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 2014  settembre 04 Giovedì calendario

SAARIANI, BIRBONI

& C.: ALL’ARCHITETTO S’INCEPPA LA LINGUA –

MANTOVA — Se un architetto, un committente o un addetto ai lavori che ruota attorno a quel mondo, dice che un determinato edifico è aaltiano significa che sembra fatto da Alvar (Aalto), se dice aulente sembra fatto da Gae (Aulenti), se dice saariano , sembra fatto da Eero (Saarinen), se dice hadidiano, vuol dire che sembra fatto da Zaha (Hadid). Se poi questi aggettivi siano usati in un’accezione negativa o positiva non si sa, forse dipende dal contesto. Di certo se un certo progetto è bigotto significa che «è sottoposto a diligente e noiosa creatività». Un birbone è un «simpatico truffatore di truffe simpaticamente accettabili». Attenzione all’oggetto high tech . La traduzione è: «tutto sotto controllo ma non funziona niente». Il progetto gestibile è quello che «tra pochissimo sarà completamente fuori controllo», mentre l’atteggiamento messianico «può essere riassunto nella celeberrima espressione ghe pensi mì».
A redigere questo pungente glossario è stato naturalmente un architetto, Michele De Lucchi, che ai temi dell’architettura, del disegno, dell’artigianato, della tecnologia, ha dedicato una personale ricerca, svolta accanto alla attività professionale (ha disegnato oggetti per le più importanti aziende, ha progettato edifici, interni e allestimenti in tutto il mondo). Il volumetto, dal titolo malizioso Gli attributi dell’architetto («È risaputo che per essere bravi architetti bisogna possedere gli attributi. Nessuno però dice mai quali») conta oltre 1.200 voci ed esce da Corraini corredato dai ritratti degli illustri colleghi fatti dallo stesso De Lucchi. Domani l’architetto lo presenta al Festivaletteratura (teatro Bibiena con Beppe Finessi, ore 15), mentre alla Galleria Corraini di Mantova è aperta una mostra dedicata al suo lavoro dal titolo Edifici vuoti. Sculture, disegni, incisioni .
Il libro, ci spiega, è nato da una lotta che dura da tempo: «Una battaglia contro l’uso sconsiderato degli aggettivi, soprattutto nella comunicazione, nelle presentazioni dei progetti, dove si sprecano parole come interessante , incredibile , straordinario o innovativo . Iniziamo a usarne un po’ meno, semplifichiamo. Però l’osservazione di questo costume mi ha spinto a riflettere. Quanti significati può avere, per esempio, la parola interessante? Che cosa vuol dire comunicare da architetto? La verità è che gli aggettivi possono avere anche significati contraddittori, a seconda del contesto».
De Lucchi è partito da un nucleo di parole che aveva in testa, poi ha messo l’idea in comune con i collaboratori dello studio. «A quel punto le parole si sono moltiplicate, molte mi sono state suggerite, soprattutto da una collaboratrice del reparto grafico, Maddalena, che ha un talento straordinario». Ne è uscito un repertorio aggiornabile («è nato in modo estemporaneo, però chissà potrà essere ampliato») dal tono a volte surreale, a volte ironico, dai significati ora lapalissiani, ora indecifrabili. Così se la definizione del lemma padovano è semplicemente «la famiglia De Lucchi», per palliativo l’architetto ricorre a un proverbio camuno: «Piutost che nient l’è mei piutost » (piuttosto che niente è meglio piuttosto). Pavido è colui che è «impossibilitato a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Non sa cosa si perde», patito è un architetto che mangia troppo poco. L’architetto incanutito è un architetto saggio, mentre quello incensurato «non è ancora stato preso con le mani nel sacco».
Kafkiano , aggettivo ormai di uso comune, può essere riferito a talune vicende relative alla presentazione di una certificazione tecnica (una Dia, per esempio), mentre eufemistico significa semplicemente: questo progetto non è bellissimo. E sul kitsch, sul quale tanti filosofi e pensatori si sono esercitati, De Lucchi ha un’idea abbastanza chiara: «Ormai in disuso dato che è riferibile a tutto quello che si vede e che si vende oggi, indistinguibile dal buon gusto».