche incarico più sostanziale. La politica estera dell’Unione, diciamolo, non esiste. Che può fare questa signora? Qualche dichiarazione? Qualche viaggetto? Le prime cose che ho letto sono di una banalità e di un’inconsistenza fortissime ma perché non poteva dire altro, non c’è margine per operare. Insomma, è una nomina ornamentale, come quelle che piacciono a Renzi. Perché lui, paradossalmente, non ama le situazioni troppo complesse.
D. Che vuole dire?
R. Quando ci sono le situazioni esplosive, come l’articolo 18, in cui c’è da dire sì o no, lui non entra affatto a gamba tesa, per non scontentare nessuno.
D. Sulla giustizia rischia, lo ammetta. Dopo aver pungolato i giudici col tetto ai salari, con la durata delle ferie estive, ora arriva con la responsabilità civile.
R. Ci voleva un cambiamento vero, una ghigliottina. Vedremo che cosa resterà, alla fine, della riforma del ministro Andrea Orlando.
D. Le Camere di commercio, a rischio abolizione, sono arrabbiatissime.
R. Guardi gli unici scontenti sono quelli del Cnel, ma sono 200. E sono ancora lì. Anche i dipendenti delle province sono contenti: col contratto regionale andranno a star meglio.
D. Se le cose stanno come dice lei, è un Renzi sicuro di sé: che va al voto quando vuole oppure si fa tutta la legislatura, fino alla fine. Del resto gli avversari dove sono? Prendiamo Silvio Berlusconi...
R. A lui interessa un governo non nemico, che non lo voglia patrimonialmente morto. E infatti mi pare che le concessioni tv, il conflitto di interessi, non siano nell’agenda del governo. Magari, al Nazareno, B. avrà chiesto qualche cosa sui processi che, però, nessuno, nemmeno Renzi, poteva offrigli.
D. Beppe Grillo? Che fine ha fatto? Ogni tanto riemerge, con cose discutibili come quella sugli immigrati che portano le malattie.
R. Fa il suo mestiere. D’altra parte c’è una denuncia di un sindacato di polizia per il rischio tubercolosi a cui sono esposti gli agenti. Secondo me ha fatto bene. Il problema è un altro.
D. Quale?
R. Che Grillo è in una parabola discendente che non si inverte. Perché gli Italiani non sentono questa presenza grillina. Che hanno fatto alla fine? Loro danno colpa ai giornalisti ma, per esempio, anche sulla legge elettorale non si è capito cosa volessero. Il Paese alla fine non sa a che cosa serva il M5s, non pensa che siano adatti a governare. Onesti sì ma unfit, alla fine.
D. Lui, Grillo, come lo vede?
R. Mi pare si sia stancato e che aspetti il momento giusto per defilarsi. Pensa che le elezioni siano tutta una truffa. In realtà aveva chiesto il 51% e non ci è arrivato perché c’è stato un altro, Renzi, che lo ha battuto sul suo stesso terreno, quello dell’anticasta. Come sia messo il M5s lo dicono le imminenti regionali emiliane.
D. E cioè?
R. Insomma, loro sono nati lì, con i meet up più importanti. In Emilia hanno avuto i loro primi consiglieri e un sindaco come Federico Pizzarotti. Potevano giocarsela, puntare a strappare la regione all’apparato ex-Pci e invece niente. Si parla, al più, delle primarie fra renziani, fra Matteo Richetti e Stefano Bonaccini.
D. Sulla scena s’affaccia anche Corrado Passera, con un’opa sull’elettorato di centrodestra.
R. Operazione molto complicata. Aldilà del programma, bello come tutti i programmi, non mi pare che il carisma del uomo sia in questo momento in grado di farcela. La verità che aspetta l’incoronazione di B., cioè che Berlusconi e i suoi, al momento opportuno, si convincano che lui è meglio di Renzi.
D. Di questo quadro, si avvantaggia il suo amico Matteo Salvini...
R. La sua forza è l’attivismo frenetico, la spontaneità, l’essere destrutturato: risponde al telefono a chiunque. In questo c’è un’ingenuità di fondo che però lo rende umano, avvicinabile. Col suo movimentismo ha fatto dimenticare le magagne della vecchia Lega. Un genio comunicativo assoluto: ha fatto dimenticare il tesoriere Francesco Belsito. Guardi Tonino Di Pietro, invece..
D. Post «trattamento Milena Gabanelli», intende?
R. Non ne è riemerso: è rimasto mesto, rivendicativo, bastonato.
D. Meglio Salvini di un altro che viene spesso in trasmissione da lei, come Flavio Tosi?
R. Tosi ha il profilo opposto, molto calcolatore. E poi di leghista che cosa ha più? Uno che dice: «Stimo molto Passera». Ma le pare possibile? Passera ha un tasso di leghismo pari allo zero.
D. La Zanzara è ripartita come al solito: sulla politica resta la cifra del grottesco.
R. Evitiamo le vere partite del Paese: Bruxelles, gli accordi, il fiscal compacat. Giochiamo su altri piani: dalle adozioni gay, ai temi sociali, al sesso, filone che percorriamo senza infingimenti, cercando di avere sempre un aggancio di attualità.
D. Come la pornotassista milanese. Ma le darà qualche problema in Confindustria, immagino...
R. Ce ne saranno, ma Confindustria è un grande ambiente, si va avanti.
D. E poi c’è la grande leva del pubblico...
R. Oggi fare radio significa creare una comunità, la più grande possibile, e capirne in gusti, perché c’è da conquistare il massimo ogni 15 minuti, ossia il blocco temporale sui cui vengono calcolati gli ascolti.
D. Sbaglio o c’è una minore preoccupazione di tirar fuori la notizia, di fare il lancio di agenzia?
R. È vero, sono cose importanti, che abbiamo fatto in passato, ma non sono più un’ossessione. Una strategia
Goffredo Pistelli, ItaliaOggi 4/9/2014