Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 3/9/2014, 3 settembre 2014
LA BOSCHI LI FARÀ FUORI TUTTI
Ha detto bene Patrizia Mirigliani, che ha ereditato dal padre il marchio (e l’organizzazione) di miss Italia: «La vorrei ospite del concorso, sarebbe fantastico, emblema della bellezza italica e riferimento per le 60 ragazze che gareggeranno l’11 e il 12 settembre». Il sogno della Mirigliani è Maria Elena Boschi.
E a giudicare dalla serata che la ministra ha trascorso alla festa nazionale dell’Unità, a Bologna, ella sarebbe davvero in grado di galvanizzare un evento un po’ datato come il concorso delle miss così come ha rialzato le sorti di una festa finora piuttosto fiacca. Pubblico delle grandi occasioni e tutti matti per lei, come i fans ai tempi d’oro dei Beatles. Roba da far impallidire il red carpet della mostra del cinema di Venezia. Il servizio d’ordine ha dovuto faticare non poco contro l’assalto del patiti del selfie ma anche di chi, col taccuino in mano, voleva un autografo, come si fa con gli artisti di grido. E lei è arrivata col ritardo (mezz’ora) che si conviene a una diva, impermeabile bianco sopra un completo blu elettrico (lo stesso che indossava all’ora di pranzo, quando era al fianco di Matteo Renzi nella conferenza stampa per lanciare il passo-dopo-passo), smalto nero alle unghie e un tocco di rossetto. Però s’era tolta le scarpe col tacco che aveva in conferenza per calzare delle semplici ballerine, meno sexy ma più comode.
Da Roma a Bologna, con fermata a Ravenna, anche qui alla festa dell’Unità, tardo pomeriggio, per spiegare le mirabilie del governo. E anche i romagnoli si sono scaldati: addirittura un gioielliere (Francesco Palermo, titolare della Gold Gallery) le ha regalato un portafortuna in argento e madreperla, con la scritta «80 Infinito», che si ispira agli 80 euro di bonus per i lavoratori dipendenti introdotto dal governo di cui la Boschi fa parte. «L’ho disegnato io- le ha detto il gioielliere- ma lo realizzo nel distretto orafo di Arezzo, nella sua terra_..».
Intascato il portafortuna è la volta del giro di rito tra gli stand e i ristoranti: tutti a stringerle la mano, i più audaci l’abbracciano («tra compagni», si giustificano), accetta una piadina con prosciutto («sarà la mia cena- dice- mi aspettano a Bologna») e si complimenta con la piadinara che in cambia chiede un selfie tutto per sé ma non è facile allontanare il crocchio che l’assedia.
Gli spazi del Pala De Andrè faticano a contenere i militanti ma anche i tanti curiosi che sono venuti ad ascoltarla. In prima fila è schierato tutto lo stato maggiore locale pidiessino, che sprizza gioia per essere, per un attimo ma immortalati nelle foto che faranno il giro dei giornali ravennati, nel cerchio magico boschiano: il deputato Marco Di Maio, i sindaci di Ravenna e Faenza, Fabrizio Matteucci e Giovanni Malpezzi, l’onorevole Alberto Pagani, il senatore Stefano Collina, oltre al segretario Michele De Pascale. Tutti ammaliati dalla ministra, che parla dei molti provvedimenti dei primi sei mesi e dei tanti che saranno realizzati nei mille giorni. Non c’è dibattito. È un monologo pro-governo. Cose risapute. Tutti aspettano che finisca per andare a complimentarsi, scambiare due parole, sorbirsi il sorriso suadente della divina della politica italiana. Roba da fare stramazzare d’invidia Daniela Santanchè, Mara Carfagna. Maria Stella Gelmini, Stefania Prestigiacomo, Michela Vittoria Brambilla. A tenere banco è adesso la ministra: finalmente anche il centrosinistra va sui giornali di gossip e rende l’arida politica più ammiccante.
Al Pala De Andrè quelli della festa hanno approntato pure una galleria d’arte, oltre 100 opere da Balla a Campigli, da De Chirico a Guttuso, e una mostra fotografica, «C’era Togliatti». «Vorrei fermarmi di più_», dice la Boschi. Ma è in ritardo sul ruolino di marcia. Perciò ultimi saluti e ultimi sorrisi, e l’auto porta via l’icona Pd per trasferirla a Bologna, dove il parco Nord (tradizionale luogo della festa) è in fermento. Il servizio d’ordine deve fare cordone per consentirle di uscire indenne dalla vettura. Gaetano Quagliariello, coordinatore del Ncd, che deve dibattere con lei, e Mario Orfeo, direttore del Tg1, che deve coordinare il dibattito, la stanno attendendo da mezz’ora, lei si scusa, disarmante, e loro di rimando fanno buon viso a cattiva sorte: «ma figurati, nessun problema». Il bagno di folla tra gli stand è rimandato a dopo. Prima il dibattito, in verità piuttosto stanco. Lei che sostiene che Renzi sta cambiando l’Italia, Quagliariello che cerca di dimostrare che al governo ci sono anche loro, Orfeo che ricorda che per la Boschi è la prima volta a una festa nazionale dell’Unità e per un attimo si teme che la tende sotto cui si svolge il dibattito possa crollare: tutti in piedi, accalcati, ad applaudirla e ad ammirarla. Un tifo da stadio come per il campione della squadra del cuore.
Qualche imbarazzo, al termine, da parte dei dirigenti Pd perché Quagliariello è relegato in disparte, peggio di una comparsa. Decine di fotografi attorniano la ministra, interviste alle tv, la gente col telefonino in mano che reclama selfie, tutti sono per lei. Poi, fatti pochi passi verso il primo dei ristoranti da visitare, le presentano un veterano, uno dei più assidui volontari ed è lei ad apostrofarlo: «Mi hanno detto che lei porta bene. Che l’anno scorso ha fermato Renzi qui alla festa e dopo un anno lui è a capo del governo e il Pd è più in forma che mai”. Lui risponde, un po’ impacciato: «Bèla ragazèla che sei, ti posso baciare?». Non sono mancate strattonate ai maglioni da parte di ragazze che si sentivano tradite dai loro fidanzati che salivano addirittura sulle spalle degli amici pur di potere vedere la bionda ministra con gli occhi chiari. Scene da film. Chi l’ha detto che il divismo è morto? Anche perché lei interpreta perfettamente l’immagine metropolitana della bellezza ai tempi della crisi: dolcemente sorridente, remissiva, materna, quasi acqua e sapone, vestiti accollati, pettinatura semplice e morbida, ascolta pazientemente e risponde quando interrogata. L’opposto della bellezza chiassosa di quando i conti girano bene: aggressiva, spregiudicata, truccata, boccaccesca, abiti firmati e parlata fiorita. No, ora in scena c’è la Boschi, col suo appeal rassicurante che emana fiducia. Non a caso su Twitter (ha 76.200 fan, più 44.921 su Facebook) si propone con lo sfondo della bandiera tricolore.
Le spetta senz’altro un premio per la pazienza. Ai tavoli dei ristoranti portava involontariamente parapiglia e lei a scusarsi con chi veniva sopraffatto mentre mangiava le tagliatelle. Poi i fotografi le chiedono (anche loro) di fermarsi per una foto-ricordo tutti assieme e lei docile si rimette in posa per l’ennesima volta e commenta: «Se questa viene male, che figura ci fate».
Siamo alla post-politica (dopo che gli economisti ci subissano di post-industriale)? L’altro giorno Pier Luigi Bersani, che pur è emiliano, ha parlato dinanzi a pochi accoliti e s’è frettolosamente congedato dai volontari, un po’ meglio (ma non tanto) è andata per Graziano Delrio, nonostante siano accorsi i suoi concittadini di Reggio Emilia la sala rasentava la desolazione. E niente giro tra gli stand.
La ministra invece, digerita la piadina, alle 22,30, prima di ripartire per Roma, si è seduta al ristorante la Montagna (un angolo riservato con la gente, i giornalisti e i fotografi, tenuti lontani) e ha ordinato tagliatelle al tartufo e un assaggio di porcini. Neppure il tempo di un caffè ed era già fuori, nella calca. Una cameriera, anzianotta, le dice scherzando: «Quando passo io non c’è mica tutto questo cinema». Un altro volontario le mette in mano un taccuino e una biro: «È per mio figlio Massimo, che è a casa».
È un trionfo. E lei, sorniona, prima di abbandonare «la mia prima festa», convince anche i pochissimi piddini non ancora convertiti al suo fascino: «Sono onorata di fare parte di questa grande squadra del Pd, fatta di ragazzi e di persone di 80 anni, da chi sta in cucina a chi sta al governo siamo tutti orgogliosi del risultato dello scorso maggio. Ognuno di noi mette il suo pezzettino nel puzzle per cambiare questo paese, la nostra forza è crederci, non demoralizzarci mai.».
Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 3/9/2014