Gian Luigi Paracchini, Corriere della Sera 4/9/2014, 4 settembre 2014
DA AZZURRA AL SANGIOVESE I DOLCI 80 ANNI DEL LUPO CINO
Può un vecchio lupo di mare spostare i suoi cimenti su un innocuo ruscello di collina? «Innocuo se non lo devi guadare quando s’ingrossa, che ci vai dentro sopra le ginocchia neh?», puntualizza Cino Ricci, indimenticato comandante di quell’Azzurra che nella Coppa America del 1983 fece scoprire agli italiani il fascino della vela.
Nel giorno in cui compie 80 anni, Ricci certifica con la solita ironia il suo distacco definitivo dal timone e dalle onde. Il suo porto ormai è San Savino, 5 chilometri sopra Predappio (Forlì) dove non scruta il vento buono ma vitigni che gli producono Sangiovese con l’etichetta Cenefosse. «E quando strapiove scendo nell’altra casa a Ravenna. La vela è sempre nel cuore ma per me non c’è più motivo d’andare in barca».
Ci s’aspetterebbe che, data la ricorrenza, il marinaio-Cincinnato rivelasse finalmente quale sia il suo vero nome ma invano: non l’ha fatto nemmeno nel libro scritto con Fabio Pozzo («Odiavo i velisti», Longanesi). «Il mio nome all’anagrafe è un altro ma fin da piccolo sono sempre stato Cino perché assomigliavo al biondino del fumetto Cino e Franco».
L’«odiare i velisti» è un paradosso per spiegare «quanto mi siano sempre stati sulle p...e i velisti della domenica, quelli che gli piace farsi fotografare al timone ma hanno fretta d’andare al ristorante». Il suo modello è altro, duri marinai che mangiano assieme all’equipaggio, senza velleità mondane all’attracco.
Ma come ci arriva agli 80 anni? «Con soddisfazione. Se muoio domani ho il sacco pieno: sto bene di salute, ho figli e nipoti, bei ricordi e zero rimpianti. Rifarei tutto, da quando a 7 anni andavo al porto di Miramare di Rimini e davo vernice ai pescherecci a oggi che mi godo la campagna».
Il migliore sorriso di Cino compare quando gli si chiede perché si sia innamorato della vela. «Sei a contatto con la natura con mare e vento che ti prendono a schiaffoni e tu cerchi di pararli. Un tempo comandavano soltanto loro, ora di bolina si va addirittura controvento. Se Ulisse avesse avuto queste conoscenze sarebbe tornato in fretta a casa e noi non avremmo avuto il capolavoro di Omero!».
Nell’83, anno boom di Azzurra in Coppa America a Newport, con conseguente alta notorietà per Ricci e il suo equipaggio, un giovane giornalista sportivo inventò per scherzo una falsa notizia Ansa titolata «Cino Ricci divorato da uno squalo». Ma a parte il trambusto in quella redazione e lo sfiorato licenziamento del protagonista, qual è stata la grande paura di Ricci in mare? «Non gli squali: loro sono in acqua e noi in barca. Ho tremato una notte da tregenda nel far salire un mio uomo sull’albero per riparare un guasto. Ma la vera paura è una crisi di panico di fronte alla nebbia o a un mare impossibile. Per fortuna ho sempre avuto nervi saldi».
Nel suo peregrinare in mare o vicino al mare (come commentatore), Ricci ha incontrato tre grossi personaggi: l’avvocato Agnelli, il primo a inventare con Azzurra una barca italiana in Coppa America, Raul Gardini con Il Moro di Venezia, seconda storica barca italiana, e Patrizio Bertelli (Prada), patron di Luna Rossa, che ha incollato davanti alla tv a orari impossibili milioni di italiani. Come ne parla il comandante?
«Agnelli aveva un aplomb unico ma era capace di sottili ironie anche su se stesso: mai visto tronfio neanche di fronte a gente diversa da quella che frequentava. Gardini era un amico, andavo con lui a caccia nel Polesine o a pescare in Baja California o alle Bahamas. L’ultimo Capodanno della sua vita, nel 1992, l’abbiamo passato così. Gran combattente ma l’idea della prigione uno così non la reggeva e me lo disse esplicitamente. Con Patrizio Bertelli sono stato a lungo ad Auckland in Nuova Zelanda nella prima avventura di Luna Rossa. È un vero appassionato e un vulcano in perenne attività. Se qualcosa non va prende i cannoni e la abbatte».
Scontata l’opinione sulla nuova Coppa America a velocità folli con i catamarani: «Non m’emoziona perché l’uomo incide molto meno della tecnologia. Allora da bravo romagnolo mi divertono di più le gare di moto».