Enzo Bettiza, La Stampa 4/9/2014, 4 settembre 2014
TORNANO I FANTASMI DI BERLINO ALZARE UN’ALTRA BARRIERA SAREBBE IL SUICIDIO DELL’EUROPA
Anche se il governo ucraino non conta quasi nulla, anche se nessuno in Europa pensa di sostenerlo in funzione antirussa, l’ipotesi minacciosa lanciata ieri dal premier ucraino Arseny Yatsenyuk di erigere un muro contro Putin non sembra stare in piedi.
Proposta che, a ben vedere, non è nuova: l’aveva già lanciata lo scorso giugno l’oligarca Igor Kolomoiski, governatore del grande polo industriale di Dniepropetrovsk, scendendo nei dettagli tecnici. La muraglia che avrebbe segnato il confine tra l’Ucraina e la Russia sarebbe stata lunga 1.920 chilometri e alta due, protetta da filo spinato e da mine antiuomo, per un costo, mattone più mattone meno, di cento milioni di euro.
Ben più grave è che la stessa proposta sia stata avanzata dal capo dell’esecutivo di Kiev, proprio nei giorni in cui il presidente ucraino Poroshenko ha annunciato un accordo con Putin per un cessate il fuoco nell’Est dell’Ucraina.
Un muro, dunque: un progetto che oggi risulta completamente antistorico. Non fossimo a settembre si potrebbe pensare a un pesce d’aprile, anche perché la sola idea di una barriera di cemento armato tra Ucraina e Federazione russa non potrebbe mai trovare un appoggio serio e credibile da parte dell’Europa. Nessuno dei grandi Paesi euroccidentali, a cominciare dalla Germania e dalla Francia, potrebbe oggi impegnarsi a sostenere un «progetto muro» contro Mosca, né potrebbe prenderlo sul serio.
La Russia con ogni probabilità eviterà di assorbire visibilmente la flebile repubblica di Kiev, diversamente da quanto è successo di recente con la Crimea, che, abitata da una maggioranza russofona, si è praticamente consegnata sua sponte alla Grande Madre slava. Qui sarebbe necessario ricordare che l’Ucraina ha comunque un legame storico e quasi leggendario con la Russia, la cui genesi tanto deve al contributo culturale e politico del Granducato di Kiev. Senza matrice ucraina la Moscovia ancora medievale non sarebbe mai diventata la grande Russia che il mondo ha conosciuto nei secoli, la Russia di Ivan il Terribile, di Pietro il Grande ma anche quella di Tolstoj.
Non è certamente alzando un altro muro divisorio che oggi potremmo prospettare all’Europa un avvenire centrato sulla sola funzione difensiva, oppure offensiva, nei confronti di Mosca. L’epoca che fino a oggi abbiamo vissuto è stata in gran parte segnata, per l’ultimo quarto di secolo, dal monito nefasto di un muro, quello di Berlino, costruito di notte e a tradimento contro ogni morale umana. Ricadere nella stessa trappola e nello stesso meccanismo claustrofobico sarebbe come abbandonarsi a un incosciente istinto suicida.
E l’Europa, di suicidi tentati o assistiti, ne ha fin troppi sulla coscienza. Il fantasma di un nuovo muro, come quello di una nuova Guerra fredda, non può non resuscitare reminiscenze dolorose, se non spettrali. Di muri nel mondo ne sono stati tirati su molti di più di quanto non se ne parli. La lista è lunga, anche se poco conosciuta: il muro fra l’Uzbekistan e il Tagikistan, fra la Thailandia e la Malesia, tra l’India e il Pakistan, tra l’Arabia Saudita e lo Yemen, tra gli Stati Uniti e il Messico. In Europa, come un ultimo marchio di vergogna, resta solo il muro di Cipro che divide la parte greca da quella turca dell’isola. Ma qui la terra europea già sfuma nelle sabbie mobili asiatiche, mentre Kiev è a un passo da Varsavia.
Enzo Bettiza, La Stampa 4/9/2014