Roberta Catania, Libero 4/9/2014, 4 settembre 2014
IL VERO RISCHIO PER L’ITALIA È QUELLO DEI KAMIKAZE EUROPEI
«Conquisteremo Roma, la capitale del Cristianesimo». Era stato questo, il 3 luglio scorso, il primo annuncio di Abu bakr al-Baghdadi, autoproclamato Califfo dello Stato Islamico, entità statuale non riconosciuta che va dall’Iraq nord-occidentale alla Siria orientale, e che in precedenza guidava l’Isis. Due mesi fa le sue parole erano state valutate in modo diverso, oggi il nostro governo si accorge dell’allarme terrorismo in Italia e scattano i provvedimenti.
Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ieri ha annunciato che martedì prossimo, 9 settembre, alle ore 18, riferirà in Aula del Senato sul tema del «terrorismo internazionale di matrice religiosa». «L’Europa vive un momento gravissimo», ha spiegato ieri il titolare del Viminale, «è circondata da guerre: oltre a quella gravissima che vede coinvolte Russia e Ucraina, c’è un Califfato che ha ambizioni, soldi, e combattenti che mai alcuna formazione di matrice religiosa ha avuto. Per l’Occidente della libertà e della democra zia», ha concluso, «è un momento senza precedenti». Il 19 agosto, quando la decapitazione del reporter americano James Foley era stata resa pubblica, lo stato dall’allerta è salito anche in Italia. In meno di due settimane, sono state diramate dieci circolari che chiedevano il «rafforzamento dei dispositivi di vigilanza» e «l’intensificazione dell’attività infoinvestigativa». Ora, con la seconda decapitazione di un altro americanol’Isis alza il tiro e l’Italia non può restare ferma. I nostri servizi di informazione hanno segnalato la massima allerta per i voli che dovessero partire dall’aeroporto di Tripoli, lo scalo che da dieci giorni è nelle mani delle milizie degli estremisti islamici. Al momento del blitz dei terroristi, stando a quanto ricostruito dai nostri 007, c’erano decine di aerei passeggeri, velivoli perfettamente funzionanti, finiti nelle mani di persone che potrebbero servirsene per attacchi in stile 11 settembre. Per questo, centri di controllo civili e militari tengono sotto controllo i cieli del Nord Africa e del Medio Oriente: per i velivoli di cui non sia possibile una immediata identificazione, scatterà il decollo dei caccia militari che affiancheranno l’aereo per capire come affrontare un possibile attacco. Il rischio di un attentato non è neanche troppo remoto, se si pensa che nel deserto siriano i miliziani dell’Isis hanno catturato decine di aerei e convinto quelle decine di ufficiali e di soldati iracheni ad unirsi alle brigate del Califfato. Secondo i Servizi segreti, i nostri obiettivi sensibili rimangono le sedi istituzionali italiane, le ambasciate e i consolati, con alcune novità, rappresentate dai centri di cultura, le scuole straniere e gli uffici turistici. Ovviamente, non sapendo immaginare da dove potrebbe arrivare l’attacco, sono raddoppiati i controlli di sicurezza in tutti gli aeroporti. La minaccia jihadista potrebbe arrivare con un passaporto inglese o, addirittura, dall’area Schengen.
Giovedì scorso al Viminale si è svolto un vertice con i capi di forze dell’ordine e servizi di intelligence per analizzare i rischi. Minacce specifiche-dicono-noncenesono, ma l’attenzione è alta sugli ambienti del radicalismo islamico e sui “foreign fighters” di ritorno dai teatri di guerra. E aumenta l’apprensione per gli ostaggi italiani. Vanessa Marzullo e Greta Ravelli, le due giovani cooperanti rapite il 31 luglio scorso alla periferia di Aleppo, in Siria, non sarebbero nelle mani dell’Isis, ma la paura c’è comunque.
Il timore cresce con l’ammonimento «ai governi che entrano nella malvagia alleanza con l’America contro lo Stato Islamico» affinché «si tirino indietro e lascino in pace il nostro popolo». L’Italia è nella lista nera, dopo la decisione di inviare duecento mitragliatrici con 650mila munizioni e duemila razzi rpg, «regolarmente funzionanti», destinate al governo regionale del Kurdistan.
E che l’Italia sia a rischio lo conferma anche l’inchiesta di Panorama oggi in edicola. Il settimanale ha messo infila una impressionante serie di individui stanziati nel nostro Paese (e non solo nella ormai tristemente nota “cellula veneta”) che denotano una inquietante infatuazione per lo Stato islamico. Islamici convertiti, imam radicali, aspiranti jihadisti che usano i social network per spargere odio verso l’Occidente ed esaltare le gesta dei terroristi. C’è il predicatore radicale (forse il noto imam australiano Musa Cerantonio) che si fa fotografare davanti a San Pietro brandendo il bandierone dell’Isis, c’è un dipendente della Regione Lazio che il vessillo in questione lo usa come foto del profilo Facebook, c’è il tunisino che ha lasciato Milano per andare ad unirsi ai jihadisti di stanza a Raqqa (che dello Stato islamico è la capitale), c’è l’associazione di musulmani italiani che spande propaganda a piene mani (si vede una schermata della loro pagina in cui si attribuiscono al regime di Assad la persecuzione delle donne yazide), c’è il gruppo che si firma “Islam la vera religione” che usa la propria pagina per sparare sulla democrazia e proclamare quella di Allah l’unica legge.
E non importa quante volte le autorità o i siti stessi tentino di rimuovere questi profili. La pagina di propaganda per la guerra in Siria “Bilad al Sham” è stata cancellata per ben 79 volte da Facebook. E per ben 79 volte è riuscita a tornare on line.