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 2014  settembre 04 Giovedì calendario

PERCHÉ L’AMORE DI VALÉRIE MERITA LA SUA VENDETTA

Ogni donna ferita sente il bisogno di una riparazione. Valérie Trierweiler è stata non solo ferita, ma umiliata pubblicamente. È dura, durissima per chiunque essere buttata via come un kleenex, dopo nove anni di vita comune — anni d’amore, di passione e anche di lotta. Ma più ancora per l’esposizione di questa vita in comune. Valérie Trierweiler si è vista scaricata, data in pasto… E dire che il suo impegno nella campagna elettorale era stato importante, decisivo secondo alcuni. Aveva mobilitato le folle, smosso le montagne perché l’uomo di cui era innamorata divenisse presidente della Repubblica. Ricordo il periodo in cui organizzava riunioni con partecipanti di ogni ambiente e categoria, pur di promuovere il successo del suo compagno. Per lei non era uno sforzo, lo considerava normale, felice com’era di partecipare alla campagna in maniera efficace e concreta. Fu lei a presentarmi François Hollande, assai prima che pensasse di diventare presidente.
Era venuta a intervistarmi per Paris Match su Jean Genet, cui avevo recentemente dedicato un libro. La incontrai al Salon du livre di Brive. Hollande, allora presidente della regione, era venuto a inaugurare la manifestazione, e Valérie sedeva in prima fila. Io, alle spalle di Hollande, ero incaricato di consegnare ad Alain Veinstein il Prix de la Langue Française . Dopo la cerimonia François si mise a parlare di Jean Genet. Fui sorpreso di sentirmi dire da un politico così impegnato, oltre tutto non conosciuto come dedito alla grande letteratura, cose tutt’altro che scontate su quello scandaloso scrittore. Valérie, bellissima, si avvicinò a noi e mi disse: «Ti presento l’uomo della mia vita».
Hollande appariva contento. Vedendolo molto dimagrito, chiesi a Valérie come avesse fatto a perdere peso, e lei mi rispose: vieni con noi, vedrai che in capo a un mese sarai dimagrito anche tu!
Fu così che feci conoscenza con la coppia. Ero rimasto in contatto con Valérie, e per suo tramite, durante la campagna elettorale trasmettevo messaggi al candidato. Partecipai anche a qualche riunione con François. Ricordo la volta in cui mi propose il tu, aggiungendo: «Mettiamo le carte in tavola, e bando alle frasi di circostanza: diciamoci tutto». Feci un’obiezione sullo slogan «Sarò un presidente normale», osservando che io avrei votato piuttosto per un candidato eccezionale. In quell’occasione scoprii un aspetto importante del suo carattere: è un caparbio, uno che non cede. E neppure ascolta. Mi disse (lo cito a memoria): «Normale vuol dire sincero. Chiunque può riconoscersi in me. No, non cambierò questo slogan».
Qualche giorno dopo, durante un’assemblea, una donna si lanciò verso la tribuna e gli versò un sacco di farina in testa. Lui non si scompose. Senza neppure un gesto, proseguì il suo discorso come se nulla fosse. Questa sua capacità di autocontrollo appare evidente anche il giorno della sua investitura, quando si avvia verso i Champs-Elysées sotto la pioggia, senza alcuna protezione.
Quest’uomo, che alcuni media descrivono come un mollaccione, è invece una roccia: imperturbabile, sicuro di sé, «dominatore», come avrebbe detto il generale De Gaulle. È nell’esercizio del potere che Valérie scopre la verità sull’uomo che ama. Fin dalla sera della vittoria, quando tutti i suoi amici sono di scena alla Bastiglia, gli si avvicina e gli chiede un bacio, precisando: «Baciami sulla bocca». Il mondo intero assiste a quella scena, che la dice lunga.
Il seguito è noto. Le voci sulla sua relazione con l’attrice Julie Gayet. La brutale rottura. Ripudiata dopo 18 mesi. La ferita che non si chiude, il bisogno di vendetta.
Come amico di Valérie, le ho sconsigliato di scrivere sulla sua vita, sulla loro vita. Ma la rabbia ardeva dentro di lei, e non è riuscita a superarla, a seppellire quell’amore. È umano. Ma esporre pubblicamente i conflitti — soprattutto con chi ricopre la più alta carica dello Stato — vuol dire gettare sale sulla ferita. Inevitabilmente, il pubblico leggerà questo libro con curiosità voyeuristica; e ai media non sembrerà vero di poter sfruttare questa vicenda fino alla nausea. Peccato.
A Valérie auguro di voltare definitivamente questa pagina triste e crudele. Di fatto lo sta già facendo col suo impegno umanitario. Si è mobilitata per le ragazze nigeriane rapite da Boko Haram; inoltre lavora con “Secours populaire” e prende parte a missioni per l’infanzia, in Africa e in India. Ma voltare pagina in una vicenda tanto complessa non è facile. Valérie ha bisogno di coraggio, di tanto coraggio, soprattutto perché i media non saranno teneri con lei. Come dice la canzone: «Non c’è amore felice», o anche: «Le storie d’amore finiscono male». Sì, o anche no.
(Traduzione di Elisabetta Horvat)
Tahar Ben Jelloun, la Repubblica 4/9/2014