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 2014  settembre 03 Mercoledì calendario

IL REBUS È LA SUCCESSIONE

Andrea Guerra che lascia il leader mondiale dell’occhialeria dopo 10 anni è stato certo un fulmine a ciel sereno. Ma non è il vero nodo che Leonardo Del Vecchio dovrà sciogliere in futuro per Luxottica. Il vero tema sta a monte, nell’assetto azionario. La reale successione, quindi, non è interna al gruppo di Agordo ma in seno alla famiglia. Ne è convinto Guido Corbetta, docente di strategia aziendale e titolare della cattedra AIdAF (Alberto Falck di strategia delle aziende familiari) dell’Università Bocconi di Milano. «Fino a quando il cavalier Del Vecchio ci sarà non vedo grandi problemi per l’azienda, come dimostra anche la decisione di cambiare la governance societaria», dice Corbetta a MF-Milano Finanza. «E non va dimenticato che, per esempio, quando 10 anni fa Guerra lasciò Indesit, Vittorio Merloni individuò immediatamente il successore, Marco Milani. Quindi, il vero tema è il dopo, la successione della presidenza (Del Vecchio, ndr), quando ovviamente l’argomento diverrà d’attualità». Anche perché, specifica il professore della Bocconi, «non è che se Guerra fosse rimasto in azienda il tema ereditario cambiava. Certo il manager poteva diventare un’azionista di Luxottica e traghettarla verso un futuro da public company. Ma è plausibile che dopo 10 anni un rapporto così stretto si interrompa». Tra l’altro, come emerge da una ricerca elaborata della Bocconi con la Camera di Commercio di Milano e Unicredit, emerge che su un campione di 3 mila aziende italiane con un fatturato di oltre 50 milioni, il 40% di queste è gestita da due amministratori delegati. Insomma, la stessa strada imboccata dal gruppo di Agordo con il triumvirato voluto da Del Vecchio. «Se tutte queste figure riportano a un soggetto centrale allora il tema non esiste. E non è detto che il fondatore abbia torto». Buzzi Unicem, per esempio, è controllata dalla famiglia ma è gestita da due ceo. Quindi, per Corbetta, è meglio concentrarsi sulla successione familiare: Luxottica, assieme a Esselunga e alla Giorgio Armani, «è una delle situazioni dove manca la definizione di un modello di governance futura», specifica il docente. «Nei tre casi c’è un imprenditore che deve decidere cosa fare della sua azienda». Quali modelli sono più adatti per questi tre big? «Uno possibile è quello della public company, ma occorrono ben altre dimensioni». Unire Luxottica e Armani (che ha il 5% di Agordo)? «Non vedo una ragione industriale. Sono due modelli d’azienda molto focalizzati». Resta il fatto che comunque una delle priorità per Del Vecchio, Armani e Bernardo Caprotti è quello di «affrontare i singoli casi e dare continuità aziendale». Le strade? «O un trust, come hanno fatto gli Antinori e Brunello Cucinelli, una fusione con altre realtà del settore, oppure la vendita».
Andrea Montanari, MilanoFinanza 3/9/2014