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 2014  settembre 04 Giovedì calendario

Come lei ha scritto, in questi mesi i migranti arrivati in Italia sono oltre centomila. Ma ho ancora tanti dubbi

Come lei ha scritto, in questi mesi i migranti arrivati in Italia sono oltre centomila. Ma ho ancora tanti dubbi. Quanti sono quelli arrivati negli altri Stati che si affacciano sul Mediterraneo? È possibile che Spagna, Grecia e Francia si comportino come Malta che non li fa nemmeno sbarcare? L’accordo fra il ministro Alfano e l’Europa porterà effettivamente qualche beneficio non solo a noi, ma anche ai tanti poveretti che rischiano la vita per scappare dai loro Paesi? E infine le chiedo: poiché i barconi partono tutti dalla Libia, gli altri Paesi (e in particolare la Tunisia) colpiscono i criminali che organizzano quelle pericolose traversate? Mirella Casati Fino Mornasco (Co) Cara Signora, P osso darle alcuni dati che risalgono peraltro al 2012. Gli stranieri regolari residenti in Italia erano allora 4 milioni e 860.ooo, pari al 9,5% della popolazione. La percentuale in Spagna (prima della crisi) era 14%, in Gran Bretagna 12,4%, in Francia 11,5%. Ho scritto, a proposito della Spagna, «prima della crisi», perché il governo di Madrid, dopo il fallimento di molte imprese edilizie e il rischio default di alcune grandi banche, ha incoraggiato con un sussidio il ritorno in patria dei cittadini comunitari, soprattutto romeni. Non conosco i dati della Grecia, ma credo che la sua situazione sia particolarmente drammatica. Il Paese ha un confine terrestre con la Turchia (uno Stato che controlla male il proprio territorio) e migliaia di isole facilmente raggiungibili dalla costa anatolica. Mentre i Paesi mediterranei dell’Europa centro-occidentale ricevono soprattutto migranti e profughi provenienti dal Medio Oriente, dal Maghreb e dal Corno d’Africa, la Grecia raccoglie l’immigrazione proveniente dalle aree del Mar Nero, del Caspio, dell’Asia centrale e del sub-continente indiano. Recentemente è stato costruito sulla frontiera terreste un muro lungo 12,5 chilometri; ma i muri possono sempre essere aggirati. Italia e Grecia hanno una caratteristica comune: nell’ottica dei migranti sono Paesi di transito, varchi che consentono al clandestino di entrare nell’area Schengen e da lì spostarsi verso Paesi che hanno una migliore politica d’asilo e uno Stato assistenziale più generoso. Le rivolte arabe hanno reso il quadro ancora più complicato. La crisi economica esplosa in Tunisia e in Egitto dopo la defenestrazione di Zine Bel Abidine Ben Ali e la caduta del regime di Hosni Mubarak, ha considerevolmente aumentato il fenomeno dell’emigrazione sociale. Le guerre civili in Libia e in Siria hanno creato un popolo di profughi che partono per salvare la vita. Negli anni precedenti i Paesi mediterranei dell’Unione Europea avevano stretto accordi con i governi dell’Africa del Nord e potevano contare, entro certi limiti, sulla loro collaborazione. Oggi, dopo quanto è accaduto dal 2011, le autorità della costa meridionale del Mediterraneo non hanno alcun interesse a trattenere in patria i connazionali che hanno deciso di andarsene. Italia e Spagna sono più o meno nella stessa situazione, ma la geografia delle guerre, in questo momento, nuoce soprattutto all’Italia. La Spagna ha una lunga costa meridionale che dista dall’Africa settentrionale, per lunghi tratti, soltanto qualche decina di chilometri; ma i suoi dirimpettai (Marocco e Tunisia) hanno pur sempre governi a cui è lecito chiedere conto delle loro politiche. Mentre il dirimpettaio dell’Italia, la Libia, non ha un governo. In ultima analisi la chiave per la soluzione del problema non è né a Roma né a Bruxelles. È a Tripoli.